Ecco perché gli ucraini stanno vincendo su tutto il fronte

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Perché gli ucraini stanno vincendo su tutto il fronte? La risposta è semplice: combattono meglio. L’efficacia delle forze di Kiev sul campo è stata dimostrata dall’offensiva di fine estate, che ha spazzato via gli invasori dalla regione di Karkhiv e riconquistato Izyum, e da quella attualmente in corso a Kherson e nel Donbass. Anzitutto hanno sfruttato al meglio i limiti della “coperta corta”: Mosca non dispone di riserve e fatica a spostarle su un fronte lungo 800 chilometri. Per questo si sono spinti all’attacco contemporaneamente su più settori, molto lontani l’uno dall’altro. Poi hanno studiato le difese e concentrato rapidamente le forze sul punto più debole.

Tre zone di assalto: Donbass, Mariupol e Kherson

Anche in questo momento, gli ucraini sono all’assalto in tre zone. Nel Donbass, a cavallo tra Lugansk e Donetsk, dove hanno liberato Lyman e procedono in due direzioni. Sul territorio alle spalle di Mariupol, arrivando a circa 80 chilometri dalla città. E infine nell’area di Kherson, il capoluogo chiave nel Sud. Dove lo schieramento russo si mostra fragile, lì avviene l’attacco più determinato.

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Una strategia elementare, che testimonia la superiorità in quello che i manuali chiamano C3: comando, controllo e comunicazione. La ricognizione con droni e pattuglie di incursori mandati in profondità dietro le linee nemiche, ma anche le informazioni trasmesse dai partigiani, permette agli ucraini di individuare le postazioni nemiche. In genere sono tutte abbastanza “statiche”: i russi sono asserragliati in trincee o villaggi fortificati, senza cioè reparti mobili in grado di intervenire dove la situazione diventa pericolosa. Non a caso, le uniche truppe di Mosca che non subiscono finora sconfitte sono i mercenari della Wagner, abituati a combattere in maniera dinamica e restare sempre in movimento.

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Invece gli ucraini durante l’estate hanno preparato almeno tre brigate meccanizzate: soldati veterani, equipaggiati con mezzi moderni e addestrati da istruttori Nato. Queste unità riescono a far avanzare in fretta colonne di carri armati e di fanteria trasportata da veicoli blindati. Sono il pugno che si accanisce sui nuclei di resistenza russi: li travolgono di sorpresa, senza essere preceduti dal bombardamento di artiglieria, in più ondate fino ad espugnarli.

I mezzi ucraini sul campo

Gli ucraini impiegano carri armati di concezione sovietica, prodotti in patria come i T64 o ottenuti da Paesi dell’Est entrati nell’Alleanza atlantica come i T72 polacchi, slovacchi o cechi. I blindati della fanteria sono quasi tutti occidentali, con dozzine di modelli diversi: dai vecchi M113 ai “Bisonti” antimina Mrap. Tutti a bordo hanno apparati radio occidentali, che garantiscono le comunicazioni tra i singoli reparti e i comandi, e mappe digitali con le posizioni in tempo reale dei veicoli amici. Quando un’unità ha bisogno di aiuto, chiama e riceve il sostegno di razzi e cannoni o l’invio di rinforzi. I russi invece hanno gravissimi problemi di coordinamento: ci sono battaglioni isolati che non riescono a contattare le basi e mandano messaggi disperati sulle chat Telegram. Secondo alcune fonti, nei combattimenti in corso nell’area di Kherson gli ucraini avrebbero anche ingannato i soldati di Mosca dipingendo grandi Z bianche sui loro tank, sicuri di non rischiare il “fuoco amico” grazie alle connessioni radio e alle “mappe interattive”.

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L’artiglieria semovente consegnata dalla Nato ha una portata superiore a quella russa. Cannoni come i Pzh2000 tedeschi e i Caesar francesi o i razzi Himars vengono usati per impedire i rifornimenti alla prima linea nemica. Quando decidono dove attaccare, la posizione russa viene isolata con il tiro di queste armi che prendono di mira le strade d’accesso e non riesce a ottenere soccorsi. In questo caso, si usa al meglio la mobilità di questi obici installati su veicoli cingolati o ruotati: si radunano nelle zone dove è necessario focalizzare la potenza, sparano e poi si disperdono per evitare le reazioni avversarie. Inoltre negli ultimi mesi sono state moltiplicate le consegne di munizioni di precisione: proiettili per cannone – come gli Excalibur statunitensi – o razzi che hanno un sistema di guida gps e si dirigono verso le coordinate esatte del bersaglio, segnalate dai droni o dagli esploratori. Pure i russi dispongono di ordigni simili, ma in numero estremamente limitato.

