Ministro Dmytro Kuleba, qual è per voi la soluzione migliore per sbloccare l’esportazione del grano ucraino?
“Lanciare un’operazione internazionale nel Mar Nero con l’aiuto di Paesi amici disponibili a inviare le loro navi per sminare le acque e scortare il passaggio dei cargo commerciali, a cominciare da quelli di Odessa. Si può fare solo con un impegno formale della Russia a non usare il corridoio per attaccarci”.
E’ l’ipotesi di cui hanno parlato al telefono Scholz, Macron e Putin. Vi fidate dei russi?
“No, nessuno si può fidare dei russi. Bisogna stare molto attenti, per questo non ci basta la garanzia unilaterale del Cremlino. Servono Paesi terzi che si prendano la responsabilità di far rispettare l’accordo. Ci va bene anche l’intervento delle Nazioni Unite. Il nostro primo interesse è che il nostro frumento arrivi alle nazioni che ne hanno bisogno”.
“Putin sblocchi i porti ucraini”: il pressing finale della Ue sul grano
dalla nostra corrispondente
Anais Ginori
A che punto è la trattativa su questo?
“In fase avanzata. Siamo in contatto sia con l’Onu sia con gli Stati garante”.
Quando vedremo i cargo salpare da Odessa?
“E’ una corsa contro il tempo. Per evitare conseguenze disastrose, lo sblocco dei porti deve avvenire entro due settimane al massimo. Naturalmente, la migliore opzione sarebbe la fine della guerra, ma Putin non vuole”.
A quali condizioni ripartirà il negoziato di pace?
“Noi non poniamo condizioni specifiche e non abbiamo nulla in contrario a ritornare al tavolo, vogliamo solo che i delegati russi dimostrino di avere reale intenzione di trattare. Putin, invece, sa solo dare ultimatum. Guardate quel che sta accadendo: l’invasione del Donbass è brutale, nelle regioni di Kherson e Zaporizhzhia portano avanti l’annessione dei territori occupati e sparano missili sulle città. Se vuoi negoziare veramente non ti comporti così”.
Secondo alcune indiscrezioni, il presidente Zelensky è pronto a un colloquio con Putin alla presenza del presidente turco Erdogan. Conferma?
“Al momento non c’è questa possibilità. Quel che è vero è che Erdogan sta giocando un ruolo importante nei negoziati di pace e farà un altro giro di conversazioni con Zelensky e con Putin, separatamente”.
Perché la Turchia ha assunto il ruolo di playmaker?
“Dal 24 febbraio l’Ucraina accoglie con favore ogni iniziativa di mediazione avanzata da Paesi esteri. Tra tutti, la Turchia ha ottenuto di più organizzando il vertice delle due delegazioni a Instanbul. Molti hanno provato, Erdogan c’è riuscito. Puntiamo molto su di lui”
Il sottile filo della trattativa Garanzie Onu e navi europee per sminare il Mar Nero
di
Anais Ginori
,
Tommaso Ciriaco
La proposta italiana è stata rigettata da Mosca e da Kiev. Cosa non andava?
“Tutte le proposte sono benvenute, ma a una condizione: l’integrità territoriale dell’Ucraina deve essere il presupposto base. Oltretutto, il clamore mediatico attorno al Piano italiano non ha aiutato, ma questa è una mia opinione personale. In ogni caso, l’Italia è sincera. Ci sono invece Paesi che fingono di essere interessati alla mediazione solo per trovare una scusa per mantenere relazioni dirette e amichevoli con Putin. Ecco, le loro proposte non sono benvenute”.
Di quali Paesi sta parlando?
“Preferisco essere diplomatico, almeno su questo…”
Siete in contatto con i combattenti dell’Azovstal detenuti nella Repubblica separatista di Donetsk?
“Siamo in contatto coi russi, lavoriamo per far tornare i nostri soldati a casa. Ci risulta che siano trattati adeguatamente”.
I filo-russi del Donbass vorrebbero un processo stile Norimberga. Se lo faranno, sarà l’ostacolo definitivo al negoziato di pace?
“Ogni guerra finisce con la pace. Da un punto di vista ideale, niente deve rovinare il negoziato e bisogna lasciare sempre uno spazio per trattare. Quel processo, se decideranno di farlo, complicherebbe tutto”.
C’è chi ritiene che Gran Bretagna e Stati Uniti non siano realmente interessati al cessate il fuoco e che preferiscano un conflitto lungo termine che indebolisca il più possibile la Federazione Russa.
