Femminicidi di Ilaria Sula e Sara Campanella, presidio a Milano di Non una di meno: “Siamo stanche”

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Sono duecento e sono tornate di nuovo a far rumore per Ilaria Sula e Sara Campanella, le ragazze di 22 anni uccise, una a Roma e l’altra a Messina, da loro due coetanei. L’appuntamento è alla Statale ed è trasmesso via social dal movimento Non una di meno. Ragazze e ragazzi. Studentesse e studenti. Giovani e meno giovani. Ma anche madri con figli. “Siamo stanche e arrabbiate” ma “ce lo aspettavamo di tornare qui a urlare perché nessuna azione di prevenzione è stata fatta”, dicono. Chi con le chiavi al cielo, chi alza la voce, tutti fanno sentire il loro “grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce”.

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L’ingresso dell’Università si riempe in pochissimo tempo. “Oggi siamo in duecento e siamo qui perché serve una risposta immediata da parte del governo”, dice Chiara, 24 anni, membro del movimento che sugli ultimi due femminicidi (Ilaria è la ventitresima vittima del 2025) aggiunge: “Ce lo aspettavamo perché a livello di prevenzione non è stato fatto nulla. Le donne che vengono uccise sono omicidi di Stato”.

“Il maschio violento non è malato, è figlio sano del patriarcato”, gridano a gran voce. E ancora: “Insieme siam partite e insieme torneremo. Non una di meno!”. “Abito a Rho e non mi sento affatto sicura – dice Stefania, 20 anni, lavoratrice e studentessa di Mediazione linguistica -. Quante ancora di noi devono morire affinché la situazione cambi?”. A fianco a lei c’è Vittorio, 20 anni, studente di scienze politiche: “Questa è una battaglia di tutti e gli interventi devono essere fatti già alla scuola elementare, forse all’asilo, ma anche in famiglia”.

Ma al presidio non ci sono solo giovani. “Essere qui oggi è molto importante perché i femminicidi si verificano ancora e aumentare le pene come stanno facendo è inutile”, dice Fiorella, pensionata di 66 anni. “Occorre inserire i corsi di educazione sessuale e affettiva nelle scuole – aggiunge Valeria, 57 anni e insegnante di lettere – purtroppo alcuni dei miei ragazzi (scuola media) pensano che la gelosia sia normale e che toccare o baciare una donna senza il suo consenso non sia violenza”.

“Non ci resta che la rabbia”, “educa tuo figlio”, si legge nei cartelli che si alzano quando la manifestazione da presidio diventa corteo. Destinazione: il tribunale “come segno di risposta alle dichiarazioni del ministro della Giustizia Carlo Nordio” – dice Chiara, 20 anni, del movimento Non una di meno – che nella giornata di oggi è intervenuto dicendo che “certe etnie hanno una sensibilità diversa con le donne”.

“Parole cariche di razzismo”, urla a gran voce Chiara al megafono. “Al ministro diciamo che l’unica giustizia che conosciamo è quella della prevenzione, dell’educazione alla violenza di genere – continua – per una giustizia trasformativa che vada a educare e non isolare”. Ma ancora. “Il tribunale è un’istituzione che non ci rappresenta, non ci tutela e non ci difende”. In lontananza una signora in bicicletta si ferma e le risponde: “Hai ragione, non ci tutela”.

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