Il controllo dei fiumi nel Donbass

Un’attenzione particolare viene dedicata alla “battaglia dei fiumi”: nel Donbass come nel Sud, le linee di comunicazione devono fare i conti con i corsi d’acqua. Oltre ai raid contro i lunghi ponti, la ricognizione ucraina si è data molto da fare per scoprire passerelle e ponti di barche usati dai russi, distrutte poi dai proiettili a guida gps dell’artiglieria. Invece negli ultimi assalti le avanguardie di Kiev usano tank gettaponte che permettono di attraversare rapidamente i torrenti più piccoli o compagnie di genieri con barconi speciali.

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Un altro settore in cui si nota il potenziamento ucraino è la difesa aerea. Sono arrivati i semoventi Gepard tedeschi, che offrono protezione contro i raid a bassa quota di jet, elicotteri e droni grazie a una coppia di mitragliere a tiro rapido da 35 millimetri. E sui caccia dell’aeronautica sono stati installati i missili americani Harm: sono ordigni che si dirigono automaticamente contro i radar e hanno messo in crisi la contraerea russa. Questo permette sempre più spesso all’aviazione di Kiev di intervenire a ridosso della prima linea, mentre le perdite di quella di Mosca hanno subìto un incremento esponenziale. A metà settembre i piloti russi sono stati mandati allo sbaraglio sulle colonne di tank ucraini, sorvolandoli a distanze ravvicinate e venendo decimati dai missili Stinger.

In questo momento Sukhoi e Mig ucraini sono sempre più attivi nella regione meridionale, limitando le azioni alla prima linea. L’aviazione russa sembra anche a corto di missili cruise e degli altri ordigni a lunghissimo raggio, impiegati nei raid notturni contro le industrie belliche ucraine e i depositi dove affluiscono gli equipaggiamenti occidentali. Le missioni sono drasticamente diminuite nelle ultime settimane.

Le brigate mobili, le forze territoriali e i battaglioni Azov

L’esercito ucraino è stato ricostruito su due livelli. Ci sono le brigate mobili, destinate alle operazioni offensive, con gli uomini più addestrati e i mezzi più moderni. Ci sono poi le forze territoriali, soldati reclutati da febbraio in poi, e i battaglioni Azov che presidiano il fronte e intervengono per garantire la difesa dei territori riconquistati. In questo modo, le forze d’attacco hanno modo di riposarsi e rimettere in efficienza i materiali. La qualità media delle dotazioni di tutti i militari, dagli scarponi ai fuoristrada, è alta. La manutenzione di tank e blindati spesso avviene all’estero: i treni li portano in Polonia o nella repubblica ceca. E soprattutto il morale è altissimo, soprattutto dopo i successi estivi.

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La situazione russa invece è carente sotto tutti i punti di vista. Le unità scelte sono state logorate da mesi di combattimenti e hanno ranghi ridotti all’osso. Ci sono brigate che dispongono di una sola compagnia in grado di operare: all’inizio del conflitto i Tactical battle group avevano mille uomini, ora non arrivano a cento. Questi reparti sono schierati assieme ai volontari arruolati nel corso dell’estate e ai fanti delle repubbliche del Donbass, con enormi difficoltà di coordinamento. Pochi credono che l’afflusso delle 300 mila reclute mobilitate da Putin possa risollevare la sorte della battaglia. Si ritiene che solo una piccola parte dei nuovi soldati andrà in Ucraina, gli altri serviranno a permettere il trasferimento di forze più qualificate dal Baltico e dall’Asia. In tutta la Russia si vedono treni con cannoni e blindati diretti al fronte: alcuni sono molto moderni, lasciati finora di riserva per il confronto con la Nato; altri sono decisamente vecchi, come i tank T62 con oltre mezzo secolo sulle spalle.

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I russi sperano che il fango dell’autunno fermi le offensive ucraine, trasformando in palude le pianure del Sud, e conceda un paio di mesi per rivoluzionare il suo dispositivo bellico. La vera sfida per il Cremlino è inventare nuove tattiche: ha bisogno non solo di uomini e armi, ma soprattutto di idee e organizzazione. Per questo – secondo fonti non confermate – il comando verrà affidato a Roman Berdnikov: fino allo scorso maggio era in Siria al vertice del contingente di Mosca; poi è stato dato per morto in Ucraina. Di sicuro, è già stato sostituito il responsabile della logistica: far arrivare le cose giuste al posto giusto in mezzo a una guerra è il primo problema da risolvere.     

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