NEW YORK – “Non escludiamo di far uscire truppe americane dal perimetro dell’aeroporto di Kabul per recuperare chi è bloccato in città”. Lo ha detto ieri il portavoce del Pentagono John Kirby, rispondendo alla giornalista che gli chiedeva conto dell’avvertimento ai connazionali sul campo, diramato ieri dall’ambasciata Usa: “Non andate in aeroporto fino a nuovo ordine, intorno ai cancelli le minacce aumentano”.
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A preoccupare sono possibili disordini legati all’arrivo nella capitale del leader talebano Abdul Baradar, certo. Ma soprattutto la presenza di jihadisti dell’Isis, come confidato anonimamente al New York Times da fonti ufficiali. Il ramo afghano dello Stato Islamico non è mai stato amico dei talebani: ma ha sempre mantenuto una presenza nel paese e potrebbe tentare un attacco anche per distruggere il precario equilibrio attuale, mettendo definitivamente in crisi le complesse relazioni fra americani e studenti coranici.
“Non possiamo darvi notizie specifiche sul tipo di minacce, ma vogliamo essere sicuri che ogni movimento di chi è rimasto indietro sia coordinato con noi. La situazione è fluida e dinamica”, ha dunque affermato Kirby, confermando la presenza in aeroporto di 5.200 soldati. In realtà una prima operazione di recupero è già stata portata a termine: nella notte fra giovedì e venerdì tre elicotteri UH-47 hanno prelevato 169 cittadini americani dal tetto del Baron Hotel, a pochi passi dallo scalo. Duecento metri appena: nelle ultime ore talmente impercorribili da costringere un consistente numero di sfollati a radunarsi lì.
La missione è stata condotta con l’approvazione del presidente Joe Biden, scrive il quotidiano specializzato Military Times, descrivendo il blitz “simile a quelli condotti in città da francesi e inglesi. Gli americani vi ricorrono con cautela per non far saltare le trattative coi talebani”. Probabilmente memori di quanto accadde a Mogadiscio nel ’93: il raid per catturare il signore della guerra Aidid, conclusosi tragicamente con l’abbattimento di tre elicotteri Black Hawk e la morte di 19 soldati.
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E pazienza se la possibilità di far uscire le truppe dall’aeroporto Karzai già contrasta con quanto assicurato da Biden venerdì: “Non espanderemo il nostro campo d’azione oltre l’aeroporto per aiutare i soccorsi. Lo chiedono i militari sul campo e io non posso mettere in discussione il loro giudizio”.
Il solco fra il Commander-in-Chief e il suo Stato Maggiore si fa sempre più marcato. Lo dimostra pure la reazione del segretario alla Difesa Lloyd Austin – il generale che a marzo aveva presentato alla Casa Bianca l’ipotetico scenario di un Afghanistan riconquistato dai talebani subito dopo il ritiro – dopo la conferenza stampa di Biden venerdì (la seconda in 5 giorni, arrivata all’indomani dell’intervista concessa alla rete Abc).
Dopo aver sentito il presidente dire in diretta tv “riporteremo a casa tutti gli americani, le vie dell’aeroporto non sono bloccate”, Austin ne ha smentito apertamente le affermazioni: “Purtroppo ad alcune persone, americani compresi, è stato impedito l’accesso in aeroporto e sono stati picchiati dai talebani. Una situazione inaccettabile”.
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Certo, nelle ultime 24 ore progressi sono stati fatti: 6 C-17 e 32 aerei Charter hanno lasciare l’Afghanistan con 3.800 persone a bordo, portando a 17mila il numero di evacuati dal 14 agosto, quando, cioè, la situazione ha iniziato davvero a deteriorarsi. “Lavoriamo duramente per portar via quante più persone possibile”, ha proseguito il generale, riferendosi alla scadenza del ritiro del 31 agosto.
Sì, la data che Biden ha detto di voler estendere “se ci saranno ancora americani da recuperare” senza però poi dare conferme. “Se avremo più tempo, recupereremo più gente. Ma allo stato delle cose non è chiaro se saremo in grado di farlo”, ha alzato le mani, ripassando la palla alla Casa Bianca. Sul campo il movimento non manca: “Stiamo spingendo per ampliare il perimetro dell’aeroporto e bloccare il traffico veicolare adiacente” assicura il generale Mark Milley, capo del commando unificato. Situazione “fluida e dinamica” come dice Kirby. Aspettando gli sviluppi delle prossime ore.