Iran, la protesta delle studentesse: “Basta con l’hijab e con i mullah”

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“I mullah devono andare via”, cantano le ragazzine avanzando verso il preside per spingerlo ad allontanarsi, l’hijab nelle mani, i lunghi capelli che svolazzano al vento. Il video girato in una scuola di Gohardasht, un quartiere di Karaj, viene condiviso in poche ore da migliaia di utenti. E non è l’unico: da Teheran a Saqqez e Sanandaj si ripetono scene simili. Studentesse che si tolgono il velo, rimuovono le immagini di Khomeini e Khamenei, obbligatorie in tutte le classi e i luoghi pubblici in Iran, si fotografano di spalle davanti alla lavagna con il dito medio alzato all’indirizzo della Guida suprema, un gesto considerato osceno dalle autorità. 

Dopo tre settimane di proteste scatenate dalla morte di Mahsa Amini, a ribellarsi contro un sistema che considerano oppressivo e corrotto ora non sono più solo politici, attivisti o ventenni. Ma gli adolescenti – studentesse di 15, 16 anni, che non hanno paura di contestare il leader supremo, un fatto inedito nei 44 anni di storia della Repubblica Islamica. In una scuola di Shiraz, le immagini riprendono un’alunna di spalle mentre sostituisce l’immagine dei due ayatollah con lo slogan delle piazze: “Donna, vita, libertà”. 

Lo sciopero dei teenager 

Gli scioperi nelle scuole superiori sono iniziati lunedì scorso, poche ore dopo che proprio Khamenei aveva rotto il silenzio sulle proteste per accusare gli Stati Uniti e Israele di essere i registi del caos, di fomentare i “disordini”. La morte di Amini “è un tragico incidente che ha rattristato tutti”, ha detto. “Ma la giusta reazione non è creare insicurezza, bruciare il Corano e togliere il velo alle donne”. 

“Le scuole sono un inferno!” ci scrive Amira, che il liceo l’ha lasciato da un po’, ha 22 anni e vuole fare l’attrice. “Devi indossare l’hijab in classe anche se sono tutte donne”, perché nei licei gli studenti sono separati dalle ragazze, “i maestri ti tagliano i capelli se sono troppo lunghi o se li hai tinti, ti mandano dal preside anche se hai i calzini colorati!”. Non “possiamo ballare, non possiamo bere. Anche se subisci abusi rischi che ti diano la colpa: ‘non indossavi bene l’hijab, te la sei cercata’, ti dicono”. 

Le università blindate 

Ieri l’atmosfera a Teheran era tesa. Dopo tre giorni di sciopero generale i campus sono semi deserti. Le forze dell’ordine sono schierate in massa intorno agli atenei. La repressione all’università di Sharif, l’ateneo d’élite dove la polizia ha fatto irruzione domenica sera arrestando almeno 30 studenti, ha lasciato il segno. In base alla legge iraniana le forze di sicurezza non possono entrare all’interno delle università, che sono luoghi ipercontrollati, l’ingresso è vietato agli stranieri ed è difficile anche per gli studenti che arrivano da altre città. L’attacco alla Sharif è stato vissuto come un trauma. Gli studenti arrestati sono centinaia, di alcuni di loro non si sa nemmeno il luogo di detenzione. In tutto l’Iran ci sono stati migliaia di arresti. La terribile conta dei morti cresce. La tv di Stato dice 41 vittime, tra cui 5 membri delle forze dell’ordine. Ma per l’ong Iran Human Rights sono almeno 154 vittime, tra cui 9 minori. 

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