LONDRA – Oggi il primo ministro britannico Keir Starmer, alla luce dei rivoluzionari dazi dell’America di Donald Trump, dirà che “l’era della globalizzazione è finita”, e che “bisogna rafforzare i rapporti commerciali con altri Paesi”. Per il ministro degli Esteri David Lammy, invece, siamo di fronte “a qualcosa che non vedevamo da circa un secolo: sono davvero rammaricato per questo nuovo protezionismo degli Stati Uniti. Tutte le opzioni sono sul tavolo”. Il 52enne titolare del Foreign Office è in partenza per Roma, dove oggi arriverà con re Carlo III e la regina Camilla per una attesissima visita di Stato in Italia fino a giovedì, “dimostrazione della forza dell’amicizia tra la Gran Bretagna e l’Italia, e un’ottima occasione per rafforzare ulteriormente i nostri legami”. Ma, prima di imbarcarsi, parla con Repubblica.

Ministro Lammy, partiamo dai dazi. Perché, secondo lei, Trump ha annunciato una simile misura anche contro gli alleati occidentali, scatenando una guerra commerciale globale?
“È una domanda da porre lui. Ma noi manterremo la calma. Speriamo di trovare un accordo il prima possibile. Ovviamente è una decisione molto deludente. Ma Trump ritiene di agire nell’interesse del popolo americano, e noi faremo lo stesso per il popolo britannico”.
La Brexit ha forse avuto almeno un vantaggio, visto che il Regno Unito ha ricevuto solo il 10% dei dazi, rispetto al 20% imposto all’Ue?
“Siamo di fronte a un cambiamento significativo nel funzionamento del sistema commerciale globale, ma non ha nulla a che vedere con la Brexit. Nelle ultime settimane abbiamo lavorato intensamente a una trattativa per un accordo economico più ampio con gli Stati Uniti, e questi negoziati continueranno”.

E siete preoccupati per ciò che potrebbe accadere in Irlanda del Nord, che è ancora nel mercato unico europeo dopo la Brexit e che potrebbe finire in un fuoco amico di dazi americani e ritorsioni Ue?
“Esamineremo attentamente i dettagli dei dazi di ritorsione annunciati dall’Ue e agiremo sempre nel miglior interesse di tutte le imprese britanniche, comprese quelle dell’Irlanda del Nord”.
Intanto mancano poche settimane a un vertice cruciale tra Regno Unito e Ue a Londra, il primo di tale magnitudine e importanza dopo la Brexit. Conosciamo le linee rosse del governo britannico (niente ritorno nell’Ue, né mercato unico né unione doganale), ma, anche alla luce degli ultimi eventi, quanto può essere ancora più stretto il futuro rapporto tra Uk e Ue?
“Il nostro obiettivo è inaugurare una nuova era nelle relazioni tra Regno Unito e Unione Europea, capace di produrre benefici concreti per i cittadini di entrambe le parti. Siamo uniti da profondi e duraturi legami culturali e da valori condivisi: sono vincoli che vanno oltre l’appartenenza a qualsiasi istituzione. Rafforzarli ulteriormente è nel nostro interesse comune. Riteniamo che costruire un ampio partenariato in materia di sicurezza, rafforzare la cooperazione sulla giustizia, e affrontare gli ostacoli al commercio porterà benefici alle nostre economie, garantirà maggiore sicurezza e migliorerà la situazione economica delle famiglie. Il nostro obiettivo finale è un’Europa più sicura, stabile e prospera. E la collaborazione tra Regno Unito e Ue sarà fondamentale per raggiungerlo”.

Sinora Trump non ha neanche assicurato il cosiddetto “backstop” degli Stati Uniti per l’Ucraina post-bellica, ossia una deterrenza militare e nucleare contro nuovi attacchi della Russia, come richiesto più volte dal primo ministro britannico Starmer. La Coalizione dei Volenterosi può proseguire senza il supporto statunitense? Oppure è possibile una missione Onu o Nato in Ucraina?
“La nostra priorità è mettere l’Ucraina nella posizione più forte possibile. In questo momento, il problema principale è che Vladimir Putin la sta tirando per le lunghe, evitando i negoziati di pace. La nostra responsabilità, come amici e partner dell’Ucraina, è fare pressione su di lui, affinché si sieda al tavolo delle trattative. Per quanto riguarda la Nato, abbiamo preso un impegno a lungo termine nei confronti dell’Ucraina. Ci vorrà del tempo, ma per noi è evidente che il posto legittimo dell’Ucraina è nella Nato”.
Riguardo i cosiddetti “Volenterosi”, per cui Regno Unito e Francia hanno mostrato una leadership eccezionale nella nuova Difesa europea, la premier italiana Meloni sinora è stata molto riluttante. Le piacerebbe vedere un maggiore impegno politico dell’Italia in tema di difesa e Ucraina post-bellica?
“Abbiamo un ottimo rapporto sia con il governo Meloni che con l’amministrazione Trump, e condividiamo il loro desiderio di porre fine a questa guerra barbara. La Russia potrebbe farlo già domani, ritirando le proprie truppe e mettendo fine a questa guerra illegale. L’Italia ha partecipato più volte alla Coalizione dei Volenterosi, inclusa la riunione dei leader internazionali tenutasi a Londra all’inizio di marzo. Il Regno Unito ha chiarito che la Coalizione è impegnata nel raggiungimento di un accordo per l’Ucraina che garantisca una pace duratura e stabile, e continueremo a lavorare in questa direzione. L’Italia è stata una grande sostenitrice dell’Ucraina sin dall’inizio del conflitto, e continueremo a collaborare per porre fine a questa guerra”.
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Perché la visita di re Carlo III e la regina Camilla, in Italia da oggi e fino a venerdì, è così cruciale in questo momento? E come mai il legame tra il Regno Unito e l’Italia è diventato così forte negli ultimi anni?
“È un privilegio poter partecipare a visite di Stato come questa e sono grato di poter accompagnare le Loro Maestà in un evento così storico. La visita a Roma è la dimostrazione della forza dell’amicizia tra la Gran Bretagna e l’Italia, e sarà un’ottima occasione per rafforzare ulteriormente i nostri legami. Il Regno Unito e l’Italia condividono una relazione ricca di storia. Settantasei anni fa, ci siamo uniti ad altri Paesi per formare la Nato, che ancora oggi rappresenta il pilastro della sicurezza in Europa. L’Italia è uno dei nostri principali partner commerciali, e condividiamo stretti legami tra i nostri popoli, con molti britannici e italiani che considerano il Paese dell’altro come casa propria. Inoltre, siamo impegnati ad affrontare insieme le sfide comuni che colpiscono l’Europa e il mondo: solo per citarne alcune, l’immigrazione, il cambiamento climatico e la sicurezza”.