MASPALOMAS – Un centro commerciale vecchiotto, con un dinosauro nell’insegna e ampio uso di cemento armato per costruire i vari livelli e la piazza centrale. Al Yumbo center di Maspalomas, nel sud di Gran Canaria, l’isola spagnola dove il vento soffia sulle spiagge la sabbia del Sahara, è capitato quello che gli infettivologi definiscono “evento di amplificazione”. Una cosa da manuali di epidemiologia.
Circa 80 mila persone dal 5 al 15 maggio hanno partecipato a una festa non stop, giorno e notte. Tra loro c’era almeno un portatore del vaiolo delle scimmie, il virus che si trasmette in tanti modi, teoricamente anche attraverso le vie respiratorie, ma soprattutto con il contatto fisico stretto. Quando la musica allo Yumbo Center si è spenta definitivamente, oltre quattro partecipanti su cinque sono tornati a casa, cioè nella Spagna continentale oppure in Italia, Belgio, Germania, Francia, o ancora nei Paesi del Nord Europa. Alcuni erano stati infettati. Ad esempio, tutti i sei positivi individuati dallo Spallanzani di Roma sono passati da qui o hanno incontrato qualcuno che c’era stato. L’incubazione dura anche tre settimane e quindi nel mondo saranno diagnosticati altri casi della malattia, per fortuna non particolarmente violenta.
Il vaiolo delle scimmie, lo dicono gli esperti ormai da venti giorni, cioè dal primo caso scoperto il 7 maggio, può contagiare chiunque e ovviamente se un positivo partecipa a una grande festa le probabilità di creare uno o più cluster aumentano. E a Maspalomas c’è stato un evento molto partecipato, la ventesima edizione del “Gay pride” invernale. Del resto, questa è considerata la meta europea più importante per il turismo Lgbtq+. Non c’è periodo dell’anno in cui le centinaia di albergoni e affittacamere che imbruttiscono questa terra selvaggia, punteggiata da palme e piante grasse, restano vuoti. Giusto maggio è bassa stagione e per questo o si decise di organizzare un evento che attirasse i visitatori.
È impossibile dire dove sono stati i primi casi di vaiolo nel nostro continente, ma tanti di quelli che si stanno scoprendo in Europa, oltre 150, dei quali 12 in Italia, sono partiti da Gran Canaria. Visti i numeri però è impossibile per le autorità sanitarie riannodare tutti i fili, individuare contatti e persone a rischio tra coloro che erano sull’isola. Si aspetta che chi scopre di avere vesciche o bolle si presenti dal medico. Ieri la Spagna aveva il numero più alto di positivi, 84. Di questi, spiega dalla “Consejeria de sanidad” di Las Palmas, la capitale dell’arcipelago, sei vivono alle Canarie e quattro sono stati al pride. Per quanto riguarda i contatti con l’estero, per avvertire del rischio epidemico i Paesi dei partecipati alla manifestazione, l’autorità sanitaria locale, guidata da Blas Trujillo, rimanda a Madrid: “Sono loro ad occuparsene”.
Tra i negozi dello Yumbo Center e nella comunità gay locale, composta soprattutto da stranieri che hanno scelto di vivere in questo pezzetto d’Europa al largo delle coste africane, circolano due paure. Quella dello stigma per gli orientamenti sessuali e quella di una ricaduta sul business del turismo. “Abbiamo una lunga e importante storia di difesa della libertà e degli atteggiamenti “love-positive”. Ma libertà non significa libertà dalla responsabilità, bensì dalla disinformazione e dalla discriminazione”. Edward Timon, inglese, è uno di quelli che hanno deciso di vivere a Gran Canaria, dove è arrivato olte dieci anni fa. È un attivista della comunità gay e fa l’editore di un sito di informazioni. Seduto al bar Diamond dello Yumbo Center, spiega perché è necessario parlare dei casi di monkeypox e non nascondere niente. Ha appena discusso delle prospettive turistiche con alcuni proprietari di locali. “Sono preoccupati, come tutti qui, perché quello che sta succedendo può mettere in cattiva luce la nostra Maspalomas”. E invece non è giusto che succeda, dice sempre Timon, perché “la comunità Lgbtq+ non deve temere di affrontare il problema, che può capitare a chiunque. Tra l’altro è molto meglio educata riguardo ai comportamenti per prevenire le malattie sessualmente trasmissibili, rispetto agli etero”.
Questa volta però qualcosa non ha funzionato, sempre secondo un’altra persona che ha lasciato il suo Paese, l’Olanda, per vivere a Maspalomas. Andre van Wanrooij è anche un politico ma soprattutto è membro dell’associazione “Glay” dello Yumbo Center che, sotto la sua presidenza, ha organizzato il pride fino a qualche anno fa. Anche lui è seduto a un tavolino di un bar del centro commerciale. Ordina una tisana mentre osserva i camerieri servire gli aperitivi ai turisti appena rientrati dalla spiaggia nel grande spazio pieno di bar, ristoranti e negozi di souvenir. “Noi insieme a un’altra associazione davamo gratis i preservativi, facevamo informazione sulla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili in più lingue, organizzavamo incontri, assicuravamo assistenza sanitaria. Tutto questo non c’è più e anche se non si sapeva dell’arrivo del vaiolo delle scimmie, comunque comportamenti più attenti sarebbero serviti a prevenire anche quella malattia. Purtroppo, né il servizio sanitario locale pubblico, che si interessa solo dei cittadini spagnoli, né i nuovi organizzatori si sono impegnati a lavorare sulla prevenzione”.
In effetti dalla “Consejeria de sanidad” sul punto, eloquentemente, non rispondono. E invece c’è bisogno di sensibilizzare la comunità. “Penso ai giovani – spiega van Wanrooij – Dobbiamo insegnargli i principi del sesso sicuro e dell’igiene. Non bisogna mai stancarsi di spiegare, anche a costo di essere ripetitivi. Questo virus può colpire chiunque ma adesso sta interessando molti di noi. Non lasciamo le nuove generazioni senza informazione”.