Mario Draghi, un premier un po’ più politico

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È ormai difficile trovare qualcuno disposto a credere che oggi (mercoledì 20 luglio) al Senato o domani (giovedì 21 luglio) alla Camera Mario Draghi uscirà di scena. Tutto concorre a trattenerlo alla guida del governo per l’ultimo tratto di una legislatura tormentata e quasi esaurita. I partner dell’Italia in Europa e Usa, i grandi giornali occidentali, i centri economici e finanziari… L’elenco di chi invoca Draghi è lungo e tutti lo conoscono. Sul piano interno, la maggioranza parlamentare non è mai venuta meno: si è però disgregata la fazione Cinque Stelle. Cosa manca allora per considerare chiusa questa crisi estiva?

Crisi di governo, il ruolo di Draghi e cosa significa contare in Europa

di
Claudio Tito

19 Luglio 2022

Manca di sapere come verrà ricomposta la frattura tra il premier “tecnico”, e tuttavia chiamato a un ruolo di equilibrio divenuto via via molto politico, e una coalizione frastagliata che solo per convenzione si definisce di “semi unità nazionale” (e sembra l’omaggio che il vizio rende alla virtù). È evidente che il primo interesse di Draghi consiste nel mantenere intatto il profilo di intransigenza e serietà che è alla base della sua reputazione internazionale. E non è un interesse personale, ma – diciamo così – istituzionale: nel senso che il credito del presidente del Consiglio sulla scena del mondo coincide oggi con il credito dell’Italia. E viceversa.

Il problema è che nel momento in cui accetta, come è giusto, di confrontarsi con il Parlamento in un dibattito destinato a sfociare nel voto di fiducia, il premier deve conciliare aspetti diversi. Da un lato, la coerenza con la sua storia e ciò che egli rappresenta nel Paese e nell’Unione europea. Dall’altro, le esigenze dei partiti che si fanno sentire stavolta in forma alquanto netta. Il riferimento non è tanto a Conte e ai 5S ridotti a brandelli, poiché l’avvocato sembra aver concluso la sua parabola sia che vada all’opposizione sia che alla fine voti la fiducia attraverso la solita giravolta trasformista. Sono le altre forze politiche a premere su Draghi, al quale si richiedono appunto doti di equilibrio che vanno al di là di una mera identità “tecnica”.

Lo dimostra la piccola gaffe dell’incontro con Letta che ha provocato l’ovvia irritazione del centrodestra e il colloquio riparatore in serata. Sono la spia dei problemi politici affioranti. Si capisce che il segretario del Pd veda con inquietudine il dissolvimento dei 5S e speri di recuperare Conte. Lo stesso Draghi aveva parlato all’inizio della crisi di una maggioranza impossibile senza il movimento. Poi ci sono state le scissioni ed è emerso un quadro nuovo. Ma un discorso del premier troppo duro nei confronti dei “contiani” e delle loro richieste metterebbe in difficoltà Letta con l’ala sinistra del Pd che ancora guarda all’alleanza con il M5S.

Crisi governo, Draghi al Senato con due discorsi: pronto ad andare avanti ma deciderà solo dopo aver ascoltato Salvini e 5S

di
Stefano Cappellini

19 Luglio 2022

Sull’altro versante questa operazione è stata notata e dunque Berlusconi e Salvini si sono mossi per contrastarla. Sarebbe per loro un’autentica Waterloo assistere al lento scivolare di Draghi verso l’area di centrosinistra. Ipotesi non inverosimile, nel senso che Letta dispone solo di questa carta per mascherare la disfatta del campo largo.

Ecco allora la sensibilità e l’equilibrio di cui Draghi deve dar prova. Dopo il voto di fiducia nascerà di fatto un altro governo, a seconda di come andrà il passaggio parlamentare: forse un po’ meno “tecnico” e un po’ più politico. La bravura di Draghi fin da oggi consisterà nel restare fedele alla propria immagine in politica estera e interna, rispettando al tempo stesso i partiti della sua maggioranza. Anche nelle loro contraddizioni e limiti.

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