Meloni imita Draghi: “Priorità alle bollette ma non faremo da soli”

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MILANO – La prima uscita pubblica dopo le elezioni di Giorgia Meloni è uno spot discretamente apparecchiato da parte di Coldiretti; al Castello Sforzesco di Milano c’è il pienone di visitatori per gli stand dei prodotti tipici, si cammina a fatica, e nel tendone dei dibattiti, quando arriva la presidente del Consiglio in pectore, parte un applauso caloroso. Quando dopo cinque minuti sale sul palco, uguale: le bandiere di Coldiretti – simbolo con vanga e spiga di grano al vento – e Rino Gaetano dagli altoparlanti, con il pezzo A mano a mano che è quello che ha aperto tutti i comizi di Fratelli d’Italia in campagna elettorale. Quindi è un po’ come giocare in casa e Meloni utilizza la vetrina per mettere in fila qualche concetto che nei fatti però allarga il solco tra la sua visione e quella della Lega. Se due giorni fa sempre a Coldiretti Matteo Salvini ribadiva la necessità di un intervento a debito contro il caro-energia, se ancora i toni contro l’Europa erano quelli barricaderi vecchio stile (vedi la battuta sulla “pizza con le cavallette” che secondo il leghista piacerebbe a Bruxelles), Meloni invece traccia una linea sul solco del lavoro fatto dal governo uscente guidato da Mario Draghi, con il quale, specie sul versante bollette, “sono in contatto costante. Il tema è come si ferma la speculazione, non fare interventi per tamponare e quindi regalare altri soldi a pochi speculatori”.

La leader di Fratelli d’Italia sta studiando i vari dossier più urgenti, dice. Poi aggiunge che “la postura italiana del nuovo governo in Europa sarà quello di mettere davanti il nostro interesse nazionale”. Sottinteso: come stanno facendo altri paesi nella Ue, vedi la Germania che ha messo sul piatto 200 miliardi di euro contro i super prezzi del gas. Però “non faremo da soli”. Meloni non attacca a muso duro, sembra quasi voler smussare le polemiche, pane quotidiano quando invece si trovava all’opposizione.

Altri applausi per lei quando cita la “sovranità alimentare”, perché “ci avevano detto che la globalizzazione e il mercato senza regole ci avrebbero portato bene, non è andata così, ci siamo indeboliti e le ricchezze si sono concentrate in poche mani”. Nel suo breve intervento, una ventina di minuti in tutto, Meloni ripete più volte la parola “nazione”, particolare non casuale per chi fa del patriottismo la propria bandiera. “Quando qualcuno in questa nazione segnalava che in Europa si parte dalla difesa degli interessi nazionali per arrivare a soluzioni comuni, non lo faceva perché era populista ma perché era lucido”, continua. Apprezzato anche il passaggio sui corpi intermedi, ai quali “credo molto, credo nella serietà di chi alcune materie le vive ogni giorno. Mai pensato che la politica potesse dare da sola le risposte migliori a qualsiasi problema”. A vedere l’entusiasmo dei coltivatori diretti e di chi gravita nel settore, Meloni ha un certo credito personale da spendersi nei prossimi mesi. Una volta scesa dal palco firma la petizione mondiale per fermare lo sbarco a tavola del cibo sintetico e si concede una breve passeggiata.

Prima di arrivare, invece, era andata ad Arcore a far visita a Silvio Berlusconi. Il giorno prima il fondatore di Forza Italia aveva incontrato Salvini, una sorta di triangolazione che conferma la difficoltà di amalgamare la coalizione. “Incontro cordiale e costruttivo”, si limita a dire Meloni. Un po’ la dichiarazione tipo dopo questi vertici. In realtà in ballo c’è ovviamente la formazione della squadra di governo: il Cavaliere ha particolarmente a cuore la nomina a ministro della fedelissima Licia Ronzulli, mentre Meloni non è così convinta. Poi in stand-by, ma da risolvere in fretta, c’è la grana Lombardia. Letizia Moratti scalpita per fare la candidata presidente del centrodestra, lei forzista ma in ottimi rapporti anche con la leader di Fdi. La Lega però preme per il bis di Attilio Fontana.

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