ROMA – Le promesse elettorali del centrodestra rischiano di mettere in difficoltà i conti del Paese. Di minare le basi dell’equità tra generazioni, territori e classi sociali. Di esporre l’Italia a richiami e infrazioni europee. Se quelle promesse dovessero tradursi in provvedimenti di governo, all’indomani del 25 settembre, l’Italia potrebbe ritrovarsi più indebitata e più povera. Sarà per questo che l'”accordo quadro di programma” firmato qualche giorno fa da Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi moderati è volutamente più sfumato delle proposte dei singoli partiti di coalizione. L’intento è sbiadire le proposte comuni, non cifrarle, sorvolare sui dettagli. E lasciare ai leader lo spazio per calcare la mano. A partire proprio da pensioni e flat tax.
Centrodestra, tra pensioni e flat tax c’è il programma ma restano le divisioni
di
Serenella Mattera
Pensioni
“Stop alla Fornero” è uno slogan leghista (ma anche pentastellato, fino a qualche anno fa) oramai noto. Ma la Lega di Salvini ieri ha alzato la posta, con un comunicato dai toni nettissimi: “Così cancelleremo definitivamente la legge Fornero“. Un testo voluto per dissolvere le ambiguità sulle proposte previdenziali leghiste che già con Quota 100 hanno tradito quella promessa: la legge Fornero non è stata mai cancellata, men che meno da Quota 100.
Pensioni, la riforma Fornero resiste agli assalti. Nel 2023 via dal lavoro a 67 anni
di
Valentina Conte
E così succederà anche ora, per almeno tre motivi: non c’è tempo da qui a gennaio, mancano 130 giorni, non ci sono soldi e soprattutto idee strutturali per far saltare l’architrave previdenziale italiano. Quello che la Commissione europea nelle raccomandazioni di fine maggio ha definito “ambizioso”. Invitando il Paese a “evitare misure temporanee” come le Quote perché lo allontanano dalla crescita, fanno esplodere il debito ipotecando il futuro dei giovani.
L’Italia ha la spesa pensionistica in rapporto al Pil tra le più alte in Europa (16,9%), seconda solo alla Grecia. Anche scorporando la spesa assistenziale, si scenderebbe solo di un punto. La Lega punta a “cancellare” le norme Fornero introducendo Quota 41 (in pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età) e rendendo strutturali Ape Sociale e Opzione Donna.
Pensioni, si cambia. Le ricette dei partiti per evitare il ritorno alla legge Fornero
di
Valentina Conte
Ma si tratta di scivoli, eccezioni, deroghe a un quadro che neanche la Lega può far saltare. Nei calcoli leghisti in tre anni 800 mila italiani uscirebbero con Quota 41 per un costo di oltre 15 miliardi, ma il presidente dell’Inps Pasquale Tridico parla di 18 miliardi. Quota 100 ha beneficiato 380 mila italiani (e non i più in difficoltà) sul milione preventivato, costando 23 miliardi. Quota 102 è stata invece un flop.
Da gennaio i requisiti Fornero saranno ancora in vigore, come sempre è stato anche negli anni delle Quote. Se sommiamo i beneficiari di Quota 100, Opzione Donna e Quota 41 per i lavoratori precoci (che già esiste), siamo a un quarto di tutti i nuovi pensionati italiani all’anno e al 40% dei pensionati anticipati. Questo significa che tutti gli altri vanno e andranno in pensione con le regole della Fornero, che piaccia o no: quindi 67 anni, per la pensione di vecchiaia, ad esempio.
Tra vent’anni 6,8 milioni di lavoratori in meno, 3,8 milioni di pensionati in più: l’Italia è in recessione demografica
di
Valentina Conte
Ma il libro dei sogni sulle pensioni non si ferma alla Lega. Silvio Berlusconi propone di alzare tutte le pensioni minime a 1.000 euro: costo 30 miliardi. Di dare 1.000 euro anche alle mamme: costo 10 miliardi. Fratelli d’Italia pensa invece di tagliare le pensioni d’oro (non precisa quali). E di detassare le pensioni usate per sostenere figli e nipoti.
Flat tax e fisco
L’altro capitolo destabilizzante per i conti è quello fiscale. Non solo perché si continua a premere sull’acceleratore dei condoni mascherati da “pace fiscale” o “tregua fiscale“, per dirla alla Meloni. Aggiungendo l’aumento della soglia del contante: a 3 mila euro per FdI e a 10 mila euro per la Lega. Ma anche perché la tassa piatta – al 15% come vuole per tutti la Lega, compresi dipendenti e pensionati, o al 23% come preferisce Berlusconi – è la regina delle iniquità, il contrario esatto della progressività costituzionale: i ricchi pagano come i poveri.
Centrodestra, tra pensioni e flat tax c’è il programma ma restano le divisioni
di
Serenella Mattera
A quanti calcolano in 80 miliardi il possibile costo della flat tax per tutti al 15%, la Lega – con Armando Siri – risponde che bastano 13 miliardi. E funzionerebbe così: subito il 15% per le partite Iva fino a 100 mila euro di reddito (oggi è a 65 mila), poi nel 2023 per le famiglie e dopo per tutti. Come questa flat tax possa coniugarsi con un taglio del cuneo fiscale di 10 punti in 10 anni (proposta Lega, costo di almeno 22 miliardi, se fatto solo per lavoratori con redditi fino a 35 mila euro) o con il taglio dell’Iva su pannolini, latte in polvere e beni di prima necessità (viaggiamo attorno ai 6 miliardi all’anno), non è dato sapersi.
Welfare e Reddito di Cittadinanza
Viene da chiedersi chi pagherà le tasse, alla fine, per sostenere scuole e sanità. Anche perché (programma comune del centrodestra), si punta anche ad aumentare l’assegno unico per i figli, agli asili nido gratuiti e soprattutto alla “estensione delle prestazioni medico sanitarie esenti da ticket“. Mentre si dice di abolire il Reddito di cittadinanza, anzi no limitarlo, con il concreto rischio di inasprire la povertà in Italia. La Lega propone poi di abbassare le tasse sulla casa, di detrarre tutte le spese scolastiche e di esentare a vita dal fisco le donne con quattro figli almeno. Ma questa spesa, forse, è tra tutte la più gestibile.