Vivere a quasi 50 gradi in Sicilia: l’arte di stare immobili nell’isola bollente

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CATANIA –  Mai l’aria della Sicilia era stata così cattiva come in questi giorni, l’inerzia così opprimente e il sole così “eterno” sulla lunga spiaggia rettilinea della Plaja e sulla costa spietata dei Faraglioni di Polifemo mentre, sullo sfondo, l’Etna ancora martedì notte sbuffava la sua sabbia nera. «Mai u munnu ava statu accussì. A matina all’ottu c’è già a luci di menzionnu e non si po’ cchiù vidiri» mi dice la signora Maria che anche dentro la pasticceria indossa occhiali neri e interpreta a suo modo il cambiamento climatico, mi mostra le finestre tutte chiuse e gli omoni in canottiera lungo la via Etnea, e sbuffa: parla mentre sbuffa e sbuffa mentre parla. È una specie di Greta tardona e visionaria, il suo disagio e i suoi sbuffi valgono un Friday for future etneo contro la luce che sale insieme alla temperatura.

Caldo record: a Siracusa 48,8 gradi, mai una temperatura così alta in Europa

di

Isabella di Bartolo

11 Agosto 2021

Oggi qui la gente si difende dalla luce più che dal caldo: «Addivintamu disertu». La luce è quella mortale da cui vengono i tagliagola, quella dei demoni, degli scorpioni e dei serpenti raccontati nella Bibbia, nei Vangeli, e anche nel Corano: è la Sicilia che diventa Africa. E Catania è la città delle visioni e dei miraggi contro cui già lottavano i padri del deserto: erano luccicanti le tentazioni di Sant’Antonio. «Non po’ sapiri quanti n’hai vistu sveniri, non può sapere quanti ne ho visti svenire: una tedesca di sedici anni mentre era qui che parlava con me: ci furriaru l’occhi e cascau ‘nterra».

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Per non morire di caldo, i siciliani stanno praticando l’immobilità, che è la sola difesa possibile contro la sbracatezza e il sudore, ma è anche la più riconoscibile caratteristica dei cadaveri, il paradosso per un popolo che gesticola, grida e si fa il segno della croce davanti alle madonne negli incroci. Ma solo gli iperattivi sanno oziare, solo loro possono oziare senza darsi al demonio. L’iperattivo si modera nell’ozio, cambia la sua dose di lavoro, riduce l’intensità. Crede di oziare ma in realtà pensa, legge libri, aggiusta gli scaffali, va a pagare le multe, porta l’auto dal meccanico, controlla i vestiti dei bambini, va farsi il bagno al mare, accompagna la moglie dal parrucchiere, va dal dentista, prepara la pasta alla norma, la parmigiana e gli arancini.

Solo la notte ricomincia tutto come prima, e partono i soliti fuochi d’artificio di agosto, sul mare fermo e sulle pendici del vulcano che si agita. Leggo nelle cronache locali che si ammazza di più, omicidi e deliri, liti familiari e accoltellamenti, la mala vita che di giorno si riempie di aggressività biochimica la notte si consegna al demonio; caricata dalla sofferenza del non far niente al sole, nel buio si macchia di ogni ferocia.

E però il caldo fa bene ai limoni, che «qui si ingrossano con la sofferenza», mi spiega Salvatore Sequenzia, professore di Filologia classica, la più bella testa di Floridia, il paese che ha registrato il record di tutti i tempi nella temperatura d’Europa: 48,8 gradi. E, come sempre accade con le cose di Sicilia, più se ne parla e più la temperatura cresce. Se nel resto del mondo c’è la temperatura percepita, qui c’è la temperatura raccontata, e alle sette della sera sono diventati 51 i gradi tra i tavoli della pasticceria Finocchiario di Avola. Un’ora dopo, alle 20, al bar Crispino di Palazzolo si dice che «il picco è stato di 53» e solo dopo una pausa di riflessione: «Almeno pare».

A Vittoria, la città delle serre, e a Punta Secca, la spiaggia del Montalbano televisivo, il Covid è più arroventato del caldo: focolaio, si chiama infatti. Crescono i contagi, si rischia la zona rossa. Chiedo: che temperatura avete avuto? «E chi lo sa? I soliti 38 gradi, bel tempu e malu tempu non duranu tutto u tempu». Ma non è saggezza, è solo paura mascherata.

E invece il caldo non corrode i nervi dei floridiani «perché accarezza l’ apatia» che di Floridia è orami il genius loci mi spiega il professore Sequenzia, specialista di ebraico e lingue semitiche, un curriculum scientifico di prim’ordine, in cui quasi si smarriscono, anche per timidezza, le poesie sulla sua gente, carrettieri e casuzzi arripizzati che vuol dire muri scrostati e sistemati alla buona. Figlio dello storico macellaio di Floridia il professore mi spiega che ormai i suoi compaesani praticano l’immobilità anche al fresco dell’inverno. E dunque il caldo, che sta intossicando il resto del mondo, non danneggia i giardini degli aranci e nessuno si barrica nella case di tufo nella città che in dialetto si chiama Ciuriddia perché i “Flori” di Floridia sono i Ciuri, quelli della canzone ciuri ciuri che non è vero che fioriscono tutto l’anno.

Ed ecco l’altro paradosso della Sicilia: soffocare al mare. A Fontane Bianche, la spiaggia di Siracusa, una ventina chilometri da Floridia, il pensiero meridiano impazza a mezzogiorno, quando il sole è allo Zenit. E comincia il regno del diavolo, si entra nel luogo dei cattivi pensieri, della luce accecante, dell’ozio appunto, e persino le belle case di villeggiatura di Fontane Bianche davvero sembrano gli insediamenti palestinesi nella striscia di Gaza, è la spiaggia delle anime in pena. Alla fine mentre vado in aeroporto per tornare a Roma capisco di avere visto in Sicilia, e solo in Sicilia, la luce malata del nostro tempo. Solo l’ombra dà forza allo spirito? Si racconta che, mentre moriva, Goethe disse di vedere più luce: «Mehr Licht». Anche se qualcuno giurò di avere sentito: «Mehr Nicht». Più luce o più niente?

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