Accerchiata dai media, tv e social non parlano d’altro. È come se tutta la città le avesse puntato il dito addosso, il mondo intero sa che è stata lei, domenica notte, a lanciare quella bottiglia di acido addosso alle due sorelle di 17 e 24 anni. Si sente in trappola, c’è chi le dà il consiglio giusto: «Vuoi che le due ragazze non ti abbiano riconosciuto? Se fanno il tuo nome, visto che sono rimaste sfregiate, verranno ad arrestarti per evitare che tu fugga». E lei ci pensa su una notte intera. Ieri mattina, proprio quando gli agenti della squadra mobile stanno per recarsi a casa sua per prelevarla, si presenta in questura con tanto di avvocato. «Sono stata io a lanciare l’acido contro Elena e Federica. Quello che vi hanno raccontato è vero». Dopo un lungo interrogatorio viene fermata per violenza privata e deturpazione permanente, ossia “deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso”, condanna che varia tra otto a quattordici anni di reclusione. Si chiama Francesca, ha 22 anni, è la zia delle due sorelle e sorellastra della loro madre per parte di padre.
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di
Marina Cappitti
È l’autrice del raid messo a segno con cinque amici (di cui due ragazze) che per ora non sono stati identificati. Cuore gelido nel colpire due donne più o meno coetanee rischiando danni ben più gravi di quelli che sono stati effettivamente riscontrati dai medici. E soprattutto portatrice di un movente non di camorra o criminalità comune, men che meno movida violenta o spedizione punitiva contro conoscenti. Perché secondo quanto è stato raccontato dalle vittime, tutto accade all’interno della famiglia allargata delle due sorelle e al centro di liti e tensioni ci sarebbero difficili rapporti familiari tra il nonno e le sue tre figlie, vecchie storie di abusi che avrebbero incrinato i rapporti tra i parenti. Fino a condurre a liti violente durante le quali, in due occasioni, la zia Francesca sarebbe stata malamente picchiata dalle due nipoti Elena e Federica. Rancori di famiglia puntualmente trasferiti sui social. Domenica sera, ad esempio. Facebook registra il post di Elena alle ore 23.58. «Lingua lunga ma di bugie», e tanti emoticon che piangono per le risate. Subito sotto una foto con la scritta: «Peggio della bugia che ha le gambe corte c’è l’invidia che ha la lingua lunga».
Messaggi messi in rete un’ora e venti minuti prima dell’aggressione in corso Amedeo di Savoia. C’è un riferimento a qualcosa o a qualcuno? E ancora: « Quello che odiano di te è perché manca a loro», «Sputano veleno perché c’è merda nella loro vita». La sorella Federica nel giorno del suo compleanno fa gli auguri a Elena e scrive: «Auguri sorella mia, solo noi sappiamo, se avrai torto o ragione io sarò dalla tua parte sempre!». Un segreto pesante che le due sorelle condividono. Un segreto che lega le due ragazze ma anche l’intera famiglia ed è motivo di astio. Segreto che conosce anche la ragazza del raid, la loro zia Francesca che, in sella a uno scooter guidato da un amico e scortata da altri due motorini con due coppie in sella piomba in corso Amedeo di Savoia per lanciare la bottiglia di acido che ferisce le due sorelle sulle guance e sulle braccia.
Lesioni non gravissime — ma ci vorrà l’intervento del chirurgo plastico — che però fa ipotizzare ai magistrati coordinati dall’aggiunto Raffaello Falcone la deturpazione permanente. A questo punto rientra nell’indagine anche l’incendio doloso della Smart delle due sorelle avvenuto tre settimane fa, episodio da inquadrare nel clima di tensione familiare con un crescendo di messaggi violenti fino allo sfregio di domenica notte. Messaggio ben compreso dalle due sorelle, che appaiono sempre unite contro il mondo, che reagiscono con i messaggi su Facebook come a sbeffeggiare quelli che considerano gli autori del gesto. Persone a loro vicine e parte della stessa famiglia che dunque non hanno motivo di temere oltre un certo limite. Perché sanno di parlare alla zia.
Ma il livello dello scontro si alza fino a condurre all’episodio dell’acido. Un raid destinato alla più grande, Elena, madre della bimba di due anni, ma che coinvolge anche la sorella Federica. E un brutto spavento con quei segni sul volto a causa dell’acido. Di qui la decisione di raccontare l’accaduto alla polizia ben sapendo chi erano stati gli autori. Il messaggio viene recepito dalla responsabile che si presenta in questura con l’avvocato. Avrebbe però dovuto essere un interrogatorio breve, che invece si dilunga fino a sera. Gli inquirenti devono infatti decidere se fermare o meno la ragazza e con quale accusa. Infine decidono per il carcere. E oggi in prefettura il Comitato per l’ordine e la sicurezza annunciato ieri dal sindaco Manfredi per i molti episodi di criminalità delle ultime settimane.