Quentin Tarantino a Cannes: “L’unica violenza che non sopporto al cinema è quella sugli animali”

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Quentin Tarantino di fronte all’intero teatro Croisette della Quinzaine des cinéastes è travolgente. Nel 1992 il suo Le iene avrebbe potuto essere presentato qui, nella sezione dedicata ai registi che si misurano con i loro debutti, ma la cosa non era andata in porto. Julien Rejl, delegato generale della Quinzaine, dice: “Oggi siamo qui per riparare quella storia come Tarantino ha riparato tante storie attraverso il cinema”. Entra con il segno della vittoria e con il gesto del “io vi vedo”.

La sala è gremita, il tifo è fanatico, tutti si alzano in piedi mentre Tarantino sale sul palco. Tocca al regista di Pulp fiction e C’era una volta a… Hollywood dire: “Grazie apprezzo questa reazione, ma ora per favore sedetevi”. A quel punto il regista – che sta preparando quello che sembra essere veramente il suo ultimo film – svela la sorpresa: ecco il film che vedremo insieme in 35 mm. Rolling Thunder il film del 1977 (lo stesso in cui sarà ambientato il suo prossimo film Movie Critic con protagonista un critico di film porno) di John Flynn William Devane e Tommy Lee Jones nei panni di due reduci dal Vietnam che dopo essere stati per sette anni prigionieri di guerra rientrano a casa. Ma niente è più come prima: la moglie del maggiore si è innamorato dello sceriffo locale e il figlio che aveva 18 mesi praticamente non lo riconosce dopo che una gang di messicani entra in casa per derubarli inizia un percorso di vendetta che sarà senza esclusioni di colpi.

Un po’ di Grindhouse a Cannes

Prima di far partire la proiezione Tarantino racconta il suo incontro con il film: “L’ho visto la sera in cui è il film uscito a Los Angeles nel ’77 insieme a mia mamma e il marito dell’epoca, Marco –  nice guy –  ma non siamo andati di corsa a vederlo perché ci interessava. Ero lì perché a scuola tutti avevano già visto I 3 dell’Operazione Drago con Bruce Lee, tutti tranne me, e mi avevano raccontato ogni dettaglio. Ma dopo averne sentito parlare così tanto sono rimasto un po’ deluso: mi sembrava una versione meno divertente di Ridere per ridere di John Landis. Al cinema c’era una doppia proiezione, e dopo il film di Bruce Lee le luci si sono abbassate ed è iniziato Rolling Thunders: tutti i pensieri su quell’altro film sono scomparsi. Il che ci porta oggi qui, quindi rilassatevi e sentitevi liberi di essere un po’ meno francesi se avete voglia di esprimervi, urlare e strepitare. Portiamo un po’ di America stile Grindhouse, potete farlo”.

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Il film che ha reso Tarantino un critico cinematografico

Alla fine del film – in cui il pubblico si è sentito libero di esultare quando il protagonista (che nel frattempo ha perso una mano sostituita da un uncino) si vendica agganciando per le parti basse uno della gang, ridere e ululare (invitati anche dallo stesso regista, seduto nel mezzo della sala) – una lunghissima chiacchierata che parte dal film di Lynn e, attraverso l’ ossatura del suo libro Cinema Speculation, torna sul rapporto tra cinema e violenza. D’altronde quel film del 1977 è stato quello che ha autorizzato il regista una volta diciannovenne ad autodefinirsi critico, a chiamare tutti i John Lynn sull’elenco telefonico di Los Angeles, scartarli uno a uno fino a trovare il regista, convincerlo a incontrarlo e intervistarlo. “Ero convinto con quel film di aver trovato una pepita e da allora l’ho visto tante volte, ma ogni volta noto qualcosa di nuovo. Adesso che sono diventato padre mi commuove particolarmente il rapporto tra il protagonista e il figlio, ma stasera ho anche notato una corrispondenza tra due scene che non avevo mai visto prima”.

