Putin e Zelensky, ecco perché sulla guerra in Ucraina Berlusconi distorce la realtà: 5 dichiarazioni sotto la lente

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Gli audio di Silvio Berlusconi pubblicati da LaPresse sono la sonda che penetra nel vero pensiero del Cavaliere a proposito dell’Ucraina, della Russia, di Vladimir Putin. Parole che hanno scioccato per prima Giorgia Meloni, ma anche la Commissione europea. E le sue non sono solo opinioni: sono ricostruzioni storiche letture dei fatti recenti basati su assunti non veritieri. Repubblica ha verificato le dichiarazioni di Berlusconi consultando fonti italiane e ucraine, e incrociandole con evidenze documentali e fattuali. Abbiamo chiesto aiuto al docente universitario Giorgio Cella, analista di politica internazionale e autore del libro Storia e geopolitica della crisi ucraina. Dalla Rus’ di Kiev a oggi (Carocci Editore).

Ecco il nostro fact-checking.

1) “Putin è entrato in Ucraina e si è trovato di fronte a una situazione imprevista e imprevedibile di resistenza da parte degli ucraini, che hanno cominciato dal terzo giorno a ricevere soldi e armi dall’Occidente” (19 ottobre)

Falso. Per diverse settimane, e almeno fino alla scoperta degli orrori di Bucha all’inizio di aprile, in Ucraina non è arrivato materiale bellico dai Paesi dell’Unione europea, anche perché quasi tutti i leader di governo erano convinti che gli ucraini non sarebbero stati in grado di sostenere l’impatto dell’avanzata russa. Solo gli Stati Uniti e la Gran Bretagna avevano inviato degli stock di javelin e nlaw, i razzi anti-carro. I primi pezzi di artiglieria pesante, i blindati e i missili a media e lunga distanza sono arrivati, a scaglioni, a primavera inoltrata. E, secondo Kiev, con troppo ritardo.

L’audio di Berlusconi: “Ho riallacciato i rapporti con Putin”

2) “Nel 2014 a Minsk, in Bielorussia, si firma un accordo tra l’Ucraina e le due neocostituite repubbliche del Donbass per un accordo di pace senza che nessuno attaccasse l’altro. L’Ucraina butta al diavolo questo trattato un anno dopo e comincia ad attaccare le frontiere delle due repubbliche”.

Il conflitto tra le parti, in quel periodo, non è mai veramente cessato. La ricostruzione storica degli eventi è dibattuta.

3) Le due repubbliche subiscono vittime tra i militari che arrivano, mi si dice, a 5-6-7mila morti”.

“Sarebbe ingenuo appoggiarsi ciecamente sui dati forniti dalle due parti in causa”, spiega il professor Cella. “Entrambe alimentate naturalmente da opposte propagande, come in ogni guerra d’altronde. Per fortuna però, la situazione di guerra nel Donbass è stata monitorata dalle Nazioni Unite sin dall’inizio, e la famosa cifra di 14.000 morti si trova proprio in un documento prodotto dalle Nazioni Unite. In tale documento emerge come 10.900 vittime erano militari, 4.400 ucraini e 6.500 miliziani filorussi. Le vittime civili invece 3.400 e 3.500. La guerra in Ucraina, nelle sue varie fasi, fu una tragedia esplosa nel 2014, ai tempi di Euromajdan e delle azioni russe di annessione della Crimea e delle prime instabilità nel Donbass: una situazione dove l’Europa avrebbe potuto vigilare con più assertività e con dinamiche diplomatiche più forti lungo gli otto anni di conflitto a intensità variabile nell’est del Paese”.

4) “Arriva Zelensky, triplica gli attacchi alle due repubbliche” (19 ottobre)

È vero il contrario. Durante la presidenza di Zelensky la pressione sulle zone del Donbass prese dai separatisti si è alleggerita, seppur di poco, rispetto al mandato del suo predecessore, Petro Poroshenko. Zelensky è stato anzi criticato da una parte dell’opinione pubblica per aver concentrato gran parte del budget statale nel rifacimento e la costruzione di strade, tralasciando i programmi militari avviati da Poroshenko. ‘Col passare del tempo – dice ancora Cella – come ben ricostruito anche da un’analisi del think tank Carnegie, Zelenski, davanti al protrarsi dell’instabilità nell’Est del Paese e davanti a riforme che non decollavano come promesso, ridusse l’anelito di una riconciliazione a tutti i costi e decise di riconcentrare le sue priorità sulla situazione nel Donbass. Questo portò a una maggiore assertivitá e  soprattutto sul piano di un maggiore avvicinamento all’Alleanza Atlantica’.

A invasione russa iniziata, diversi analisti militari ucraini hanno detto che l’ipotesi di guerra non era stata adeguatamente preparata dal governo di Zelensky, motivo per cui in poche ore le truppe di Putin sono riuscite a penetrare in Ucraina.

5) “Avevo in tasca una lettera di Putin che era pronto a entrare nella Nato, avremmo cambiato la storia del mondo” (18 ottobre 2022)

“Ci fu un periodo, agli inizi del primo mandato di Putin e ancor di più alla luce dell’11 settembre, dove si creò una non duratura sintonia tra Mosca e Washington”, spiega Cella. “Putin guardava ancora fortemente a Occidente, più volte disse che il suo riferimento era Pietro I, l’occidentalizzatore per antonomasia nella storia russa. Bene, proprio in quegli anni, fu rivelato da George Robertson – allora segretario generale della Nato – in un incontro nel 2000 con Putin, che quest’ultimo propose l’entrata di Mosca nell’Alleanza Atlantica, una Russia che, tuttavia, sempre a detta di Putin, avrebbe dovuto essere ascoltata e che non avrebbe dovuto mettersi in coda per essere ammessa insieme ad altri stati che non contano (cit.) Sulle modalità in cui la Russia avrebbe poi eventualmente aderito se ne può discutere, ma si entrerebbe nella storia fatta coi se”.

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