Iran, gli studenti sotto assedio nell’università di Teheran: “Ci sparano addosso”

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“Oggi è il giorno di sangue dell’Università Sharif”: così alcuni testimoni hanno definito la violenta repressione che da più di cinque ore ha colpito uno dei piu prestigiosiosi atenei di tecnologia dell’Iran. Ragazzi e docenti, in protesta da giorni per la morte di Mahsa Amini, sono stati intrappolati nel campus dalle violente milizie paramilitari dei basij. “Basta mettere un piede fuori dal cancello per essere sparato e arrestato. Non importa che tu sia uno studente, un professore o una ragazza con l’hijab”, scrive un utente su Twitter. 

I pochi studenti che sono riusciti a scappare all’assedio e che hanno trovato il modo per collegarsi a Internet, bloccato dalle autorità all’inizio delle proteste, e a chiedere aiuto, ha condiviso video che mostrano pestaggi e aggressioni anche con coltelli. Nelle registrazioni si sentono anche spari di pistola. Ci sarebbe almeno un ferito grave. Mentre “almeno 20 persone sono state arrestate davanti ai miei occhi”, scrivono sui social ma è difficile definire un numero preciso adesso. 

“Verso sera ci hanno detto di lasciare l’università. Ma l’esterno era pieno di agenti governativi che ci hanno riportato all’interno del campus. Alcuni studenti sono rimasti dentro, altri sono andati nel parcheggio. Abbiamo sentito spari provenire da lì. Alcuni di noi sono riusciti a uscire dalla porta principale, ma non abbiamo notizie dal resto degli studenti. So che alcuni sono feriti e si trovano in ospedale, mentre altri sono stati arrestati”: è una delle drammatiche testimonianze che Repubblica ha raccolto da Teheran.

Gli studenti hanno lanciato un appello agli abitanti di Teheran per non essere lasciati soli. Decine di auto civili si sono radunate intorno all’università per bloccare il traffico e impedire alle auto delle milizie di portare via gli studenti.

Da settimane in Iran si susseguono le proteste scatenate dalla morte di Mahsa Amini, la 22enne curda arrestata dalla polizia morale perché non indossava nel modo corretto l’hijab e morta a causa delle percosse subite. Nell’università di Sharif, come in tante altre del Paese, gli studenti hanno organizzato manifestazioni e proteste. Secondo le prime ricostruzioni, una settimana fa alcuni studenti sono stati arrestati dopo scontri verbali con gruppi studenteschi ultraconservatori. Da quel giorno di loro non si hanno più notizie. I docenti dell’università hanno dichiarato che non sarebbero tornati a lavoro fino a quando non avrebbero rivisto quei ragazzi tra i banchi. Mentre ieri, in centinaia si sono seduti e sono rimasti in silenzio in segno di protesta contro l’arresto ingiustificato dei loro colleghi.

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Oggi una nuova manifestazione ha portato i basij all’interno dell’università. In un video condiviso sui social si vedono gli studenti urlare slogan contro l’ayatollah Ali Khamenei, suprema guida religiosa dell’Iran. “Alcuni di loro avevano corpi grossi e un aspetto terribile, altri avevano abiti normali e sportivi e sembravano disciplinati. Erano equipaggiati con una pistola da paintball, un machete o un fucile da caccia. I miei compagni di classe hanno visto studenti che sono stati brutalmente attaccati con il machete”, racconta un’altra fonte a Repubblica.

Gli agenti di sicurezza dell’università hanno chiuso i cancelli per non farli entrare, ma il campus si è trasformato subito in una prigione. Qualcuno ha cercato di uscire, ma è stato colpito da lacrimogeni, pietre o proiettili colorati (usati per essere facilmente identificati e arrestati). A nulla è servita la mediazione del rettore dell’università e del ministro della scienza e delle tecnologie, Mohammad Ali Zolfigol

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Secondo questi ragazzi, “le milizie vogliono far sentire la loro forza agli studenti che hanno osato gridare slogan contro il regime e aggredire i gruppi ultraconservatori dell’università”. “Liberate gli studenti”, gridano le persone che si sono radunate nelle ultime ore all’entrata dell’università. Genitori, amici, gente comune che chiede la fine di questo atto atroce contro ragazze e regazzi che sono il miglior futuro del Paese.

Nel frattempo, un gruppo di hacker ha condiviso con il sito Iran International, con sede a Londra ma finanziato dai sauditi, la presunta identità dei poliziotti che hanno arrestato Mahsa Amini. Il gruppo, che si fa chiamare Backdoor, ha condiviso con i giornalisti nomi e foto. Secondo questo rapporto, il capitano Enayayollah Rafiei,52 anni, era il comandante della squadra. Insieme a lui c’erano Ali Khoshnamvand, 27 anni, Prastou Safari, 36 anni, e Fatemeh Gurban Hosseini, 27 anni.

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