CRACOVIA – Hanno detto le Nazioni Unite, ieri pomeriggio di prima mattina: “Tra i morti civili si ritiene ci siano almeno 13 bambini”. Partendo da quella dichiarazione, e andando trenta ore in avanti, bisogna aggiungere questi due dispacci: “Due bimbi (e sei adulti) uccisi in un raid vicino Kharkiv”. La città èIzium, nel Donbass. Sono morti, piccoli e adulti, per i bombardamenti di un edificio a più piani. Erano in casa. E poi, secondo dispaccio: “Anche un bambino vittima dell’attacco russo a Zhytomyr”. Zhytomyr, Ucraina occidentale, a sinistra di Kiev: alcuni edifici residenziali, qui, hanno preso fuoco dopo che era stata bombardata una base militare vicina.
Saliremmo, con le ultime correzioni, a un bilancio già disastroso: 16 bambini e adolescenti morti dopo otto giorni di invasione dell’Ucraina. Il bilancio generale dell’Onu, ieri, era però di un terzo inferiore al conteggio fatto dal governo ucraino che prima ha parlato di 352 civili uccisi e poi, nel corso del pomeriggio di ieri, è arrivato a indicare in 2.000 i morti non militari. Quei sedici fanciulli ammazzati dalla guerra russo-ucraina quasi sicuramente non rappresentano la cifra ad oggi finale.
“Presto quattro milioni di profughi, la crisi più grande”
dal nostro inviato
Corrado Zunino
Come scrive Save The children: “In Ucraina non ci sono più luoghi sicuri, gli attacchi colpiscono anche scuole, asili e orfanotrofi. Ci sono già centinaia di vittime tra i civili e tra questi decine di bambini”. Decine, sostiene l’organizzazione umanitaria.
Polina, la bambina con le pietre in mano
Di lei si ricordano i capelli biondi con una lunga meche rosa e i sassi in mano, mostrati in una foto scattata in casa. Due pietre, per lei preziosissime. Polina aveva 11 anni, andava in quinta elementare. Era in auto con la sua famiglia, lunedì scorso. Con il fratello e la sorella. Era su una strada a nord-ovest di Kiev.
Polina, uccisa con i genitori a nord-ovest di Kiev
Lì era in azione un comando delle forze speciali russe: un gruppo di ricognizione e sabotaggio che doveva individuare a terra punti strategici le cui coordinate avrebbe passato all’aviazione, per i bombardamenti. In quella strada si è aperto presto uno scontro con l’esercito ucraino, l’auto della famiglia in mezzo: è stata crivellata di colpi. Polina è morta, con lei i genitori e il fratello. Fratello e sorella sono stati portati, gravi, all’ospedale pediatrico diOkhmatdyt. Lei era, fino a poche ore fa, in terapia intensiva.
Alisa, colpita all’asilo
Alisa Hlans, 7 anni, è morta nel corso del bombardamento dell’asilo di Ochtyrka, una settimana fa. Siamo nel Donbass, in una città a un’ora dal confine con la Russia, una delle prime ad aver visto l’avanzata dei cingolati nemici. L’esercito russo, nel secondo giorno di guerra, ha sparato in città un razzo contenente, assicurano gli americani, bombe a grappolo, le “bomblets” vietate dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 2008 (né Russia né Ucraina vi hanno aderito). Alisa si era rifugiata nell’asilo, durante l’assedio, con la mamma. E’ stata colpita da una scheggia, ed è morta il giorno dopo in ospedale, come ha racontato la procuratrice generale Irina Venediktova diffondendo i disegni esposti all’asilo.
Il disegno dell’asilo dove è stata colpita a morte Alisa, 7 anni, diffuso dalla procuratrice generale Irina Venediktova
Nella parte Est del Paese le scuole sono state chiuse dal 21 febbraio. Con la dichiarazione di invasione resa pubblica da Putin il 24 febbraio scorso, via via i plessi non hanno aperto in tutto il Paese. Settecentocinquanta edifici scolastici sono stati danneggiati, o resi inservibili, dal 2014, anno d’inizio della Guerra del Donbass.
