Taxi spaziali, nuovo business del cielo

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ROMA – La presenza dell’uomo nello spazio sta per cambiare. Ai primi di aprile la Federal Aviation Administration (Faa), l’agenzia federale responsabile dell’aviazione degli Stati Uniti, ha concesso per la prima volta a un privato la licenza a effettuare voli suborbitali con uomini a bordo, aprendo un nuovo capitolo della storia dell’astronautica. I protagonisti non saranno le grandi agenzie spaziali governative e i loro avveniristici (e costosi) progetti di missioni umane su altri pianeti, ma piccole aziende specializzate in lanci a basso costo, che forniranno servizi di “taxi spaziali” per trasportare uomini e cose ad altitudini di 100 km o giù di lì.

Che si tratti di un affare interessante, con concrete possibilità di tradursi in realtà entro pochi anni, lo dimostra il fatto che dietro alcuni dei principali progetti spaziali privati vi sono multimiliardari della “new economy” come John Carmack creatore di videogiochi, e Elon Musk, cofondatore della PayPal. Lo stesso Mark Shuttleworth, il “turista spaziale” sudafricano che ha volato sulla Soyuz assieme al nostro Vittori, deve la sua fortuna a un sistema per la sicurezza delle transazioni online. Il più famoso di loro è però Paul Allen, co-fondatore della Microsoft, e finanziatore del progetto della Scaled Composites, l’azienda che ha ottenuto l’ autorizzazione della Faa. Fondata da Burt Rutan, una leggenda vivente dell’aviazione privata (è suo il Voyager, il primo velivolo a fare il giro del mondo senza scalo e senza rifornimenti), la Scaled Composites ha sviluppato un aereo (White Knight, il Cavaliere Bianco) che a una quota di 15 km sgancia una navicella a tre posti battezzata SpaceShipOne e caratterizzata da un meccanismo che le permette di scendere da altissime quote. Durante un test effettuato a dicembre, nel giorno del centenario del volo dei fratelli Wright, SpaceShipOne ha raggiunto una velocità di Mach 1,2, ma pare che la settimana scorsa abbia superato Mach 2.

Molti analisti ritengono che sarà Rutan ad aggiudicarsi X Prize, la competizione internazionale creata nel 1996 da un gruppo di appassionati di spazio per stimolare i privati a cimentarsi nella realizzazione di piccole astronavi passeggeri riutilizzabili, sicure e a basso costo. Ma la concorrenza è agguerrita. Il concorso scade alla fine di quest’anno, e si prevede che nelle prossime settimane la Faa concederà l’ autorizzazione ad altre due aziende. Anche lo spazioporto privato è pronto: è il Mojave Airport, un polveroso aerodromo nel deserto a 150 km da Los Angeles, dove si trovano molti hangar di “pionieri spaziali”, e dalle cui piste sono già decollati vari lanci di test. Ma non è detto che il primo taxi spaziale batta bandiera americana.

All’X Prize partecipano imprese di Canada, Gran Bretagna, Israele e Romania, e sembra che alcuni di questi progetti siano già sulla rampa di lancio: il team del canadese da Vinci Space Project ha annunciato un volo con equipaggio umano nel corso dell’estate. Il monopolio dello spazio da parte di grandi agenzie pubbliche come la Nasa ha i giorni contati? «Tutto dipende da quanto si riesce a rendere redditizio il sistema», osserva il generale Mario Arpino, ex capo di stato maggiore e presidente di Vitrociset, società di servizi avanzati che opera anche nel settore dello spazio. «Ma sono convinto che anche i privati abbiano un ruolo importante da svolgere».

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