“Grazie e arrivederci, caro David. Sceglievi parole pacate e calibrate, parole che hanno modellato il nostro Paese e l’Europa”, dice il gesuita Francesco Occhetta rivolto al feretro su cui è distesa una bandiera che non è il tricolore: è quella blu e con le stelle d’oro, le stelle che fino alla fine ha tentato di aumentare allargando l’Unione agli altri Paesi candidati.
C’è un timido sole, molto silenzio, un’aria austera e dolce intorno alla Basilica di Santa Maria degli Angeli, a Roma, dove alle 12 in punto le più alte istituzioni europee ed italiane hanno detto addio al presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, insieme ai familiari e agli amici; e insieme a chi ha sfidato il Covid per esserci, nel giardino accanto alla chiesa, pur davanti a un maxi schermo.
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C’è il presidente Mattarella, il premier Mario Draghi, i presidenti di Senato e Camera Casellati e Fico; la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel; e con loro capi di Stato come lo spagnolo Pedro Sanchez, e poi i ministri italiani ed europei, il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri; il segretario del Pd Enrico Letta, il senatore a vita Mario Monti, Gianni Letta, Romano Prodi, il presidente della Corte costituzionale Giancarlo Coraggio, il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e tanti altri.
Gli ex colleghi e amici del Tg1 affidano a Elisa Anzaldo un ricordo da brividi, le “infinite discussioni a mensa quando se si accennava a parlare di politica non ti fermavi più, partivi da De Gasperi per concludere che bisognava fare qualcosa”, i “muri di gomma sfondati con la tenacia della tua gentilezza e la fermezza dell’educazione”, quelle conduzioni in cui “arrivava trafelato in studio all’ultimo minuto ma quando salutava il pubblico entrava nelle case, era come se chiedesse scusa, so che siete a tavola, ma dovrei raccontarvi cos’è successo; e gli si rispondeva ma certo, prego, accomodati”.
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Era stato scelto per la carica europea più rappresentativa ma qui a dirgli addio sui giardinetti c’è uno sconosciuto con un tricolore che ricorda quando lo incontrò per caso, “gli chiesi se potevo offrirgli un caffè e mi disse certo, volentieri, però offro io”; e la signora qui accanto dice che “lui sì, sarebbe stato un perfetto presidente della Repubblica”.
Sapeva che per lui era finita, quaggiù in terra, ma aveva, racconta il figlio Giulio, “la dignità di chi non ha mai fatto pesare la malattia a nessuno. Sì, ma io c’ho da fa’, continuava a ripetere in ospedale”. E’ l’etica dell’impegno che gli riconosce chiunque gli sia stato accanto. “Era impossibile non volerti bene”, dicono i suoi collaboratori dal pulpito, leggendo “l’unico discorso che non ti abbiamo potuto far vedere prima”. “Ci hai insegnato – dice ancora il figlio – che la fama ha senso solo se si riescono a fare cose utili. Con le ultime forze, fino alla fine continuavi a parlarci di speranza”. Anche quando lui stesso l’aveva ormai perduta. Lo racconta la vedova, Alessandra. “Ho avuto una vita molto bella, anche se un po’ complicata: finirla a 65 anni è davvero troppo presto, mi diceva due settimane fa. Aveva capito tutto, mentre noi giocavamo a nasconderci la realtà”.
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Se n’è andato il Presidente del parlamento europeo, se n’è andato “il compagno di classe che tutti vorrebbero”, come lo ricorda nell’omelia Matteo Zuppi, il cardinale di Bologna di cui era amico: “Tanti consideravano Sassoli uno di noi per quell’aria priva di supponenza, piena di empatia per tutti. Era pieno di rispetto e garbo, di Davide tutti portiamo nel cuore il sorriso. Qualcuno ha detto che non ha mai visto nessuno arrabbiato con lui”.