PALERMO – Alla vigilia del trentennale della strage di Capaci la polemica sulla campagna elettorale in corso a Palermo fa irruzione nelle commemorazioni. L’occasione è l’intervista rilasciata sul palco del Foro Italico di Palermo da Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso il 23 maggio 1992 con la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Dicillio e Antonio Montinaro, al direttore di Repubblica Maurizio Molinari e al capo della redazione di Palermo Carmelo Lopapa nell’ambito di “Repubblica della memoria”: “Questa terra – dice Maria Falcone, ricevendo un lungo applauso – ha avuto una politica collusa. Non si può permettere che un candidato politico di qualsiasi corrente abbia come sponsor un personaggio il cui passato non sia adamantino. Totò Cuffaro e Marcello Dell’Utri hanno scontato la pena. Ma non sono adamantini e limpidi”.
Falcone e Borsellino: 30 anni dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio il nostro debito resta intatto
di
Lirio Abbate
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Carlo Bonini
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Massimo Norrito
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Salvo Palazzolo
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Isaia Sales
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con l’introduzione di Maurizio Molinari
Il riferimento a Cuffaro e Dell’Utri non è casuale: l’ex presidente della Regione Sicilia condannato per favoreggiamento di Cosa nostra e l’ex senatore forzista che ha appena finito di scontare 7 anni per concorso esterno hanno indicato il candidato sindaco di centrodestra Roberto Lagalla, che siede in platea e ascolta a testa china le parole della sorella del magistrato. La questione diventa un po’ il refrain del dibattito: sul palco si alternano il regista Pif e la scrittrice Stefania Auci, l’ex procuratore nazionale Antimafia Pietro Grasso e il capo della Procura di Messina Maurizio de Lucia, gli attori Leo Gullotta e Salvo Piparo, il vicesegretario del Partito democratico Peppe Provenzano e l’ex ministra forzista Stefania Prestigiacomo, ma l’ombra del ruolo dei due condannati nelle elezioni comunali palermitane aleggia sul dibattito. “Sono tornati protagonisti alcuni personaggi che meritavano di essere accantonati – attacca Provenzano – C’è un modo per evitare le polemiche: dire con chiarezza “noi non prendiamo i voti dei mafiosi e dei loro amici”. Se abbassiamo la soglia di ciò che riteniamo censurabile sul piano politico commettiamo un errore”.
La politica, ovviamente, non è però l’unico tema della manifestazione condotta da Conchita Sannino. Tutti ricordano il 23 maggio come la data che ha stravolto la vita dei siciliani: da Pif all’astronauta Luca Parmitano, che interviene con un videomessaggio. “Forse – dice quest’ultimo – trent’anni fa la criminalità era vista come una strada possibile. Mi piace pensare che questa mentalità sia venuta a cadere”.
Maria Falcone, presidente della fondazione che porta il nome del fratello, si fa accompagnare sul palco da Lorenzo Bourelly, un bambino di Portici, in provincia di Napoli, che a 10 anni ha chiesto il viaggio in Sicilia per le commemorazioni come regalo per la Prima comunione. “Lorenzo – spiega – ci ha fatto comprendere che andando nelle scuole a fare esercizio di memoria permettiamo ai ragazzi di comprendere che Giovanni e Paolo erano anche due uomini che lottavano per la democrazia in questo Paese. Hanno evitato che la mafia potesse vincere anche con la loro morte”.
Ecco, è questo il punto: “Paolo Borsellino – ricorda il vicedirettore di Repubblica Carlo Bonini – diceva sempre che la mafia detesta che se ne parli. L’ombra e l’omertà sono il contesto in cui le mafie si sviluppano. Non possiamo dire che il giorno dell’uccisione di Borsellino sia stato il giorno in cui è stata sconfitta la mafia, ma in questi vent’anni sono stati fatti diversi passi avanti”.
“Il vaccino della lotta alla mafia – aggiunge il direttore de L’Espresso Lirio Abbate – va continuamente cambiato. Dobbiamo essere vigili”. Anche perché una parte della verità, secondo Grasso, non è ancora emersa: “In via D’Amelio c’erano persone ben vestite che si aggiravano in mezzo alla devastazione. Perché non vi mostrate?”. Oggi alle 10 il presidente Mattarella parteciperà alla commemorazione della strage di Capaci.