Pd-5S corrono divisi? A FI-Lega-FdI il 70% dei collegi

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MILANO – La mancata alleanza tra Pd e M5S “potrebbe consentire al centrodestra di prevalere in circa il 70 per cento dei collegi uninominali di Camera e Senato”. I collegi blindati, o perlomeno quasi sicuri per il centrosinistra, sono confinati in una parte della cosiddetta “zona rossa” di antica memoria (Emilia-Romagna, Toscana) e nelle grandi città (Milano, Torino, Genova, Roma, Napoli). Nel resto d’Italia dem e soci rischiano il cappotto: il report elaborato dall’Istituto Cattaneo prefigura scenari foschi per il centrosinistra.

Il contesto, intanto. Considerando le medie di tutti i sondaggi pubblicati in questo mese, ai tre partiti di centrodestra (FdI, Lega, FI) viene attribuito circa il 46 per cento delle intenzioni di voto sul piano nazionale (ottennero il 50 per cento dei consensi alle Europee; sembra aver perso qualche punto percentuale a favore del movimento Italexit di Gianluigi Paragone); al complesso dei soggetti di centrosinistra viene accreditato di circa il 36 per cento delle intenzioni di voto (avevano preso il 30 per cento alle Europee); al M5S circa l’11 per cento (aveva ottenuto il 17 per cento). Con questa legge elettorale però la percentuale del centrodestra può arrivare a valere il 60 per cento dei seggi. Infatti un fronte che mette assieme Pd, Azione, l’Alleanza verdi sinistra (presentata ieri, Sinistra italiana più Europa verde) e Insieme per il futuro, senza il partito di Giuseppe Conte, farebbe molta fatica sia nella quota proporzionale che nel maggioritario, cioè nei collegi. In questi ultimi, su 147 seggi alla Camera, solo 42 andrebbero al centrosinistra; su 74 al Senato, invece, solo 18. In pratica, il 70 per cento dei seggi del maggioritario sono appannaggio del centrodestra. 

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Anche per il M5S nella sua corsa solitaria a questo giro andrebbe non male, ma peggio: zero seggi alla Camera, zero al Senato, sempre per la quota maggioritaria. Il risultato, a questo punto, sarebbe scontato: “FdI, Lega e FI otterrebbero una confortevole maggioranza assoluta di seggi sia alla Camera che al Senato” – cioè tra il 57 e il 58 per cento dei seggi nelle due aule – scrivono Salvatore Vassallo e Rinaldo Vignati. Ulteriore annotazione degli autori: “Dai nomi di chi sarà collocato in posizioni più o meno sicure si capirà, ad esempio, quanto è ampia la delega di cui dispone Enrico Letta nel Pd per creare un gruppo parlamentare in sintonia con la sua agenda o quale sarà il grado di continuità/innovazione che Giorgia Meloni imprimerà rispetto al nucleo originario di Fdi oggi prevalente”.

Altra elaborazione interessante, quella di YouTrend con Cattaneo Zanetto. Qui si sono ipotizzati tre diversi scenari per il centrosinistra. Opzione uno, il “fronte progressista”: Pd, M5S e Allenza verdi sinistra. Quindi senza i partiti di centro. In questo caso il centrodestra vincerebbe 221 seggi su 400 alla Camera e 108 su 200 al Senato, ottenendo la maggioranza assoluta. Sul fronte collegi uninominali: il centrosinistra ne vincerebbe 48 alla Camera e 25 al Senato. I centristi si fermerebbe a zero seggi per la quota maggioritaria. Secondo scenario, quello che al momento sembra il più probabile sul piano politico. Ovvero Pd, Azione, Alleanza verdi sinistra e Insieme per il futuro, più anche Italia Viva. In tal caso il centrodestra arriverebbe ad avere una maggioranza ancor più ampia, sfiorando il 60 per cento dei seggi: 240 alla Camera e 122 al Senato. Un risultato simile a quello a cui è arrivato l’Istituto Cattaneo. Nei collegi si prevede una Caporetto: per il centrosinistra sarebbero solo 27 alla Camera e 12 al Senato. C’è poi la terza possibilità, ovvero il campo largo immaginato da Enrico Letta prima di rompere con i 5 Stelle, una grande alleanza da Carlo Calenda a Giuseppe Conte. A quel punto il centrosinistra formato extra large potrebbe mettere in difficoltà la nascita di un governo di centrodestra, che si fermerebbe a 202 deputati e 99 senatori.

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Dopodiché sia l’istituto Cattaneo che un ulteriore sondaggio a cura di Izi, analizzano il voto dei 5 Stelle. Il 33 per cento del 2018 è un lontano ricordo, e lo si sapeva. Ma dove andranno a finire i voti di allora? Secondo la fondazione bolognese, “possiamo ora attenderci lo spostamento di circa un terzo degli elettori che nel 2019 hanno votato per il M5S verso il centrosinistra o verso l’astensione”. Per la società di indagini demoscopiche Izi, la rilevazione effettuata è del 25 e 26 luglio, il 42 per cento conferma la preferenza al Movimento; il 14 per cento è indeciso, il 12 per scelto virerà sul Pd, l’11 verso FdI, il 10,5 si asterrà e un altro 10 per cento seguirà Luigi Di Maio con la sua lista Ipf. “L’emorraggia del M5S non agevola né la destra né la sinistra, è bene che i partiti, tutti, ne tengano conto. Il dato interessante – spiega Giacomo Spaini, amministratore delegato di Izi – è che in questo flusso verso le altre forze politiche non entrano Lega, Italia Viva né Azione di Carlo Calenda. Le coalizioni, in questo momento, pescano nell’elettorato 5 Stelle a piene mani ma possiamo dire che gli elettori del Movimento restano tra il 10 per cento e il 15, superando l’intenzione di voto analizzata in questi giorni”.

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