“Io sto vivendo il tempo della mia vita adesso. Dico tutto, faccio tutto, tanto che mi fanno? Mi licenziano? Ho chiesto a Vogue di poter fare un viaggio sull’Orient Express. Posso andare alle sfilate di moda, farò un sacco di cose. Ma voi non aspettate di avere un cancro per fare così”. Un lungo, lunghissimo applauso. Da un pubblico enorme che ha fatto anche tre code di code per ascoltarla.
Ha chiuso così Michela Murgia l’incontro di ieri alla Sala Oro, la più grande del Salone del Libro, nel corso del quale ha presentato il suo nuovo romanzo Le Tre Ciotole, edito da Mondadori. Oggi sara all’Arena Robinson alle 12,30 per un evento dal titolo “Live to tell” con Marcello Fois.
Io, in clinica aspettando il verdetto
di Michela Murgia
“È questo l’incontro più atteso? Non esageriamo. Non ci sono stati i politici?” ha scherzato la scrittrice. In sala, anche la madre del figlio Claudio (“che non è la mia compagna” ha precisato) e il ragazzo. L’ha intervistata Matteo Bianchi, scrittore e autore televisivo, da lei stessa scelto.
Michela Murgia e la malattia raccontata senza nascondersi
di Luigi Manconi
Il suo nuovo libro è fatto di dodici storie in cui i protagonisti attraversano un cambiamento radicale – un lutto, una ferita, un licenziamento, una malattia, la perdita di un amore – che costringe ciascuno di loro a forme sconosciute di sopravvivenza emotiva. “Non mi risulta che con la felicità si sia fatta molta letteratura. Le parole possono curare anche aprendo ferite, può essere un modo per curare quelle degli altri. Se sei in grado di fare questo puoi andare dall’editore e non dall’analista”. Appunto, la malattia: “Quando l’oncologo mi ha dato la notizia del tumore, senza mai definirlo come tale, ero sotto morfina. Qualsiasi cosa mi avesse detto sarebbe stata bella”, ha ironizzato. “Ha iniziato a svuotare l’armadio perché non c’è cosa più triste per gli altri”.
Poi l’attacco politico: “Io penso che questo governo sia fascista, si vede dalle scelte, dalle decisioni che prendono. Quando si sono candidati le hanno dichiarate in campagna elettorale. Va tutto in una certa direzione, controllo dei corpi, controllo della libertà personale, discriminazioni delle comunità già discriminate che stavano cominciando a ottenere dei diritti”.
Michela Murgia, la mia amica coraggiosa che racconta la morte
di Chiara Valerio
“Se sono stanca di essere antagonista? In un Paese normale, civile, quello che faccio io lo fanno gli intellettuali e nessuno viene trascinato in tribunale. È l’unico Paese che si definisce democratico dove gli intellettuali sono perseguitati dal potere”, ha detto Michela Murgia. “In un mondo di vili tutto è un atto di coraggio. Io dico quello che penso”. Niente firmacopie alla fine, troppi rischi a stare troppo vicina alla gente. E un ultimo avviso: “Non chiamatemi guerriera, odio i militari”.