Tra le braccia dell’infermiere
I medici non sono riusciti a rianimare la bambina dai leggins con gli unicorni rosa, i capelli castani tirati indietro con un elastico. Non ne conosciamo ancora il nome, si sa che aveva 6 anni. Il palazzo dove viveva a Mariupol, la città sul Mare d’Azov ancora oggi sotto assedio, è stato sventrato. “Portatela fuori dall’ambulanza, possiamo farcela”, gridava un infermiere del pronto soccorso di Mariupol, Olexsandr Konovalov. La madre l’aspettava all’esterno dell’ospedale, in lacrime, in mano teneva le pantofole della figlia e la sua sciarpa con il pompon. Non c’è stato nulla da fare: la figlia è morta in sala operatoria. “Mostra queste immagini a Putin”, ha detto, pieno di rabbia, un medico davanti alla telecamera di un giornalista dell’Associated Press. Mostragli gli occhi di questa bambina e i nostri che piangono”.
Salvi i bimbi malati di cancro
Hanno viaggiato di notte verso Leopoli, dall’ospedale di Kiev non più praticabile. Alcuni erano arrivati da Kharkisk, centro della guerra sul fronte orientale del Donbass. Diciotto piccoli pazienti in spostamento, i medici sempre con loro. Con loro le madri e i fratelli. Diciotto bambini e ragazzi ucraini malati di cancro, fra i tre e i diciassette anni.
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di
Enrico Franceschini
Il corridoio umanitario, creato per loro all’ultimo momento, è stato attraversato in treno. Quindi un pullman, a disposizione a Leopoli, per coprire altri sessanta chilometri verso occidente. A due chilometri dalla frontiera, però, sono dovuti scendere. Le code senza fine. Medici, famiglie, anche i bambini. E per due chilometri tutti si sono messi a camminare, fino al confine con la Polonia. “In nessun momento sono cessate le cure e le terapie”, assicura Damiano Rizzi, oncopsicologo, presidente dell’associazione Soleterre che cura i giovani malati di cancro in due ospedali di Kiev e che ha curato questo difficile trasporto verso la salvezza.
Ora i diciotto pazienti hanno raggiunto, all’ospedale pediatrico di Varsavia, quattro giovani amici evacuati due giorni prima sula tratta Kiev-Ternopil.
I bambini malati trasportati negli ospedali di Leopoli e di Varsavia
I pazienti ricoverati temporaneamente a Leopoli sono triplicati nelle ultime ore e ad ogni allarme aereo bambini e ragazzi devono lasciare il reparto e spostarsi nel rifugio sotterraneo: lì continueranno i trattamenti e le chemioterapie. “Sono spostamenti faticosi e difficili che si aggiungono alle cure pesanti contro il tumore”, spiega Rizzi. I primi cinque assistiti saranno trasferiti all’Istituto tumori di Milano, al San Matteo di Pavia, forse al Bambin Gesù di Roma. Andranno in Italia con le mamme e i fratelli, i papà sono rimasti a combattere.
“Quello che è accaduto in questi giorni è il motivo per cui ho creato Soleterre”, dice Rizzi, “portare via da Kiev sotto le bombe bambini malati è stato un grande sforzo, ma i pazienti sono tutti vivi. Un malato immunodepresso può morire per un raffreddore, figuriamoci cosa può causare uno spostamento così caotico”. Trecento giovani, meno gravi, stavano continuando le cure a casa, ma la guerra in Ucraina potrebbe averle interrotte: “Il ciclo di chemio prevede controlli tutti i giorni”.
In Ucraina l’incidenza del tumore, spiega ancora Rizzi, è paragonabile all’Europa: 1200-1400 nuovi casi l’anno. Il problema è nelle cure, qui a pagamento, che portano a una scoperta tardiva dei tumori pediatrici. Uno studio sostiene che dopo l’incidente nucleare di Chernobyl del 1986 il tumore del sistema nervoso centrale, sotto i tre anni di età, è aumentato di 3,2 volte.