Due consonanti e due vocali compongono l’acronimo più citato nelle ultime settimane: Nato. Vediamo come interagisce con la guerra tra Russia e Ucraina l’Alleanza Atlantica, e che ruolo potrebbe svolgere nelle prossime settimane.
Che cosa è la Nato?
La Nato, North Atlantic treaty Organization, è un’alleanza militare di natura difensiva nata con la firma del Trattato di Washington il 4 aprile 1949 in risposta al carattere totalitario dell’Unione Sovietica che aveva messo in moto un meccanismo antidemocratico per controllare una serie di Paesi europei rientrati nella sua sfera di influenza. Possiamo considerarlo il primo prodotto della Guerra Fredda. La Nato è anche chiamato Alleanza Atlantica ed è uno strumento di cooperazione militare tra Stati membri ma anche organismo in cui i leader politici discutono.
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Chi fa parte della Nato?
I membri sono trenta, tra cui figurano Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Spagna. Dal 1999 si sono aggiunti, negli anni, Paesi dell’est Europa come Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Bulgaria, Romania, Slovacchia e Slovenia, e ex repubbliche sovietiche come Estonia, Lituania e Lettonia. Proprio queste adesioni hanno irrigidito la Russia, che considera minacciata la propria sfera di influenza.
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dalla nostra corrispondente
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La Russia potrebbe farne parte?
Il 1998 è un anno chiave: viene stabilito il Nato-Russia Permanent Joint Council, che avrebbe dovuto vedere l’ingresso di Mosca. Il 6 giugno 2011 Nato e Russia partecipano anche alla prima esercitazione congiunta di velivoli militari, che seguì quella avvenuta, una settimana prima, a livello di sommergibili. Ma ogni cooperazione si interruppe con l’invasione russa in Crimea nel 2014. Da quel momento le strade di Nato e Mosca si sono separate.
Chi è Jens Stoltenberg?
Alla guida della Nato c’è un politico norvegese di 62 anni, considerato un pacifista, uno che da ragazzo marciava contro la guerra del Vietnam e si considerava marxista-leninista, grazie soprattutto all’influena della sorella. Si chiama Jens Stoltenberg, è stato nominato Segretario generale dall’1 ottobre 2014, dopo aver ricoperto, per due volte, l’incarico di primo ministro della Novergia. La sua posizione sulla crisi in Ucraina è stata chiara: non ha intenzione di dispiegare le truppe Nato. I piani sono soltanto di difesa, come nella natura dell’Alleanza.
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Quante volte è intervenuta militarmente la Nato nella sua storia?
Tra il 1992 e il 1995 la Nato è intervenuta in un conflitto per la prima volta nella sua storia: nella ex Jugoslavia, in Bosnia, anche se già nel 1990 e nel 1991 aveva preso parte alle prime operazioni militari, “Anchor Guard” e “Ace Guard”, legate alla Prima Guerra del Golfo. Poi interviene nel 1999 con l’operazione Allied Force, molto criticata dall’opinione pubblica, per bombardare la Serbia, azione che porterà alla nascita della Kosovo Force, Kfor. A seguire, nell’Alleanza Atlantica entrano Paesi dell’est come Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca, a cui seguiranno Bulgaria, Paesi Baltici, Romania, Slovacchia e Slovenia. Nel 2011 la Nato – dopo una risoluzione Onu – interviene in Libia per abbattere il regime del colonnello Gheddafi.
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La Nato può intervenire in Ucraina? La differenza tra l’articolo 4 e 5.
