È morto Richard Benson, l’annuncio sui profili social del “Profeta del metal”

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“Carissimi amici e amiche, dobbiamo purtroppo darvi la notizia più brutta possibile. Richard ha lottato come un leone anche questa volta contro la morte e purtroppo non ce l’ha fatta. Ci ha lasciato. L’ultima volta però ci ha detto: ‘Se muoio, muoio felice'”. Con queste poche righe il sito ufficiale di Richard Benson annuncia la morte del chitarrista “metal” all’età di 67 anni. Era da tempo ricoverato in una clinica a Roma.

Ed è Carlo Verdone tra i primi a ricordarlo sui social: “Rimasi folgorato quando lo vidi parlare di grandi chitarristi e gruppi a me sconosciuti in una emittente televisiva romana, Tva 40. Era stravagante, un po’ folle ma decisamente un personaggio da tenere presente per un film. E così gli offrii il ruolo di un conduttore adrenalinico in un programma dal titolo Jukebox all’Idrogeno in Maledetto il giorno... Fu fantastico” aggiunge il regista. “La bellezza di quegli anni in televisioni minori era trovare personaggi eccessivi, strani, folli. Veniva fuori una Roma a noi sconosciuta dove si inventavano modi di dire, si creavano incredibili look, si sdoganava il proibito. Era sempre la periferia a inventare”. E conclude: “Metti il distorsore in cielo, Richard”.

Nato a Woking, in Inghilterra, il 10 marzo 1955, da madre romana e padre inglese, Richard Benson si trasfersce in Italia in gioventù. La sua carriera inizia tra gli anni 60 e 70 e si dipana fra verità e leggenda. Nel 1966 comprò la prima chitarra elettrica venduta in Italia. Il primo passo per diventare ilProfeta del metal, per usare una delle tante definizioni che lo descrivevano.

Il padre avrebbe conosciuto il papà di Mick Jagger, perché entrambi erano istruttori di educazione fisica per gli squadroni inglesi durante la guerra. Questo, nella versione del chitarrista si traduceva con: “Sono cresciuto con i Rolling Stones“. Qualcuno si è spinto a dire che lui fosse uno dei pochi detentori della verità sulla morte di Brian Jones perché quella notte, davanti a quella piscina, lui c’era.

I suoi volevano un figlio architetto o avvocato e invece il ragazzo (e la sua chitarra) entrarono nel gruppo prog Buon Vecchio Charlie e Richard inizia a partecipare alle prime trasmissioni radiofoniche, come Per voi giovani ideata da Renzo Arbore con lo spazio Novità 33 giri. Benson inizia anche a scrivere sulla carta stampata per testate come Ciao 2001 e Nuovo Sound.

Poi, siamo nel 1978, suona con Grace Jones al Teatro Tenda di Ostia. E dalla tigre nera si fa graffiare la schiena in pubblico. Qualcuno parla anche di concerti a Vancouver in cui un giovanissimo Marilyn Manson, allora ancora Brian Hugh Warner, ma già grande fan di Richard, si faceva accompagnare dal padre.

Negli anni 80 arriva la prima apparizione televisiva – a Quelli della notte – cui seguiranno una serie di programmi dedicati alla musica, sempre su reti regionali, che nel corso degli anni l’hanno trasformato in un personaggio di culto del sottobosco musicale romano. Nel 1992 fa anche un cameo nel film di Carlo Verdone, Maledetto il giorno che t’ho incontrato, in cui interpreta se stesso e parla di Jimi Hendrix.

Le sue esibizioni musicali, negli anni 90, iniziarono a caratterizzarsi sempre più per i look eccentrici, fra giubbetti di pelli, occhiali scuri e parrucche per coprire la calvizie e le performance oltraggiose, fra parolacce e pornostar del calibro di Milly D’Abbraccio e Moana Pozzi.

L’ultima fase della carriera di Benson, quella che lo ha reso celebre a livello nazionale, inizia però dopo il 2000, l’anno successivo alla pubblicazione del primo disco solista Madre tortura, quando si fratturò una gamba in seguito a una caduta dal Ponte Sisto a Roma. Secondo alcuni il musicista avrebbe tentato il suicidio, ma lui ha sempre sostenuto la tesi del tentato omicidio.

“Sono volato da 30 metri sull’asfalto in un punto dove muoiono tutti e sono molto più vivo di prima. Hanno cercato di ammazzarmi – diceva – Però io riesco a volare e quel giorno ho volato. Il mio corpo è rimasto vivo sotto il ponte, ma Richard Benson è morto. Io sono adesso un’altra persona. Sono rimasti i ricordi, i gusti musicali, ma il mio carattere è cambiato. Sono qua per combattere. Per rendere giustizia”.

Una svolta ulteriore, nella vita e nella carriera del musicista, arriva (probabilmente) con un concerto al Coetus Pub di Roma il 17 dicembre 2005, passato alla storia come Natale del male, nel quale Benson viene insultato dal pubblico e bersagliato con generi alimentari e altri oggetti. Tutte i successivi show di Benson si sarebbero svolti con questo copione, costringendo i gestori dei locali a montare una rete che lo proteggesse dal lancio di polli, pesce in putrefazione, teste di maiale, scopini sporchi per i servizi igienici e altri oggetti tra i più disparati. È così che arriva anche sulla televisione mainstream, prima su Rai 2 – a Stile Libero Max, dove giudicava degli artisti improbabili – e poi a Chiambretti Night su Italia 1.

Nel 2015 viene pubblicato il secondo album L’inferno dei vivi pubblicato dall’etichetta Inri e anticipato dal singolo I nani. In questo periodo arriva la prima apparizione al programma radio La zanzara, dove racconta anche dei suoi problemi economici e di salute. L’anno successivo Benson e la moglie Ester fanno un appello ai fan per chiedere aiuto.

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Un paio di anni dopo Benson affermò di essersi ristabilito e di essere al lavoro su altri progetti ma le sue apparizioni pubbliche divennero sempre più rare. Pochi mesi prima della sua morte aveva inciso un nuovo singolo,Processione, al momento ancora inedito.

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