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Il film rinnegato da Paul Schrader, “come io con Natural Born Killers”

La sceneggiatura originale di Rolling thunder era firmata da Paul Schrader, che poi rinnegò il film nella versione che venne girata definendolo un film fascista poiché nella sua sceneggiatura i due vendicatori erano razzisti nei confronti dei messicani e alla fine uccidevano tutti nella sequenza finale che si svolge in bordello. “Ho parlato con Paul e mi ha spiegato che il suo copione – fedele al film per buona parte – voleva essere una denuncia del razzismo e del fascismo dell’americano medio, prendendo a protagonisti due reduci del Vietnam che in seguito a una brutale violenza di una gang messicana, preparano un massacro da autentici killer suprematisti. Invece nel film questo aspetto è molto attenuato e alla fine noi parteggiamo per i due ex soldati, che sparano e ammazzano dopo aver ripreso l’uniforme. Ho detto a Schrader che aveva ragione e che questo è davvero un film fascista, ma resta il più bello di tutti nella sua categoria. Mi piacciono i film violenti come altri amano la commedia slapstick o il musical, a me divertono i film di violenza e mi godo la storia. Vero però che Paul Schrader non riconosce il film come io non riconosco il film di Oliver Stone Natural born killers, ma molti lo amano. Una volta ho incontrato Johnny Cash in ascensore e lui mi ha detto (con voce di Johnny Cash): ‘June e io amiamo quel film!’ Mica gli ho detto male, gli ho detto grazie Johnny’. Dopo aver scritto Taxi driver che era un riflesso, una versione con lo specchio rotto del giustiziere della città Schrader ha scritto un film di vendetta, a quell’epoca ne uscivano uno al mese ma voleva raccontare di due personaggi razzisti del Texas, però il pubblico vuole che i protagonisti prendano quelli della gang e li facciano fuori uno a uno fino al climax. La sceneggiatura mostrava i protagonisti reduci come dei pazzi invece il film finisce in modo diverso”. 

Nel cinema amo la violenza, ma non quella sugli animali

Quando gli si chiede quali sono quei film in cui lui non trova che la violenza sia giustificata il regista ci pensa un bel po’: “Mi viene in mente una cosa molto moralistica. Per me uccidere gli animali – che sia un cane, un lama o una mosca – nei film è un ponte che non posso attraversare. Qualcosa che si vede spesso nei film asiatici e europei, mentre se muoiono uomini non è sangue vero e la gente non si fa male per davvero. Agli animali non frega niente del tuo film cinema e non pagherei mai per vedere uno snuff movie. Il cinema è come i giochi dei bambini, fa finta ed è bello proprio perché appartiene al territorio della fantasia. Spesso mi arrabbio con le scene violente ma perché sono girate o scritte male. Questa è un’altra storia”. Gli chiedono se anche i film di Don Siegel con l’ispettore Callaghan non abbiano un ruolo ideologico in una certa età dell’America. “A Siegel non importava nulla della politica e della sociologia, voleva fare cinema adrenalinico che colpisse lo spettatore. Io lo capisco bene e in genere sono d’accordo con lui. Se poi nei miei film aggiungo altri aspetti, questa è una mia responsabilità: se non vi piace potete prendervela con me”.

Taxi Driver e quel duello Scorsese  – De Palma

Si torna infine a Taxi Driver che occupa un capitolo importante di Cinema Speculation, quando Tarantino immagina come sarebbe stato quel copione nelle mani di Brian De Palma, a cui Schrader lo aveva offerto prima che a Scorsese. “Io credo che Martin abbia fatto un film bellissimo, davvero il meglio che poteva realizzare e uno dei migliori film del secolo. Ho solo detto che De Palma non avrebbe ceduto alle pressioni dei produttori per sostituire un afroamericano con Harvey Keitel solo per non irritare la comunità e i sentimenti di quel momento. Oggi non posso separare Taxi Driver da Harvey, ma mi disturba pensare che un regista abbia dovuto piegarsi agli Studios. La colpa è loro!”.

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