La questione dei porti del Mar Nero sta diventando uno snodo della guerra, cruciale per l’avvio di qualsiasi trattativa. Il blocco dei terminal paralizza le esportazioni ucraine e soprattutto quelle di grano, aumentando i timori di una crisi alimentare globale. Il Cremlino si è reso conto che questa partita è decisiva e ieri la flotta russa ha preso il largo dalle basi della Crimea. Due fregate armate di missili Kalibr si sono mosse in direzione di Odessa, mentre almeno cinque navi da sbarco hanno scelto una rotta più a sud. Secondo le immagini dei satelliti analizzate dal sito CovertShores altre unità di Mosca sarebbero in movimento.
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di
Gianluca Di Feo
Da almeno due settimane la flotta era ferma in Crimea, dove secondo alcune fonti avrebbe imbarcato nuovi equipaggiamenti per ostacolare i droni Bayraktar ucraini e soprattutto nascondere gli spostamenti delle navi alla ricognizione dei radar volanti della Nato, una presenza quotidiana nel Mar Nero. Durante gli attacchi di Kiev contro l’Isola del Serpente, bersagliata con incursioni di cacciabombardieri e di aerei telecomandati, nessuna delle unità maggiori è intervenuta: la guarnigione russa è rimasta praticamente senza protezione. Anche i lanci di missili contro Odessa negli ultimi giorni sono stati condotti soltanto dai sottomarini classe Kilo, che sono rimasti in immersione per sfuggire alla sorveglianza occidentale.
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di
Gianluca Di Feo
Impossibile prevedere se la sortita delle navi rappresenti l’ennesimo diversivo per impedire agli ucraini di spostare al fronte i reparti che presidiano Odessa. O se il Cremlino voglia inscenare una prova di forza più concreta. La partenza delle fregate Makarov ed Essen infatti è scattata mentre si infittiscono le voci sulla possibile consegna a Kiev di potenti missili anti-nave da parte americana. Gli Stati Uniti stanno valutando la possibilità di fornire sistemi in grado di colpire a oltre 250 chilometri di distanza, come gli Harpoon o gli NSM di produzione norvegese. Si tratta di armi molto sofisticate, progettate proprio per superare le difese delle navi russe. Il loro schieramento in Ucraina pone problemi di addestramento e tecnici: in particolare gli Harpoon andrebbero adattati all’impiego da terra mentre la Polonia dispone di batterie semoventi di NSM, che potrebbero essere trasferite più rapidamente. Rispondendo a una domanda, il portavoce del Pentagono non ha smentito che siano in corso colloqui con Kiev su questo aspetto.
L’eventuale arrivo in Ucraina di armi del genere obbligherebbe la flotta russa a rimanere lontanissima dalla costa: ogni azione di Mosca contro il traffico mercantile dovrebbe avvenire nel pieno delle acque internazionali. Ma quella statunitense appare più come una pressione per spingere il Cremlino ad accettare il negoziato sulle esportazione di grano, usando come deterrente la minaccia di consegnare missili tali da spezzare per sempre il controllo russo sulla parte occidentale del Mar Nero. In assenza di un accordo, neppure la presenza dei missili a lungo raggio renderebbe sicura la navigazione: i russi dispongono di almeno tre sottomarini e sono state segnalate numerose mine antinave, quasi tutte piazzate dagli ucraini. Mosca però potrebbe cercare di rispondere all’iniziativa americana con un’operazione navale contro le infrastrutture portuali ucraine. Per questo i nuovi movimenti della flotta stanno creando grande preoccupazione.