Draghi: “Speriamo che basti”. Si teme l’effetto settembre

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È una navigazione a vista quella del governo nella lotta contro il virus e soprattutto contro le sue varianti. Finora è andata bene, meglio del previsto. Ma l’autunno per colpa della Delta potrebbe essere diverso. Con ricadute sull’economia che oggi cresce a ritmi superiori al 5 per cento. Sono due piani distinti quelli su cui ragiona il presidente del Consiglio, Mario Draghi, salutando prima della pausa estiva i giornalisti che seguono Palazzo Chigi. Da una parte i buoni risultati ottenuti finora sul fronte delle vaccinazioni («l’Italia ha inoculato più dosi per 100 abitanti rispetto a Francia, Germania, Stati Uniti»), dall’altra le incertezze sull’autunno, la riapertura della scuola, il pericolo che si riparta — come temono i tecnici — con la catena dei contagi. Per questo è un vero appello quello che il presidente del Consiglio lancia agli italiani: «Le cose per l’economia italiana vanno bene e si spera vadano ancora meglio. Perché continuino ad andar meglio però, voglio lanciare chiaramente un messaggio a tutti noi e a tutti gli italiani: vaccinatevi e rispettate le regole».

Dice Draghi: «Cosa temere di più nei mesi a venire? Dobbiamo essere sicuri di aver fatto tutto per evitare che la pandemia si aggravi, che poi questo basti o no non lo sappiamo. Tutto quanto viene fatto sulla base delle evidenze dei dati di oggi. Ricordo che un celebrato istituto di ricerca aveva previsto per la metà di luglio circa 1.700 morti al giorno e ce ne sono stati circa 7-8. Questo vuol dire che è una situazione fluida, noi dobbiamo essere in ogni istante sicuri di aver fatto tutto il possibile sulla base dei dati a nostra disposizione». Perché dopo la Delta potrebbero essercene altre di varianti. Ieri il virologo americano Anthony Fauci ha detto che c’è il rischio che ne arrivino di nuove resistenti agli attuali vaccini con la possibilità che negli Usa i contagi si impennino a 100-200 mila casi al giorno.

In Italia è la scuola — ora — a preoccupare maggiormente gli esperti del ministero e del Cts in questo momento. L’impatto della ripresa delle lezioni sulla circolazione del virus potrebbe essere molto forte. Nelle riunioni dei tecnici si ricorda quello che è successo l’anno scorso già ad ottobre, con la curva che è schizzata verso l’alto. Certo, adesso ci sono molti italiani vaccinati ma la popolazione scolastica dai 12 anni in su a metà settembre non sarà molto coperta (e quella sotto quell’età per niente, visto che ai più giovani il vaccino non si può fare). Adesso poi abbiamo a che fare con la variante Delta, che ha una capacità di contagiare doppia del coronavirus che circolava nell’autunno scorso. Ci si aspetta quindi che i ragazzi, una volta tornati insieme nelle classi, provochino un nuovo aumento del numero di casi. Fortunatamente a loro il coronavirus non dà quasi mai una forma di malattia grave ma il timore è che una crescita di circolazione faccia ammalare gli over 50 non ancora vaccinati o completamente vaccinati, che sono circa 4,5 milioni. Potrebbe succedere come nel 2020, quando i più giovani tornavano a casa e infettavano i parenti più fragili. Fortunatamente adesso la platea delle persone suscettibili è molto più ridotta, quindi anche se i numeri dei nuovi casi quotidiani dovessero salire, quelli dei ricoveri e dei decessi non dovrebbero comunque essere paragonabili a quelli dell’anno scorso.

È probabile che gli esperti abbiano sottoposto i loro dubbi alla politica, cioè al governo. L’unico modo per arginare un ulteriore aumento della circolazione è quindi promuovere la vaccinazione anche tra i ragazzi. Anche per problemi di tempi, visto che le Regioni sono impegnate nei richiami e ancora nella ricerca delle persone più anziane, per adesso le coperture degli studenti dai 12 ai 19 anni sono basse. Il 20 per cento ha completato la vaccinazione mentre se si considera solo la prima dose il dato sale al 36 per cento. Ancora poco per bloccare il virus in quella fascia di età.

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