Campania, adesso De Luca sogna il triplete: al lavoro per rimanere alla presidenza della Regione fino al 2030

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NAPOLI – Adesso Vincenzo De Luca sogna il triplete. Il secondo mandato è iniziato da meno di un anno e già il governatore della Campania lavora per rimanere alla presidenza della Regione fino al 2030. Il modello a cui si ispira è quello di Luca Zaia in Veneto, perché nulla più del potere accorcia le distanze e assottiglia divergenze politiche anche profonde. Non basterà a fermare il progetto neppure la normativa del 2004 che, in attuazione dei principi fissati dalla Costituzione, invita le Regioni a prevedere il divieto di rielezione del presidente per tre volte consecutive. A Palazzo Santa Lucia studiano una nuova legge elettorale regionale per azzerare il tetto dei due mandati. “Lo faremo entro l’anno”, assicura De Luca. E pazienza se gli osservatori si mostrano, a dire poco, perplessi: “Due mandati sono più che sufficienti per un presidente di Regione. Di più sono preoccupanti. È una questione di igiene democratica”, avverte Gianrico Carofiglio, magistrato, senatore del Pd dal 2008 al 2013 e, soprattutto, scrittore di successo. 

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“Prevedere che un incarico di rilievo come la presidenza di una Regione possa protrarsi per quindici, se non addirittura per venti anni, modifica profondamente il rapporto fra i poteri: significa spostare la dinamica democratica in una prospettiva che, in questo modo, diventa oligarchica”, sottolinea il filosofo Roberto Esposito.

Il costituzionalista Massimo Villone è ancora più diretto: il terzo mandato sarebbe una “interpretazione aberrante” della legge e andrebbe contro la nostra Carta. L’ipotesi di un De Luca-ter non sembra invece turbare più tanto i partiti. Gli ex feroci oppositori dei 5 Stelle si limitano a ricordare che forse una nuova legge elettorale regionale non rappresenta esattamente una priorità per la Campania, mentre il Pd preferisce glissare.

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Cautele che sembrano figlie del calcolo politico, visto che le energie sono tutte concentrate sulla campagna elettorale per il Comune di Napoli, una corsa nella quale il governatore può essere determinante per accompagnare al successo il candidato del centrosinistra, l’ex rettore Gaetano Manfredi. Dunque, ha un bel dire Roberto Esposito che “rinunciare al potere è una cosa complicata, ma il tratto istituzionale di una persona si vede proprio in queste circostanze”. Serve a poco ripetere, come fa Carofiglio, che “l’idea stessa di democrazia è strettamente legata al concetto di ricambio” oppure sforzarsi, come fa Villone, di spiegare che porre in limite temporale a queste cariche rappresenta “un presidio per il corretto e sano svolgimento della vita politica e istituzionale”. De Luca non è tipo da arretrare.

Nella storia, anche recente, ci sono precedenti illustri. A parte Zaia, Roberto Formigoni è stato alla guida della Regione Lombardia per 18 anni. De Luca stesso è stato sindaco di Salerno per quattro mandati, il primo nel 1993, intervallati solo da una parentesi imposta dalla legge, quando il futuro governatore fu costretto dalla legge a lasciare la poltrona a un suo fedelissimo, prima di saltarci di nuovo sopra al turno successivo. Un po’ come Vladimir Putin in Russia, che però è entrato al Cremlino solo nel 1999.

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Un cammino che ha visto De Luca dribblare in maniera spregiudicata le incompatibilità con le cariche di consigliere regionale e viceministro fino all’agognata elezione del 2015 come presidente della Regione. Ma se quello poteva essere considerato un punto di arrivo, la legge per il terzo mandato rischia di trasformarsi in un nuovo inizio per il politico che ha ispirato le straordinarie imitazioni di Maurizio Crozza. Il triplete lo accompagnerebbe, elettori permettendo, fino al 2030. Resta da capire se la riforma consentirà anche un quarto giro di giostra. In quel caso, anche il record di Putin sarebbe in pericolo.

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