ROMA – È il piano italiano per la pace. Un documento elaborato alla Farnesina, in stretto coordinamento con Palazzo Chigi. L’ha presentato ieri a New York il ministro Luigi Di Maio durante un colloquio con il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres. Alcuni contenuti della bozza sono stati anticipati agli sherpa del G7 e del gruppo Quint. Prevedono un percorso in quattro tappe, sotto la supervisione di un Gruppo internazionale di Facilitazione (GIF): il cessate il fuoco, la possibile neutralità dell’Ucraina, le questioni territoriali – in particolare Crimea e Donbass – e un nuovo patto di sicurezza europea e internazionale. Ad ogni singolo passaggio, andrà testata la lealtà agli impegni assunti dalle parti, in modo da poter procedere allo step successivo. Ecco come è nata la svolta diplomatica di Roma e i dettagli del contenuto del piano, che Repubblica è in grado di anticipare.
Tutto nasce dalla volontà politica di costruire durante il conflitto le condizioni per fermare le armi. “Se è vero che la guerra è il fallimento della diplomazia – ha spiegato durante i lavori preparatori Di Maio ai tecnici della Farnesina – è anche vero che è la diplomazia a poter mettere fine alle guerre. Tutte prima o poi finiscono e bisogna farsi trovare pronti con dei piani per il dopo-guerra”. Un approccio che risponde alla filosofia della Farnesina, sintetizzata da Di Maio nelle ultime ore: sanzioni, sostegno alla legittima difesa ucraina e assistenza finanziaria e umanitaria a Kiev. Ma anche impegno per costruire la pace.
Dunque, questi i dettagli della proposta diplomatica consegnata ieri dal ministro a Guterres durante la missione al Palazzo di Vetro e anticipata a grandi linee ai diplomatici dei ministeri degli Esteri del G7 e del Quint (Usa, Gran Bretagna, Germania, Francia, Italia) dai tecnici che seguono il dossier, in particolare il segretario generale della Farnesina, Ettore Sequi, e il direttore degli affari politici, Pasquale Ferrara. Il primo passo prevede il cessate il fuoco, da negoziare mentre si combatte. È un elemento fondamentale, perché è irrealistico immaginare che una tregua si realizzi da sola o che sia la precondizione per trattare. Il cessate il fuoco andrebbe accompagnato, nella proposta italiana, da meccanismi di supervisione e dalla smilitarizzazione della linea del fronte, per discutere i nodi aperti e preparare il terreno a una cessazione definitiva delle ostilità. È il passaggio più complesso, vista la situazione sul terreno. Se realizzata, aprirebbe uno spazio di pace rilevante.
Il passo successivo – il secondo – ruota attorno al negoziato multilaterale sul futuro status internazionale dell’Ucraina. E in particolare sull’eventuale condizione di neutralità di Kiev, assicurata da una “garanzia” politica internazionale. La sede in cui discutere questa neutralità sarebbe una conferenza di pace. A tutela degli ucraini, la condizione è che questo status sia pienamente compatibile con l’intenzione del Paese di diventare membro della Ue. Aspetto decisivo, visto che l’adesione porta con sé impegni e clausole che andrebbero modulati in sull’eccezionalità dell’ingresso.
Il terzo punto, il più “caldo” sotto il profilo diplomatico, riguarda la definizione dell’accordo bilaterale tra Russia e Ucraina sulle questioni territoriali, sempre previa mediazione internazionale. Centrali sono ovviamente Crimea e Donbass. Nel patto, suggerisce il piano, andrebbero risolte le controversie sui confini internazionalmente riconosciuti, il nodo della sovranità, del controllo del territorio, le disposizioni legislative e costituzionali di queste aree, le misure politiche di autogoverno. E inclusi i diritti linguistici e culturali, la libera circolazione di persone, beni, capitali e servizi, la conservazione del patrimonio storico e alcune clausole di revisione a tempo. L’elenco dei temi lascia intendere la cornice: un’autonomia praticamente totale delle aree contese e una gestione della sicurezza autonoma. Ma il richiamo ai confini riconosciuti a livello internazionale lascia supporre l’intenzione di non mettere in discussione la sovranità di Kiev sull’intero territorio nazionale.
Infine la quarta tappa. Si propone un nuovo accordo multilaterale sulla pace e la sicurezza in Europa, nel contesto dell’Osce e della Politica di Vicinato dell’Unione europea. Di fatto, un riassetto degli equilibri internazionali, a partire dal rapporto tra Unione europea e Mosca. In questo quadro, vengono elencati una serie di priorità da definire: la stabilità strategica, il disarmo e il controllo degli armamenti, la prevenzione dei conflitti e le misure di rafforzamento della fiducia. Oggetto di mediazione, inoltre, anche la definizione di un delicatissimo aspetto postbellico: il ritiro delle truppe russe dai territori occupati. L’obiettivo è quello di riportarle quantomeno allo status quo ante il 24 febbraio 2022, data dell’invasione ordinata da Putin. Questo ritiro sarebbe progressivo, così come progressiva sarebbe la possibile revoca condizionata, parziale, graduale, proporzionale delle sanzioni nei confronti della Russia.
Lo stallo al fronte può favorire un primo passo verso i negoziati
di
Gianluca Di Feo
A gestire questa gigantesca mole di impegno diplomatico è il GIF, il Gruppo Internazionale di Facilitazione. L’Italia propone che ne facciano parte Paesi e organizzazioni internazionali, in particolare Onu e Ue. Non è definita una lista completa delle capitali che sarebbero coinvolte, perché l’idea è avanzare una proposta emendabile. Ma si parte dagli Stati che già alcune settimane fa erano considerati “arruolabili” allo scopo: Francia, Germania, Italia, Turchia, Stati Uniti, Cina, Canada, Regno Unito, Polonia, Israele. “Il GIF – è scritto in uno dei passaggi del documento illustrato da Di Maio a New York – favorirebbe attività di monitoraggio, il dispiegamento di contingenti di pace e l’istituzione di missioni di osservatori al fine di assicurare l’attuazione delle varie intese raggiunte dalle Parti con l’assistenza ed il sostegno internazionali”. Tra gli altri compiti di questa unità di contatto c’è il coordinamento multilaterale per gli aiuti e per il sostegno alla ricostruzione attraverso “una Conferenza di donatori”.
L’obiettivo di Roma, ha spiegato Di Maio a Guterres, è individuare “una soluzione giusta, equa, concordata tra le parti, basata sull’indipendenza e l’integrità territoriale dell’Ucraina”. E questo perché “uno dei limiti dei tentativi esperiti sinora è che essi, pur essendo importanti, sono iniziative isolate”. Meglio mobilitare diversi “partner internazionali in modo coordinato”. Si vedrà quanto la proposta italiana riuscirà a camminare sulle proprie gambe. Di certo, serve a posizionare Roma nella partita diplomatica. “L’Italia – sintetizza il ministro – spinge per una soluzione di pace, e l’Ue deve svolgere un ruolo di primo piano. Draghi su questo è stato netto: vogliamo che l’Ue scelga di essere protagonista”.