Messina Denaro padrino dei due mondi: così ha viaggiato per anni, dal Regno Unito al Sudamerica

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Ha sempre avuto una grande passione per i viaggi. Nell’estate 1993, mentre scoppiavano le bombe che aveva ordinato — tra Firenze, Roma e Milano — era in vacanza in Versilia con i suoi complici, i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano. Da allora Matteo Messina Denaro è latitante, e per lui non è stato mai un problema. L’anno dopo, era in Spagna. Questa volta, però, non per piacere o per affari. Si fece operare nella clinica oculistica Barraquer di Barcellona. E all’accettazione diede addirittura un pezzo del suo nome e cognome, Matteo Messina.

Non ha mai smesso di prendere l’aereo, hanno sempre sospettato investigatori e magistrati. E, adesso, nell’ultima indagine arriva una traccia importante: pure l’uomo che gli ha fornito l’identità, Andrea Bonafede, viaggiava tanto. Non solo in Italia, fra Roma e Genova. Ma anche fra il Sudamerica e l’Inghilterra. Era davvero lui, o Messina Denaro?

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Di sicuro, il Sud America e l’Inghilterra sono due mete che ritornano nei misteri della primula rossa di Castelvetrano. Quella passione che faceva andare su tutte le furie Totò Riina, il capo dei capi, mentre stava in carcere: «Ma cosa fa per ora questo Matteo Messina Denaro, che non so più niente?». Così diceva al compagno dell’ora d’aria nel 2013, e non sospettava di essere intercettato dalla Dia nell’ambito dell’inchiesta “Stato-mafia”.

«Io penso che se n’è andato all’estero», sussurrava con disprezzo. «Se ci fosse suo padre… — sbottava il capo dei capi — questo figlio lo ha dato a me per farne quello che dovevo fare. È stato quattro o cinque anni con me. Impara bene, minchia, e poi tutto in una volta…». All’improvviso, dopo avere partecipato alla stagione delle stragi, l’unico erede della dinastia Corleonese rimasto in libertà sparisce. Matteo Messina Denaro si dà agli affari internazionali.

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«Nel 2012 lavorammo su un signor Polizzi, originario di Castelvetrano, emigrato in Brasile», disse l’allora procuratrice aggiunta Teresa Principato alla commissione parlamentare antimafia. Le dichiarazioni di un architetto agrigentino iscritto alla massoneria, Giuseppe Tuzzolino, portarono invece le indagini in Inghilterra.

Un’altra fonte aveva spostato le ricerche in Venezuela: «Sono stati recapitati cinque milioni di dollari in Sudamerica per aprire un’azienda di pollame ufficialmente intestata a un siciliano, Gaspare Bianco», diceva un piccolo pentito di mafia, Franco Safina. Alla fine degli anni Novanta, il padrino sarebbe andato di persona a verificare l’investimento. All’epoca, aveva i documenti forniti da un falsario romano suo amico, Mimmo Nardo.

Viaggiava molto anche Luca Bellomo, nipote acquisito di Messina Denaro, per avere sposato la nipote, Lorenza Guttadauro, che oggi è l’avvocata del padrino arrestato lunedì. All’epoca, l’indagine aveva avanzato più di un sospetto su alcuni viaggi fra la Colombia, la Francia e l’Albania: ufficialmente, la ditta di Bellomo forniva tovagliati ai migliori alberghi siciliani. Ma quali altri affari curava all’estero l’imprenditore accusato di aver finanziato la latitanza della primula rossa?

Domande su domande. Il signor Bonafede-Messina Denaro rispunta per certo in Sicilia nel 2019, in coincidenza con l’inizio della sua malattia. Di fronte all’appartamento preso a Campobello di Mazara, in via San Giovanni 260, c’è adesso la sua Giulietta, l’hanno trovata i poliziotti del Servizio centrale operativo. Le chiavi le aveva il boss al momento dell’arresto. Un veloce controllo ha fatto emergere un retroscena davvero particolare: nel gennaio 2022, il boss era andato di persona a comprare l’auto, in una concessionaria del centro di Palermo, l’aveva intestata alla madre 86enne di Andrea Bonafede. Prezzo, 10 mila euro, pagati in contanti. E aveva dato pure in permuta una Fiat 500. Segnava ogni acquisto sul suo taccuino. L’ultima spesa è di 7.700 euro. Sulla sua scrivania aveva anche alcuni libri: l’ultimo che stava leggendo, una biografia di Putin.

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