NEW YORK – Una condanna totale della Russia. Davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. “I referendum per l’indipendenza nel Donbass – dice Mario Draghi – sono un’ulteriore violazione del diritto internazionale che condanniamo con fermezza”. Una mossa che aggrava un clima già pesante, “come raramente dalla fine della guerra fredda”. E d’altra parte, “le responsabilità del conflitto sono chiare e di una parte sola”, mentre Kiev va aiutata a difendersi anche militarmente. Bisogna comunque sforzarsi di ricercare una soluzione, sottolinea il premier: “L’Italia – promette – è in prima linea per provare a raggiungere un accordo, quando sarà possibile”. Arando il terreno del “multilateralismo”. Lavorando a un accordo per smilitarizzare l’area di Zaporizhzhia, in modo da evitare la catastrofe nucleare. Ma sempre a una condizione: la pace la decidono gli ucraini.
A New York il clima troppo afoso per metà settembre si mescola allatensione alimentata da Putin. Il discorso del capo dell’esecutivo ne risente, diretto e duro verso Mosca. Non è solo per la ribadita necessità di opporsi alle autocrazie.
Draghi giudica prioritario sostenere le sanzioni contro la Russia, che le renderanno più difficile “reagire alle sconfitte”. Europa e Stati Uniti, però, devono “fare di più” per ammortizzare i costi del “ricatto” energetico, attraverso un tetto al prezzo del gas. La linea scelta dal premier è insomma quella degli Stati Uniti.
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Fuori dal Palazzo di Vetro, invece, il senso della missione risente delle preoccupazioni alimentate da una possibile vittoria alle elezioni dei sovranisti, che agitano i partner occidentali. È una delle chiavi con cui leggere il tentativo di organizzare un incontro con Joe Biden. Le due delegazioni cercheranno di trovare un incastro tra agende. Quella del presidente del Consiglio ci lavora da tempo e ci spera davvero. Quella americana ha fatto sapere che al momento non ci sono bilaterali ufficiali in agenda, ma che un faccia a faccia può sempre essere organizzato, anche nella modalità più informale del “pull aside”.
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D’altra parte, il Presidente Usa resterà a New York fino a giovedì mattina. E, non a caso, l’italiano ha disegnato accanto alla voce “rientro a Roma” un gigantesco punto interrogativo. Per l’ex banchiere essere ricevuto da Biden è fondamentale e simbolico allo stesso tempo. Ma anche per la Casa Bianca non è un dettaglio, visto che l’escalation di Mosca rende obbligata la tenuta del fianco Mediterraneo della Nato.
Il pressing degli americani sugli equilibri italiani, d’altra parte, è evidente. Washington vorrebbe che Draghi restasse in sella anche dopo il voto, al pari di Bruxelles. È possibile che in qualche modo questo scenario – tutto teorico, visto che tra pochi giorni si vota e gli ultimi sondaggi pubblici parlano di una destra dominante – occupi parte del colloquio. Certo è che oltreconfine il sovranismo di Meloni e Salvini adesso preoccupa. Se vince questa destra, riaprirà un canale di dialogo con Putin? Romperà il fronte delle sanzioni? Paralizzerà l’Europa scontrandosi con Parigi e Berlino, come promette la leader di Fratelli d’Italia? Per questo gli occidentali sperano in Draghi, sottovalutando forse il passaggio elettorale.
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Il premier mostra di sottrarsi, tanto che ieri ha anche scherzato sul futuro con i liceali del Canova, in trasferta a Manhattan per partecipare ai lavori del Youth4climate (che diventerà evento anuale gestito anche dall’Italia): “Ora avrò tempo libero…”. Ma la verità è che anche lui gioca una partita per il futuro. E che non si sottrarrebbe – forse neanche potrebbe farlo – a un’eventuale nuova chiamata, se si creassero le condizioni. Di certo, lunedì sera era questo il messaggio durante la consegna del premio “statista dell’anno” dell’Annual Awards Dinner. Prima una lettera di Biden che si complimenta con l’ex banchiere, poi gli elogi di Henry Kissinger, infine il ceo di Blackrock che loda la stabilità e la lega alla permanenza del premier in carica.