La decisione del governo australiano di cancellare il visto di Novak Djokovic è stata clamorosamente ribaltata dal tribunale presieduto dal giudice Anthony Kelly. Per la corte il tennista serbo può restare in Australia e giocare gli Open al via lunedì 17 gennaio a Melbourne. È stato riconosciuto il fatto che a Djokovic non è stato concesso abbastanza tempo per produrre prove sufficienti, dopo che il tennista è stato informato dell’intenzione del governo di annullare il suo visto. Nonostante ciò, il ministro dell’immigrazione, Alex Hawke, può ora intervenire personalmente e decidere comunque di annullare il visto per altri motivi, spiega il Guardian. Se ciò dovesse accadere, il caso potrebbe tornare di nuovo in tribunale perché Djokovic rischierebbe di essere bandito dall’Australia per tre anni se il ministro decidesse di annullare nuovamente il visto.
Djokovic, il giallo delle date: i conti non tornano
È durata più di sette ore, tra sospensioni e rinvii, l’udienza nella quale la corte federale di Melbourne doveva stabilire se il tennista No Vax poteva rimanere nel Paese o tornare in Europa. L’atleta, quindi, ha lasciato il tanto discusso Park hotel, il limbo in cui l’Australia confina i migranti.
L’udienza doveva cominciare alla mezzanotte ora italiana, ma c’è stato subito un rinvio per “motivi tecnici”. Il server della corte risultava inaccessibile al pubblico, con l’avviso “temporary disruption”, a causa probabilmente dell’altissimo numero di accessi che hanno mandato in tilt il sistema.
Djokovic, nessuna garanzia dal governo australiano che l’esenzione sarebbe stata accettata
Quando l’udienza è finalmente partita, l’avvocato dell’atleta 34enne, Nick Wood, ha difeso il suo assistito, affermando che Djokovic ha rispettato tutti i requisiti previsti dalla legge sulla biosicurezza per l’ingresso in Australia: “Il signor Djokovic ha dichiarato di disporre di una esenzione medica”, ha detto l’avvocato, sostendo che “le linee guida australiane sull’immunizzazione prevedono la possibilità di rinviare la vaccinazione di sei mesi per le persone che abbiano ricevuto una diagnosi di positività al Sars-Cov-2”.
I legali che rappresentano il governo australiano hanno ribattuto che, in base alla versione aggiornata delle linee guida, l’infezione non cosituisce una controindicazione all’assunzione del vaccino. Gia ieri gli stessi avvocati avevano depositato un documento in cui si affermava che, contrariamente a quanto sostenuto dai legali di Djokovic, non era mai stata data alcuna garanzia al tennista sull’accettazione dell’esenzione medica. Il governo australiano, poi, contesta anche la validità dell’esenzione presentata dall’atleta, che si sarebbe limitato a dichiarare di essere risultato positivo a un test per il Covid, senza produrre alcuna prova.
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I legali di Djokovic hanno contrattaccato insistendo sul trattamento cui il campione è stato sottoposto dalle autorità di frontiera al suo sbarco in aeroporto: non sarebbe stato messo in condizione di esporre le sue ragioni né di consultarsi con i propri avvocati.
A far intendere l’orientamento del giudice era stata una frase in particolare: “Quel che mi lascia perplesso è che non comprendo cos’altro quest’uomo (Djokovic) avrebbe potuto fare”, per entrare in Australia.