Cristiano Ronaldo, quella gelida telefonata di Guardiola che ha spinto Cr7 verso lo United

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“La vita va avanti” diceva Allegri all’ora di pranzo, senza nascondere un sorrisetto compiaciuto: sembrava uno beccato col sorcio in bocca. Cristiano Ronaldo se n’era già andato da tre ore, dopo un veloce saluto alla squadra e una corsa all’aeroporto per volare a Lisbona col Gulfstream personale: era più di un anno che Cristiano, stanco di Juve dai tempi del lungo lockdown del 2020, sognava questo giorno, che infine è giunto con un finale a sorpresa e all’apparenza persino romantico.

Ronaldo torna sulla sponda di Manchester dove era diventato grande sotto la guida paterna di Ferguson, dove vinse la prima Champions e il primo Pallone d’oro, dove giocava da ragazzo fortissimo e imperfetto senza quella determinazione robotica che lo caratterizzerà negli anni a venire.

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È successo tutto in fretta, nella notte tra giovedì e venerdì: il mondo era andato a dormire convinto che sarebbe andato al City ma all’ultimo c’è stata l’apertura improvvisa e clamorosa dello United, cui Cristiano s’era offerto invano anche nel giugno scorso.

Perché all’Old Trafford abbiano cambiato idea, non si sa. “Non immaginavamo che lasciasse la Juve”, ha ammesso Solskjaer, che di Ronaldo fu compagno di squadra: “In pratica persi il posto per colpa sua”, ha scherzato.

Forse hanno creduto che CR7 al City sarebbe stato uno smacco troppo grande da sopportare, sta di fatto che mentre Guardiola rivolgeva a Cristiano parole gelide tanto in pubblico quanto in privato (al telefono, gli ha detto una cosa del genere: se vieni proveremo a convivere, ma non ti garantisco nulla), lo United preparava i 25 milioni di euro richiesti dalla Juventus e un biennale da 29 milioni stagionali per Cristiano, che a a inizio estate aveva chiesto invano ai bianconeri un prolungamento del contratto su quelle stesse basi. La Juve non aveva neanche intavolato il discorso.

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La separazione consensuale è arrivata perché la voglia di Ronaldo di andarsene non era ormai più grande della voglia della Juve di farlo andare. La panchina di Udine è stato un segnale chiarissimo, definitivo: con quella decisione Allegri ha dichiarato al mondo che il re era nudo, che l’era dei privilegi (che i compagni ormai non tolleravano più) era finita, che l’intoccabile Cristiano era stato declassato a “valore aggiunto”, lui che in ogni sistema solare si sentiva sempre il sole.

Allegri ha avuto fegato e personalità e la società ha gestito benissimo le ultime battute del rapporto, tenendo il punto con Mendes che suggeriva una risoluzione consensuale del contratto, dando un prezzo alla fuga (“portateci 25 milioni e vi lasciamo andare”) e facendo chiaramente passare il messaggio che era Cristiano ad andarsene, e anche in maniera non proprio elegante (per dire del suo coinvolgimento: nella prima versione del post di commiato ha sbagliato le uniche due parole scritte in italiano, grazzie e tiffosi), e non la Juve a mandarlo via.

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È la prima volta che il club non ha assecondato Cristiano in ogni virgola, recuperando la storica centralità della squadra che in questi anni si era stemperata in una pericolosa dipendenza da un giocatore che, a conti fatti, ha portato a un’involuzione tecnica ed economica. Come aveva previsto Allegri tre anni fa.

Adesso la Juve dovrà cercare un nuovo attaccante ma senza ansia, perché nei piani di Allegri il tridente titolare era già ChiesaMorataDybala. Vista la situazione, molti si stanno facendo avanti con Cherubini: il Real ha offerto il prestito di Hazard (controindicazioni: l’ingaggio da 15 milioni e la salute barcollante), ma anche il Chelsea (Werner) e l’Arsenal (Aubameyang, che all’allenatore garba assai) hanno fatto sapere di avere attaccanti a disposizione.

Ad Allegri non dispiacerebbe un uomo d’area: Icardi è stata la prima idea ma è un’operazione complicatissima (a meno che Mbappé non resti a Parigi) mentre il nome più caldo resta quello di Kean, che all’allenatore piace perché in attacco può coprire ogni posizione e perché, come calciatore formato nel vivaio, non occupa posti nella lista Uefa.

Altre opzioni sono Scamacca e Raspadori. Di sicuro Allegri, che in questo momento è la faccia della Juventus, non ha tradito alcun cenno di delusione: “Io non mi meraviglio di nulla. È una legge di vita: i campioni vanno, la Juve resta. È giusto che rimanga solo chi vuole farlo davvero”. A Torino, ieri, nessuno ha pensato a questo venerdì d’agosto come a una brutta giornata.

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