Torturatore libico in Italia, Riccardo Noury (Amnesty): “Questi soggetti qui si sentono al sicuro”

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Uomini e donne picchiati con bastoni, pompe per l’acqua, spranghe, torturati, sottoposti a elettroshock, sottoposti a false esecuzioni oppure ammassati e costretti a sparare che le pallottole che venivano sparate colpissero altri. Queste sono solo alcuni degli abusi che le vittime di Gheniwa Al Kikli, il comandante libico dello Stability Support Apparatus apparso in Italia per una visita lampo al capezzale del ministro dell’Interno Adel Jumaa, hanno raccontato agli attivisti di Amnesty che contro di lui già anni fa hanno presentato un dettagliato dossier. Era il 2022, il potentissimo capo delle milizie che in Abu Salim avevano la propria roccaforte e il proprio centro di potere, era stato da nominato da poco più di un anno capo del SSA, attivo a terra e a mare e con budget milionario. Alle autorità di Tripoli, spiega il portavoce italiano di Amnesty Riccardo Noury, l’ong aveva chiesto di fare un passo indietro su quella scelta, ma la richiesta è stata ignorata.

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“In quel caso, non ottemperando a un obbligo imposto dalla Corte penale internazionale, l’Italia ha mandato un messaggio a altri libici. Questi soggetti si sentono liberi di entrare e uscire da questo Paese senza problemi, perché sanno che godranno della totale immunità”.

Chi è Gheniwa, qual è il suo ruolo?

“I nostri dossier ricostruiscono crimini contro l’umanità e innumerevoli violazioni dei diritti umani fin dal 2011 a danno di libici, di richiedenti asilo e rifugiati. Ascoltando le vittime, la nostra missione del 2022 ha accertato che nel centro di detenzione di Mayah, gestito dallo Ssa, pestaggi, lavori forzati, prostituzione forzata, stupri e altre forme di violenza sessuale erano all’ordine del giorno”.

Perché questi soggetti non hanno alcun timore a uscire dalla Libia?

“Se non c’è un mandato di cattura e qualcuno gli dà un visto, sostanzialmente possono andare dove vogliono. L’Italia come altri Paesi dovrebbe esercitare la giurisdizione universale”.

A cosa si riferisce?

“È la possibilità di perseguire crimini anche in Paesi diversi da quelli in cui sono stati commessi, anche se non hanno italiani tra le vittime. In altri Paesi Europei è già possibile, qui in Italia in passato era stata creata anche una commissione per codificare i crimini contro l’umanità, che poi sono ovviamente l’oggetto principale di questi procedimenti. Non ha mai concluso i lavori”.

Risultato?

“Significa che qui soggetti come Gheniwa o altri torturatori possono sentirsi al sicuro”.

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