“In Occidente ci sarà sempre chi ritiene che per stare tranquilli bisogna abbracciare e baciare Putin, concedendogli tutto ciò che pretende. Qualcuno, per pensarlo, è pagato dal Cremlino. Altri invece sono intellettualmente dipendenti dalla Russia e non riescono ad ammettere che, oggi, non stiamo trattando con Pushkin, Tchaikovsky o Dostoevskij ma con chi uccide i nostri bambini e stupra le nostre donne. Non credo affatto che Usa e Gran Bretagna preferiscano la guerra, anzi, apprezziamo tanto il loro aiuto”.
Come sono le relazioni con l’Italia?
“Il ministro Luigi Di Maio in questi mesi ha dimostrato di essere un politico capace e che rispetta gli impegni. Zelensky ha un rapporto ottimo con il premier Draghi, il quale a sua volta ha capito che l’Europa sarà al sicuro solo se l’Ucraina vincerà la guerra”.
A Davos si tratta sul grano di Odessa, ma il primo ostacolo è il porto minato
dalla nostra inviata
Tonia Mastrobuoni
Mentre parliamo è in corso il Consiglio europeo e il sesto pacchetto di sanzioni, che comprende il bando al petrolio di Mosca, non è ancora stato formalmente approvato.
“Sarebbe davvero imbarazzante se non lo facessero. Vorrebbe dire che Putin è riuscito nel suo intento di spaccare l’Unione Europea”.
Alcuni governi, ad esempio quello ungherese, hanno dubbi perché rinunciare al petrolio russo potrebbe portare alla crisi economica. Cosa risponde?
“Credo che rompere la dipendenza dal petrolio e gas della Russia sia interesse dell’Ue, perché Putin ha dimostrato di poter usare queste risorse come arma di pressione e, tra l’altro, ve le sta facendo pagare il doppio. Con gli introiti finanzia l’invasione. A chi pensa che il bando sia impossibile, chiedo: non avevate detto di voler rispettare la ‘green agenda’ e passare allo sfruttamento di risorse ecosostenibili? L’ipocrisia si può risolvere con le sanzioni a Mosca”.
Il sostegno europeo all’Ucraina è solido come all’inizio del conflitto?
“Sì. E’ vero, però, che alcune voci si sono indebolite perché c’è chi si è abituato a questa guerra. Noi ucraini, però, non ci possiamo proprio abituare”.
Dopo le sanzioni sul petrolio russo, cosa chiedete?
“L’obiettivo è mettere l’economia russa in ginocchio, così da impedire a Putin di pagare le armi e l’esercito. E’ un Paese che dipende molto dalle sue esportazioni, principalmente via mare, quindi chiediamo che venga colpita l’industria delle spedizioni all’estero e che siano bloccate tramite sanzioni le esportazioni di gas, ferro ed energia nucleare in Europa”.
Si rende conto che l’impatto economico per alcuni Paesi sarà enorme?
“Ci saranno delle conseguenze, ma non così devastanti. E’ il prezzo che bisogna pagare per fermare il conflitto. Per attenuare l’impatto globale, in una prima fase si può decidere di escludere alcuni beni essenziali”.
In Donbass i soldati ucraini con cui abbiamo parlato si lamentano di non aver ricevuto ancora tutte le armi promesse dai Paesi partner. Com’è la situazione?
“Colgo l’occasione di quest’intervista per chiedere all’Occidente, ancora una volta, di mandarci il più possibile i cannoni da 155 millimetri di calibro e i sistemi multipli di lanciamissili”.
Zelensky studia il piano di pace italiano: “Apprezziamo il sostegno di Roma”
dal nostro inviato
Fabio Tonacci
Risulta che la Germania sia in ritardo nella consegna.
“Ci sono Paesi da cui aspettiamo la consegna e Paesi per cui ci siamo stufati di aspettare. La Germania appartiene al secondo gruppo”.
Zelensky ha detto che non sarete in grado di riconquistare il Donbass e la Crimea. Vi state preparando a perdere le due zone?
“Non le perderemo. Zelensky ha solo detto che è meglio riconquistarle attraverso la via diplomatica per evitare perdite umane indicibili. La nostra strategia è recuperare tutto ciò che possiamo per via militare, e il resto per via diplomatica. L’equilibrio tra le due vie va ancora trovato”.
State preparando la controffensiva in Donbass e a Kherson?
“Se avessimo avuto le armi dell’Occidente in tempo, avremmo già liberato Kherson e altre zone. Un giorno o l’altro lanceremo la controffensiva. Siamo in guerra con un Paese che ha un presidente che ci odia e non vuole che esistiamo. Non ci arrenderemo mai”.