Separati in mensa. Non ha il vaccino un lavoratore su tre

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ROMA – Rientro confuso in azienda con la novità del Green Pass a mensa. Sarebbero circa 5 milioni i lavoratori non ancora vaccinati, di cui 500 mila metalmeccanici: un terzo scarso della forza lavoro in Italia. A settembre, a ranghi pieni, le tensioni potrebbero salire. Specie laddove è impraticabile lo smart working, come in fabbrica.

Si cercano perciò soluzioni di buon senso nelle grandi aziende — riferiscono Cgil, Cisl e Uil — laddove prevale «l’arte di arrangiarsi»: salette dedicate, tensostrutture esterne finché regge il clima, cestini e lunch box. Problemi e «nervosismo» si segnalano invece nelle piccole e medie imprese, risolti per ora applicando il vecchio standard: tutti a mensa a prescindere dal pass, ma con le norme stringenti del Protocollo di sicurezza. Poi si vedrà: il problema sono gli spazi risicati, spesso limitati a refettorio, spogliatoio e cortile. Complicato trovare alternative.

Il problema non è solo logistico. Come segnalato già dalle aziende della ristorazione collettiva che offrono in appalto il servizio mensa alle aziende e anche dai sindacati, l’estensione alle mense aziendali dell’obbligo di Green Pass non avrebbe fondamento normativo perché avvenuto solo tramite la Faq — domanda e risposta — messa dal governo sul sito di Palazzo Chigi il 14 agosto. Ieri anche la commissione lavoro dell’Ordine degli avvocati di Milano ha detto che «l’obbligo non serve» perché «le norme di sicurezza esistono già». E perché c’è «una netta distinzione tra la ristorazione commerciale, aperta al pubblico, e la ristorazione aziendale accessibile solo ai lavoratori i quali ne usufruiscono sul posto di lavoro presso cui sono già in vigore protocolli e presidi di sicurezza». I legali aggiungono che «non esiste alcuna normativa che costringa il datore a controllare se il dipendente sia stato, o meno, sottoposto a vaccinazione».

Sul campo spunta qualche tensione, dopo il caso dell’Ikea di Piacenza con i lavoratori seduti in terra per mangiare. La Fiom-Cgil di Genova denuncia il caso Leonardo: «Ai lavoratori privi di pass è stato consegnato un pasto freddo: due panini, prosciutto a scelta, carne in scatola e “fruttino”. Inaccettabile». Ai Cantieri navali di Palermo i senza pass mangiano in un’altra stanza. Alla Kemet di Sasso Marconi (Bologna) in una sezione riservata della mensa vicino alle finestre aperte. Sempre in Emilia Romagna, Philip Morris e Basf offrono spazi aperti a tutti, con e senza pass. Hera e Ima un menu da asporto. Proteste si segnalano in Piemonte, nelle carceri di Novara, Fossano e Saluzzo: alcuni agenti penitenziari si astengono dal pranzo in segno di protesta e solidarietà ai colleghi privi di pass.
 

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