Stupro di Capodanno, chi è il baby calciatore che ha guidato il branco. Il suo trofeo: mostrare la maglietta col sangue della ragazzina violentata

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Dall’erba dei campi di calcio dell’Atletico Lodigiani al pavimento di quell’abitazione da cui per il momento non può allontanarsi. Patrizio Ranieri compirà 20 anni tra qualche mese. Il suo volto è pulito e al di là di un piccolo incidente con la giustizia la sua vita non sembrava destinata ad essere trascorsa tra le aule del tribunale penale di piazzale Clodio.

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E invece è proprio al cospetto della giustizia che adesso il giovane cerca di giustificare ciò che è accaduto la notte del Capodanno 2021. Aveva da poco compiuto 18 anni quando, sostengono gli inquirenti, ha violentato la figlia sedicenne di un diplomatico spagnolo, una ragazzina che ha partecipato alla festa per trascorrere l’ultimo giorno dell’anno.

Ranieri, che gli inquirenti descrivono come uno dei principali protagonisti della violenza di Capodanno, è uno dei tre indagati dalla procura di Roma. Altre posizioni sono al vaglio dei colleghi che si occupano di reati commessi da minori. E Patrizio, anche se da appena 7 mesi, quando ha allungato le mani su quella ragazzina era maggiorenne.

Non lavora. Ma non trascorre le sue giornate solo tra le vie del quartiere dove abita, a Primavalle, non troppo lontano dalla villa dove si è consumata la violenza, al Quartaccio. La passione per il calcio lo ha portato dalla parte opposta della Capitale, dove indossa la maglia di una delle squadre storiche dello scenario giovanile di Roma.

È un centrocampista, un under 19 dai piedi buoni nel campionato di Eccellenza. Magari non avrebbe sfondato nel calcio, ma affacciarsi nel campionato Eccellenze laziale è già una soddisfazione. Ha continuato a giocare anche quando ha commesso qualche passo falso.

Scavando tra gli atti si risale a un precedente di polizia. In passato era stato pizzicato con una piccola quantità di sostanze stupefacenti. Nulla a che fare con lo spaccio, solo una detenzione per uso personale. Una situazione che non si addice proprio a uno sportivo, ma agli occhi della legge è cosa da poco. Più grave invece la vicenda che adesso lo sta travolgendo.

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L’esibizione agli amici della sua maglietta, sporca del sangue della vittima, è al contempo la testimonianza del disprezzo con cui la sedicenne è stata trattata, e la prova del rapporto consumato con la ragazza.

Almeno secondo il gip. “Era consenziente”, ha detto Ranieri ai carabinieri che hanno bussato alla sua porta. Poi lo ha ribadito al giudice. Ma le sostanze trovate nel sangue della vittima, i lividi e le lesioni giudicate guaribili in 30 giorni dicono altro.

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