Si ritroveranno a cena. E lì, nel cuore di Marsiglia, Mario Draghi ed Emmanuel Macron cercheranno di sancire una doppia svolta. Prima di tutto rilanciare un’iniziativa italo-francese sull’Afghanistan, provando a difendere un G20 straordinario che adesso sembra imbrigliato dai veti tra superpotenze. E costruire una proposta per la difesa comune europea, che superi il meccanismo infernale dell’unanimità. I due leader ci credono. Vogliono accelerare. E intendono candidarsi a colmare la “vacatio” tedesca in Europa, frutto di elezioni politiche incerte e orfane di leadership “pesanti” dopo i tre lustri di Merkel. È il segnale politico del bilaterale, annunciano le due diplomazie. Necessario per dare risposta ad alcuni segnali allarmanti. L’ultimo, in ordine di tempo, è di ieri, con la riunione dei ministri degli Interni Ue incapace di approvare una proposta continentale sui corridoi umanitari, anche a causa delle cautele di Berlino.
“Zona protetta a Kabul”. Il piano Macron – Johnson per chi vuole partire
dal nostro inviato
Daniele Castellani Perelli
29 Agosto 2021
La crisi afghana, ovviamente, è lo spunto che ha convinto Macron a invitare il premier italiano. Il presidente francese è reduce dalla battuta d’arresto in seno al Consiglio di sicurezza dell’Onu sull’ipotesi di una “safe zone” internazionale a Kabul. Draghi sconta invece alcune perplessità angloamericane e attende il contatto telefonico del 7 settembre con il cinese Xi per verificare l’adesione di Pechino a un summit che sembra in salita. Le due difficoltà spingono i leader a ritentare, stavolta assieme. E a ragionare delle ultime due opzioni rimaste sul tavolo, cercando una sintesi. La prima è rilanciare sul G20 straordinario, puntando ancora sui corridoi umanitari gestiti sul terreno dall’Unhcr. In questa chiave, l’alto commissario per i rifugiati Filippo Grandi è stato coinvolto da Luigi Di Maio nel vertice informale dei ministri degli Esteri Ue di domani. L’altra carta, elaborata dai francesi, è quella di un “ponte” internazionale” organizzato dal Qatar.
Emergenza profughi, Europa divisa sul grande esodo dall’Afghanistan
dalla nostra corrispondente
Tonia Mastrobuoni
31 Agosto 2021
Ma non è tutto. Perché l’ambizione di Draghi e Macron è allargare al massimo la cooperazione. Sui migranti. Sulla revisione del patto di stabilità e l’eventuale Recovery bis. In Libia e Sahel. E soprattutto sulla difesa comune, in modo da portare a una svolta già nel primo semestre 2022, a presidenza francese. Ne potrebbero discutere già oggi i ministri della Difesa Ue. Non soltanto immaginando una forza d’intervento rapido di 5mila uomini con meccanismi decisionali non soggetti ai veti. Ma intensificando anche la partnership industriale e tecnologica. Anche su questo nodo, però, pesa lo stallo in Germania. Il governo attuale è favorevole a una cooperazione rafforzata o a una coalizione di volenterosi che coinvolga anche Londra. Ma l’Spd, in testa nei sondaggi, è condizionata dalla sinistra del partito. Che con un voto parlamentare ha già affossato l’eurodrone, bocciando l’eventualità che possa essere armato. Se i socialdemocratici dovessero conquistare la Cancelleria e allearsi con la Linke, la politica di sicurezza comune subirebbe un duro stop.
L’Onu boccia le zone protette. “Ma i talebani rispettino i diritti”
dal nostro inviato
Daniele Castellani Perelli
30 Agosto 2021
I segnali, si diceva, sono inequivocabili. “In Germania accogliamo già 500 migranti al giorno”, ha detto ieri durante la riunione dei ministri degli Interni Ue il tedesco Horst Seehofer, smentendo il ministro degli Esteri lussemburghese Asselborn che aveva chiesto all’Unione di accogliere 40mila profughi dall’Afghanistan. Berlino considera prioritario evitare un tema, quello dei ricollocamenti, che spaccherebbe non solo la Grande coalizione, ma la Ue. Nella riunione a porte chiuse di ieri, ai “soliti noti” Austria, Polonia e Ungheria si sono aggiunti almeno tre nuovi “falchi” contrari a quote di profughi afghani: Repubblica Ceca, Lituania e Danimarca.
E non è un caso che tra i pochi a sollevare il tema dei corridoi umanitari sia stata proprio la Francia. Nella dichiarazione finale, però, si parla genericamente di un forum di alto livello per decidere i reinsediamenti. E a microfoni spenti qualcuno ipotizza anche un vertice straordinario dei leader europei entro il 15-20 settembre, ma solo se le spaccature dovessero rientrare. Nel frattempo ha prevalso una linea cauta: affrontare, intanto e soltanto, l’emergenza. Ossia, l’evacuazione di chi ha collaborato con i governi del continente.
Fitoussi: “In Afghanistan l’Europa ha perso l’occasione per fare la differenza”
di
Eugenio Occorsio
28 Agosto 2021
E non è tutto. Angela Merkel ha ribadito che “bisogna trovare il modo di parlare con i talebani”, ma secondo fonti diplomatiche le trattative degli sherpa tedeschi e di altri Paesi con i nuovi padroni dell’Afghanistan sono già in corso. Lo scopo è garantire corridoi sicuri anzitutto verso i Paesi vicini – Tagikistan, Uzbekistan, Pakistan, Kirgisistan – e un sostegno economico ai governi e all’Unhcr, attraverso risorse ritagliate dal Bilancio Ue e dai fondi per la cooperazione. La sola Germania ha già promesso 500 milioni ai Paesi dell’area e 100 milioni all’Afghanistan. Ma guai a chiamarlo un accordo-bis tra Ue e Turchia, puntualizza la commissaria Ue agli Affari interni: “Non con un copia-incolla”. La sfida, ora, è trovare le differenze.