La guerra in Europa e le sfide internazionali che aspettano il Pd

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Il congresso è tempo di scelte. E ci muoviamo in un tempo che, attorno a noi, vede lo scorrere e il mutare dello scenario di fondo nel quale ci siamo mossi fin qui. Fino al punto da porre interrogativi profondi sulla identità, il destino, la prospettiva della Democrazia alla quale siamo così affezionati al punto da averle dedicato il nostro nome fondativo.Il paradigma sul quale l’Occidente aveva inaugurato la stagione successiva al crollo del muro, quello della “Fine della Storia” che presupponeva l’affermata e diuturna superiorità del modello liberale unito — per i neocons statunitensi che l’avevano generato — dalla dottrina cieca nell’espansione globale del modello capitalistico e valoriale occidentale, si è rivelato fallace.Oggi, per riprendere un libro di Charles A. Kupchan, “nessuno controlla il mondo”, e si stagliano all’orizzonte interrogativi inquietanti, che non possono richiamarci ad esprimere qual è la nostra visione. La supremazia globale occidentale è giunta la tramonto, e la Cina pone al centro della propria strategia l’affermazione di se stessa e del proprio modello sociale e politico (un misto di liberismo selvaggio e comunismo antidemocratico) al vertice della gerarchia del Pianeta; gli Stati Uniti d’America, culla della democrazia liberale, hanno conosciuto la grave stagione del trumpismo che ne ha messo in discussione i fondamenti istituzionali e appaiono oggi appannati; le autocrazie si sviluppano in parti delicatissime del globo, insieme con le teocrazie del Medio Oriente, le dittature in Africa, i populismi e i peronismi in Sud America.

Il dibattito su RepubblicaDentro uno scenario mondiale sempre più caratterizzato da un numero di potenze di primo piano, ognuna delle quali strutturata attorno ad una propria concezione di cosa sia il concetto di ordine legittimo e giusto. Altro che “esportazione della democrazia”, come sognavano vanamente alcuni pensatori conservatori all’inizio del Secolo. Il XXI secolo sarà piuttosto contrassegnato da un fronteggiarsi tra Democrazia e Autocrazie, che portano con sé modelli ad alto livello di efficacia immediata ponendo riflessioni di fondo all’esigenza di come rivitalizzare le istituzioni occidentali affinché siano preparate alla sfida.

In tutto questo, la guerra in Ucraina (un fatto globale, non periferico) è al tempo stesso un acceleratore e un detonatore. Riporta dopo 77 anni la guerra in quella Europa che germinò due guerre mondiali in quel Novecento che fatichiamo a lasciarci alle spalle, e ci pone alcuni interrogativi di fondo sui concetti di pace, di libertà, di resistenza alle aggressioni armate, di coesistenza pacifica tra i popoli, di un nuovo ordine europeo e mondiale di sicurezza.

Tutto questo non può non essere al centro del nostro confronto. Tutto questo non può vedere, in ogni candidato che si propone alla guida del nostro partito, una volontà di affrontare questi temi come elemento primario e fondamentale di ogni impianto culturale e politico su cui si deve articolare e reggere una leadership del Pd dei prossimi anni.Se riteniamo che il Pd debba avere una idea precisa del mondo, del ruolo della Democrazia e delle sue istituzioni (ad iniziare da una non più rinviabile riforma e modernizzazione delle istituzioni dell’Unione Europea in un senso più democratico e meno nazionalistico), lo dobbiamo dire ora. Ci dobbiamo esprimere ora, nel merito. Anche sui paradigmi della sicurezza — globale e nazionale — che investono le nostre comunità, e che spesso le scuotono fino nelle più profonde radici.

Un centrosinistra moderno, adeguato e attrezzato — come quello che vogliamo e per il quale riteniamo di doverci battere e spendere — non confina gli elementi della politica estera e di sicurezza di un paese nello scantinato del tempo perso. Al contrario, li mette al centro di una prospettiva di governo.A cominciare dall’Ucraina, per la quale la nostra reazione di oggi è il migliore viatico per evitare nuove guerre domani. Da qui questo nostro appello, che speriamo non resti inevaso. 

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