La prima risposta è no: l’Ucraina non fa parte della Nato. Ma c’è una possibilità. Dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, molti Paesi membri hanno chiesto l’intervento della Nato appellandosi all’articolo 4. Se l’articolo 5 del Trattato stabilisce che “le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti”, diverso è l’articolo 4, che recita: “Le parti si consulteranno ogni volta che, nell’opinione di esse, l’integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza di una delle parti fosse minacciata”. Questo è l’articolo a cui fanno riferimento quegli Stati, come Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania, che si sentono in pericolo davanti alla strategia aggressiva di Mosca. La Nato potrebbe intervenire a difesa dell’Ucraina non in quanto membro dell’Alleanza, ma perché segnale di un pericolo allargato ad altri Paesi, che fanno parte, loro sì, della Nato. La diplomazione internazionale è convinta che l’obiettivo del presidente russo Vladimir Putin non sia solo quello di annettere l’Ucraina, ma di aggredire, in un secondo momento, anche i Paesi del Baltico, per realizzare il grande sogno orginario: la ricostituzione dell’Unione Sovietica. Non è un caso che il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, abbia deciso lo spostamento di soldati, jet militari e elicotteri Apache sulla linea del Baltico. Il secondo punto di crisi questa guerra è lì.
Quali sono gli organi che decidono dove e quando intervenire?
La struttura di vertice della Nato consiste in un Consiglio Atlantico formato da rappresentanti permanenti, come per le Nazioni Unite, ministri e capi di Stato e di governo. A capo, come detto, c’è Jens Stoltenberg, nominato segretario generale nel 2014. Il braccio operativo militare è formato da capi di Stato maggiore della Difesa dei Paesi membri, formato da due comandi strategici: l’Allied Command Operations, che pianifica le operazioni, con sede a Mons, in Belgio, mentre l’Allied Command Transformation, che si occupa di sviluppare le strategie e l’aggiornamento, si trova a Norfolk, in Virginia. A questi organismi si sono aggiunti dipartimenti legati al cyberspazio e alle comunicazioni.
Dove sono le basi Nato in Europa?
Prima del 2014 la Nato non c’era una presenza armata nell’est Europa. A cambiare radicalmente la situazione fu l’annessione russa della Crimea, che convinse i membri dell’Alleanza Atlantica a organizzarsi, per contrastare l’aggressività di Mosca. Due anni dopo, al summit di Varsavia, venne decisa la costituzione di quattro “gruppi tattici” – formati da soldati di varie nazionalità – sul Baltico (Estonia, Lettonia e Lituania) e Plonia, diventati operativi nel 2017. Compostii da circa cinquemila soldati, provenienti da venti Paesi, operano in stretto contatto con gli eserciti delle nazioni che li ospitano. I soldati del contingente italiano, circa duecento, operano nel gruppo tattico in Lettonia, guidato dal Canada, al fianco di nazioni come Polonia, Spagna, Albania, Islanda e Montenegro. Il grosso del sistema di difesa è la Nato Response Force, che conta su 40 mila soldati in grado di spostarsi con rapidità da un luogo all’altro. Tra queste l’esercito d’elite è la cosiddetta Very High Readiness Joint Task Force, formata da cinquemila soldati, in grado di essere operativa in appena 72 ore. Ai soldati Nato si aggiungono i militari Usa di stanza in Europa, che sono circa 74 mila, di cui 12 mila ospitati in Italia.
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Dove sono le basi Nato in Italia?
La principale è quella di Sigonella, in Sicilia, nella piana di Catania, ma in tutta l’isola sono distribuite altre basi Nato. Il ruolo strategico della Sicilia è quello di base di lancio per i super droni di ultima generazione, i Global Hawk, aerei guidabili in remoto da oltre duecento milioni di dollari. Quelli che in queste settimane hanno perlustrato ogni giorno, per ore, il confine tra Ucraina e Russia, e registrato gli spostamenti dei soldi russi. Assieme ai Global Hawk, figurano i ‘Triton’ e i cosiddetti droni killer ‘Reaper’. Sigonella fa da base di trasmissione dei dati necessari ai piani di volto e di attacco dei droni. Ha due “facility” gemelle: la base di Ramstein, in Germania, e quella di Creech, nel Nevada.