Mario Riccio, il rianimatore di Welby: “Rivediamo i protocolli: se c’è da scegliere, il posto in rianimazione vada a chi è vaccinato”

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ROMA – Per ora le terapie intensive reggono. “Non siamo nella crisi nera del 2020. Ma alcuni ospedali iniziano a scricchiolare. Per decidere a chi assegnare un posto in rianimazione sarebbe giusto tener conto anche della vaccinazione”. Mario Riccio ha vissuto la pandemia nella trincea del suo ospedale di Casalmaggiore, in provincia di Cremona, dove dirige il reparto di terapia intensiva. Nel 2006 accompagnò Piergiorgio Welby, malato di Sla, verso la sua fine. E durante la prima, terribile, ondata del coronavirus raccontò di come i medici dovettero scegliere a chi assegnare uno dei pochi respiratori a disposizione e chi invece lasciar andare. “La regola è dare la precedenza a chi ha più probabilità di farcela. Ma oggi questo criterio assume risvolti paradossali”. 

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Cioè? 

“Oggi di Covid muore solo chi vuole morire. Molti dei pazienti che curiamo nei nostri reparti sono piuttosto giovani, hanno passato il primo anno di pandemia a negare l’esistenza del Covid e il secondo a rifiutare i vaccini. Accanto a loro c’è una parte di vaccinati che ha un’età molto avanzata e due o tre fattori di rischio importanti. Dare la precedenza a chi ha più chance di farcela vuol dire mettere i No Vax davanti ai vaccinati”. 

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Oggi siamo nella situazione di dover scegliere, come a marzo del 2020? 

“Fortunatamente no. Le risorse per ora sono sufficienti, ma non illudiamoci che siano infinite, quella è una favola. Il presidente dell’Ordine dei Medici di Napoli ha citato l’eventualità del triage etico o codice nero. Di scegliere cioè a chi assegnare una risorsa purtroppo scarsa. Già vediamo le ambulanze che fanno un’ora di fila a Palermo. Che pazienti consegneranno ai medici in pronto soccorso? Le loro condizioni saranno compromesse dall’attesa. E cosa diciamo a chi attende per operarsi di tumore, che il suo letto è bloccato da una persona che non si è voluta vaccinare? Come ha detto il presidente Mattarella, vaccinarsi è un dovere etico. A mio parere dovrebbe essere inserito nei criteri di priorità per le cure”. 

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Non sarebbe controverso dal punto di vista etico? 

“Da una parte c’è una persona che rispetta le regole del vivere sociale, dall’altro una che, dopo un anno, ha dimostrato di essere resistente a ogni esortazione. Chi arriva in terapia intensiva oggi è molto spesso perché lo ha voluto, non vaccinandosi. Tutte le liste di attesa poi, dagli interventi chirurgici ai trapianti d’organo, seguono priorità ben precise. Difficilmente un polmone verrà assegnato a un grosso fumatore o un fegato a un etilista. Servirebbero dei criteri anche per il Covid. Provo sincero dispiacere per Mauro di Mantova, il radioascoltatore morto qualche tempo fa dopo aver rifiutato di vaccinarsi e di ammettere l’esistenza del Covid. Ma se lui ha tristemente scelto di immolarsi per la sua idea, probabilmente ha anche impedito di operarsi a un’altra persona che ne aveva l’urgenza”.    

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C’è anche il problema di chi, costretto al ricovero, rifiuta le cure. 

“La Siaarti, la Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva, il 31 dicembre ha redatto un documento in cui ci chiede di spiegare con ragionevole insistenza e in modo ripetuto l’utilità di alcune cure cui a volte il paziente No Vax si oppone, ad esempio l’intubazione. Avrei preferito l’approccio opposto. Ad aspettare, mentre io cerco di insistere in modo ripetuto di fronte a una persona che per un anno non si è voluta vaccinare, c’è magari un altro paziente che invece desidererebbe molto essere salvato e al quale sto sottraendo un’opportunità di cura”. 

Non c’è il rischio di prendere decisioni arbitrarie? 

“Sono problemi preesistenti al Covid. Ogni studente all’università impara che il paziente è libero di decidere, ma il medico deve assicurarsi che sia nelle condizioni di farlo. Oggi però lo zoccolo duro dei No Vax assomiglia piuttosto a una setta religiosa. Che siano colti e ascoltino Cacciari o si siano formati le loro idee su internet, sono persone con cui non si riesce più a parlare. Io faccio anche il vaccinatore e mi sono trovato di fronte a situazioni difficili. Chi mi chiedeva l’esenzione per malattie inesistenti. Chi, sottoposto all’obbligo, si è presentato con l’avvocato sostenendo di essere stato costretto. Chi si immolava come se fosse stato un martire religioso. Ma anche noi medici siamo stanchi, non abbiamo voglia di usare il paternalismo e insistere come si fa con i bambini. I vaccini sono come il casco e la cintura di sicurezza. Non annullano i morti per incidente, ma ne abbattono i numeri. Una laurea in filosofia basta per capirlo. Se una persona ha fatto scelte di altro tipo, dovremmo cercare di aiutare di più chi invece vorrebbe vivere. Di Covid ormai, a parte le persone molto fragili, muore chi decide di farlo. Il signor Mauro oggi sarebbe vivo, se solo lo avesse voluto” . 

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