Il rito fascista del “presente!”, scandito tre volte di fila e accompagnato dalle braccia tese nel saluto romano. Tra i camerati disposti in file ordinate, lui, Romano La Russa, assessore regionale alla Sicurezza di Fratelli d’Italia in Regione Lombardia, fresco di nomina e subentrato nella giunta Fontana al posto di Riccardo De Corato che ha deciso di candidarsi in Parlamento.
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È successo lunedì 19 settembre a Milano al funerale di Alberto Stabilini, storico esponente dell’estrema destra milanese e in passato membro del Fronte della Gioventù, l’organizzazione giovanile del Msi nella quale militò anche Giorgia Meloni. La ‘palestrà politica dalla quale provengono decine di esponenti di primo piano di FdI.
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La presenza di un assessore regionale alle esequie del camerata Stabilini non poteva passare inosservata. E a far discutere sono le modalità. Perché il fratello del più noto Ignazio La Russa, cofondatore di FdI e già ministro della Difesa, quando si è trattato di onorare la memoria di Stabilini con il saluto romano, non si è tirato indietro, anzi.
In un video si vede il gruppo, con al centro Romano La Russa, che urla “presente” per Stabilini e tende il braccio destro. Il neo assessore regionale non ha ritenuto, evidentemente, di sottrarsi, per motivi di opportunità ‘istituzionale’, al ricordo fascista.
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Braccia alzate e il “presente” al funerale di Stabilini: qual era il rapporto con La Russa
Qual è il rapporto che legava La Russa a Stabilini? Militanti dell’estrema destra meneghina negli anni di piombo, i due vengono arrestati il 4 agosto 1974 – insieme ad altri cinque camerati – per i i fatti del “Giovedì nero” di Milano. È il nome con cui le cronache del tempo indicarono le violenze e gli atti criminosi compiuti giovedì 12 aprile 1973 nel capoluogo lombardo da militanti di gruppi neofascisti e del Msi durante una manifestazione prima autorizzata e poi vietata all’ultimo dalla questura.
Che cosa è stato il “giovedì nero” di Milano
Il “giovedì nero” culminò in un episodio drammatico: l’uccisione dell’agente di polizia Antonio Marino, colpito al petto da una bomba a mano lanciata da due neofascisti, Vittorio Loi – figlio del campione di pugilato Duilio Loi – e Maurizio Murelli (quest’ultimo è da anni editore di riferimento della destra radicale italiana).
I “sanbabilini” nazifascisti, guanti e giubbotti di pelle, culto del duce e violenza. Al “giovedì nero” parteciparono anche Romano La Russa e il defunto Stabilini che in seguito ai disordini furono raggiunti da un provvedimento di custodia.
Romano La Russa e il saluto fascista, le polemiche
Immediate le polemiche. Fabio Pizzul, capogruppo del Pd al Pirellone, attacca: “E’ un fatto molto grave, non degno di un’istituzione democratica come la Regione Lombardia, pertanto chiediamo all’assessore La Russa di dissociarsi pubblicamente. In caso questo non avvenisse, ci attendiamo che sia il presidente Fontana a censurare il gesto del suo assessore, senza costringerci a depositare in Consiglio una mozione di censura contro La Russa“.
Saluto fascista di Romano La Russa: “Stava invitando gli altri a non farlo”
E sulla polemica interviene con una nota Fratelli d’Italia di Milano: “In relazione a una immagine in cui è ripreso di spalle Romano La Russa nell’occasione del funerale di Alberto Stabilini va precisato che l’estremo saluto era stato richiesto in vita dal defunto e che Romano era cognato e amico di una vita di Alberto. Quel che preme sottolineare, e che non emerge dal video, è che Romano ha invitato tutti a non fare il saluto romano. Emerge invece con chiarezza che il movimento del braccio di Romano non ha nulla a che fare col saluto fascista ma al contrario testimonia il suo invito ai presenti ad astenersi dal saluto. Basta verificare il movimento del suo braccio, peraltro assente durante le chiamate consecutive che comunque la Cassazione ha sancito non essere reato se effettuato in un funerale”.
Ma interviene anche lo stesso La Russa: “Chi vuol confondere il rito del presente con il saluto fascista è ignorante, nel senso che ignora una tradizione militare che vige da secoli – risponde all’Ansa -. Si è trattato di un funerale, Alberto prima di morire aveva chiesto di passare davanti alla sua vecchia sede” cioè quella della Giovane Italia, l’associazione studentesca legata all’MSI, e “di fare il presente”. Anche “quando si giura fedeltà alla Repubblica italiana da militare, il giuramento contempla il ‘giuro’ con il saluto a braccio teso. E sono tutti fascisti? No. E lo stesso – aggiunge – è il rito del presente”. “Il defunto era un militare di vecchia data, un amico fraterno, oltre che mio cognato. Eravamo tutti vecchi amici, eravamo 15 vecchi rincoglioniti che salutavano un amico che se n’è andato” sottolinea, chiedendo poi provocatoriamente perché non c’è la stessa indignazione quando “legittimamente a manifestazioni o funerali c’è chi saluta a pugno chiuso” soprattutto considerando che “il fascismo è morto e sepolto: il comunismo c’è”. Certo “se Giorgia Meloni mi chiede di fare un passo di lato o indietro non deve neanche finire la frase ma io – conclude – non mi devo dissociare da nulla perché non ho fatto nulla di illegale. Ho rispettato l’ultimo desiderio di un defunto”.