Telefonata Biden-Xi: due ore di colloquio, ma resta la tensione su Taiwan

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NEW YORK – «Chi gioca col fuoco finisce per bruciarsi»: il presidente cinese Xi Jinping avrebbe ammonito così l’omologo americano Joe Biden nel corso della lunga chiamata che ha visto i leader dei due Paesi impegnati in un fitto colloquio durato ben 2 ore e 17 minuti. Almeno così la racconta la tv di Stato cinese Cctv, la prima a commentare quel colloquio descritto come “approfondito scambio di vedute” e iniziato quando a Washington erano le 8.33 del mattino e terminato alle 10.50, quando a Pechino era ormai scesa la notte, costringendo President Biden a tenere in ritardo pure il suo discorso sull’economia.  

L’ira cinese per la visita di Pelosi a Taiwan: “Pronti a mandare i caccia”. Domani telefonata Biden-Xi

dalla nostra inviata
Anna Lombardi

27 Luglio 2022

«La telefonata è parte dei nostri sforzi per mantenere e approfondire le comunicazioni fra Stati Uniti e Cina, gestire responsabilmente le differenze e lavorare insieme lì dove i nostri interessi si allineano» scrive la Casa Bianca nella nota pubblicata subito dopo. Quinto colloquio fra i due da quando Biden è stato eletto – ma in passato si erano già incontrati ben 11 volte – parte di uno sforzo comunicativo mai interrotto. Se i due presidenti si erano infatti sentiti l’ultima volta a marzo, poco dopo l’invasione russa dell’Ucraina, il consigliere per la Sicurezza Nazionale Jack Sullivan ha incontrato il capo della diplomazia, Yang Jiechi a Lussemburgo in giugno dopo averlo visto a Roma a marzo. E di recente il segretario di Stato Antony Blinken, ha dialogato con l’omologo cinese Wang Yi, a margine del G20 di Bali. 

Un confronto, quello di ieri, organizzato in gran fretta soprattutto per stemperare le tensioni scaturite dalla possibile visita, non ancora confermata ma nemmeno smentita, della Speaker della Camera Nancy Pelosi sull’isola di Taiwan che ha fatto infuriare il Dragone al punto di minacciare una possibile risposta militare e addirittura l’uso di caccia, non si sa bene se per “scortarla” a Taipei o addirittura respingerla. Tanto che il Pentagono, pur affermando di non ritenere probabile un attacco, ha comunque fatto sapere di essere pronto ad aumentare le forze nell’area indopacifica se proprio Pelosi insisterà per andare. Sì, perché Biden non è affatto contento della visita asiatica programmata dalla sua pur stretta alleata – che ha fra l’altro esteso l’invito a membri bipartisan del Congresso – e secondo Cnn ha chiesto proprio a Sullivan di fare pressioni, garbate e riservate, affinché Pelosi rinunci almeno per ora alla rischiosa tappa (prima visita americana di così alto livello in 25 anni) senza però apparire deboli agli occhi della Cina.  

La Cina avverte gli Stati Uniti: “Basta armi a Taiwan o ci difenderemo”

di
Gianluca Modolo

18 Luglio 2022

I due leader hanno discusso anche della guerra in Ucraina, dove la prima nave carica di grano aspetta un via libera che ad ora non è ancora arrivato. E della sempre aperta questione della competizione tecnologica e commerciale fra i due Paesi, hanno giudicato «franca» la conversazione, ripromettendosi di «restare in contatto». Che poi era l’obiettivo, tutt’altro che modesto, degli americani: «In questo momento è essenziale tenere aperte le linee di comunicazione con Pechino» aveva infatti detto poche ore prima il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby. Convinto che l’aggressiva reazione cinese al possibile viaggio di Pelosi sia dettata soprattutto dalla necessità di aprire un fronte esterno e far così dimenticare ai cinesi i problemi interni: il drammatico rallentamento dell’economia e il fallimento delle misure anti Covid che stanno portando a nuovi lockdown, perfino in quella Wuhan dove tutto è iniziato. 

Xi, di certo, non l’ha mandata a dire. E pur sottolineando che «è un errore di valutazione ritenerci avversari, dobbiamo promuovere più cooperazione bilaterale», ha affermato con fermezza che «la questione Taiwan è chiara, entrambe le sponde dello Stretto di Taiwan appartengono a una sola e unica Cina, ribadendo la sua «opposizione al separatismo» dell’isola e «all’interferenza di forze esterne». Biden, come ampiamente annunciato, ha assicurato che la posizione degli Stati Uniti sul principio dell’unica Cina «rimane la stessa e non cambierà», affermando che gli Stati Uniti non sostengono «l’indipendenza di Taiwan» e però sottolineando: «Ci opponiamo a qualunque sforzo unilaterale di cambiare lo status quo e minare la pace». Cercando forse di riparare al tono minaccioso che di recente gli è scappato più volte, come quando ha detto «se la Cina si comporterà con Taiwan come Putin con l’Ucraina, non resteremo a guardare»: affermazioni poi sempre ridimensionate e corrette dal suo staff. Secondo fonti vicine alla Casa Bianca, l’obiettivo principale di Biden era quello di stabilire «salvaguardie» per le due superpotenze, ed evitare un conflitto aperto proprio ora nonostante le differenze e la rivalità geopolitica. «Assicurare» che le linee di comunicazione con il presidente Xi sono aperte «su tutte le questioni, su cui siamo d’accordo o siamo in difficoltà». Se telefonando… già. Proprio come nella canzone.

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