Blindati, suv ed elicotteri. Così il Pentagono rottama l’arsenale rimasto a Kabul

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Quei voli drammatici dal tetto dell’ambasciata statunitense, che hanno reso Kabul così simile a Saigon, sono stati l’ultima missione: i sette grandi elicotteri Skynight non decolleranno mai più, perché nelle prossime ore verranno distrutti. E come loro tutte le dotazioni belliche americane accumulate nell’aeroporto della capitale: centinaia di blindati, suv, mitragliere, radar saranno fatti saltare in aria.

Armi, droni, jeep, aerei: l’arsenale portato dagli Usa in Afghanistan ora è in parte in mano ai talebani

dalla nostra inviata

Anna Lombardi

20 Agosto 2021

L’Afghanistan è la tomba degli imperi ed anche il cimitero degli arsenali. In ogni città ci sono discariche impressionanti di tank, autoblindo e Mig d’ogni modello coperti di ruggine, che testimoniano la disfatta dell’Armata Rossa. Ora si aggiungono i rottami del Pentagono, prodotti da un’incredibile operazione di smantellamento.

Sin dallo scorso marzo, Washington ha ordinato di demolire una quantità colossale di mezzi: il bilancio provvisorio conta ben 17.074 “parti di equipaggiamento”. Una devastazione imposta dalla fretta e dalla geografia: per arrivare al porto più vicino, quello pakistano di Karachi, bisogna percorrere 1.836 chilometri di strade ad altissimo rischio. Ogni veicolo e ogni cassa devono quindi essere portati con gli aerei fino al Qatar e agli Emirati, dove poi trasbordarli sulle navi. Un viaggio difficile e talmente oneroso da far preferire l’auto-distruzione.

Già nel 2014, quando si ritirarono i 100 mila soldati extra schierati dall’amministrazione Obama, ci fu un gigantesco sfascio di materiali meno moderni o troppo logori: vennero trasformati in 176 milioni di chili di rottami, ceduti a prezzo di saldo.

Il copione paradossale si è ripetuto nelle scorse settimane. Le squadre di sabotatori hanno lavorato senza sosta, ma per annientare i loro stessi armamenti: hanno fatto esplodere migliaia di tonnellate di munizioni. Il caso più clamoroso riguarda i mezzi corazzati a prova di mina, chiamati Mrap: nel 2012 in Afghanistan ce n’erano 12.726. Per traslocarli sarebbero serviti 4.500 voli dei quadrimotori C-17: un impegno eccessivo anche per il Pentagono, che così li ha messi in vendita sul mercato dell’usato bellico.

Afghanistan, i raid delle forze speciali nelle strade di Kabul: “Non li abbandoniamo”

di

Gianluca Di Feo

24 Agosto 2021

Gli acquirenti sono stati pochini e nella scorsa primavera centinaia di questi “Bufali d’acciaio” sono stati fatti a pezzi, nonostante fossero costati al contribuente americano mezzo milione ad esemplare. Identica sorte per i suv, i pick-up e i furgoni civili usati in tante operazioni: quando lo scorso 2 luglio i marines hanno sgomberato l’aeroporto di Bagram, tagliando pure la luce e l’acqua, i militari afghani ne hanno trovati un migliaio, lasciati però senza le chiavi.

Il generale Kohistani ha detto che solo in quella base gli americani avevano buttato via 3 milioni e mezzo di oggetti, dai telefonini alle razioni di cibo, dalle mitragliatrici ai bulldozer. C’erano quasi cento veicoli blindati resi inservibili: uno spreco, che ha contribuito a deprimere i soldati dell’armata nazionale.

La scena più raccapricciante è avvenuta nell’ambasciata di Kabul, evacuata in poche ore all’arrivo dei talebani in città. Marines e funzionari hanno spaccato tutto, dai computer alle vetture di rappresentanza. Nella fretta si è deciso persino di far saltare in aria un sistema di difesa contro razzi e missili – il Centurion C-Ram – che proteggeva la sede diplomatica: un’arma hi-tech che valeva 10 milioni di dollari.

Il botto finale avverrà nelle prossime 72 ore, con la fuga dall’aeroporto di Kabul. Il portavoce del Pentagono ha già anticipato che la priorità sarà mettere in salvo le persone, a partire dai 4500 soldati che lo difendono. Il destino di veicoli da combattimento, armi, munizioni e apparati radar è segnata. «Ci sarà molto tempo per parlare dei rimpianti – ha detto il generale Milley, capo delle forze armate Usa – adesso dobbiamo pensare solo a concludere la missione».

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