Duello sul reddito di cittadinanza. Anche l’Ocse frena: va ridotto

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Come spesso accade quando le sparate di Matteo Salvini rischiano di mandare in frantumi la maggioranza, tocca a Giancarlo Giorgetti rimettere insieme i cocci. Anche a costo di smentire il suo leader. Una specie di gioco delle parti, non si sa bene fino a che punto voluto, in cui l’uno incarna la lotta e l’altro il governo.

Era accaduto sulle riaperture, poi sull’estensione del Green Pass, adesso a dividere il vertice della Lega è l’abolizione del reddito di cittadinanza. Evocato già a fine agosto da Salvini che, nella consueta marcatura a uomo di Giorgia Meloni, aveva annunciato un emendamento a sua firma per cancellare il totem grillino (varato dal Conte 1, di cui lui era vicepremier) salvo doversi arrendere alla realpolitik del ministro dello Sviluppo. Il quale, dovendo scegliere tra Draghi – che ha detto di condividere “appieno il concetto alla base del reddito di cittadinanza” – e il capo del suo partito, ha scelto il premier. Mossa necessaria per scongiurare una nuova guerra interna all’esecutivo alla vigilia del tour de force autunnale sulle riforme, con i 5S già sulle barricate e il Pd allo studio sui correttivi. “Dobbiamo cominciare a ragionare di lavoro di cittadinanza”, ha aperto ieri Giorgetti. “La Costituzione italiana recita che è il lavoro che ci rende pienamente cittadini. Lo sforzo è di trasformare il reddito di cittadinanza in lavoro di cittadinanza”. Una virata netta rispetto alla furia demolitrice di Salvini che il giorno prima, a Cernobbio, aveva condiviso la definizione – “Metadone di Stato” – data al Rdc dalla leader di FdI, scatenando la furia di M5S e centrosinistra. Preludio di uno scontro in seno al governo proprio nel giorno in cui l’Ocse certifica che l’introduzione del Reddito “ha contribuito a ridurre il livello di povertà delle fasce più indigenti della popolazione”. Mostrandosi efficace nel contrasto alla pandemia – “Nel 2020 i trasferimenti pubblici hanno limitato la diminuzione del reddito disponibile delle famiglie al 2,6% in termini reali” – ma non altrettanto sul fronte dell’occupazione: “Il numero di beneficiari che di fatto hanno poi trovato impiego è scarso”. Da qui l’invito a ridurlo “per incoraggiare i beneficiari a cercare lavoro”.

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Fieno nella cascina grillina. Per loro il Rdc è uno strumento “importantissimo per le persone in difficoltà e il M5S lo difenderà”, taglia corto il presidente della Camera Roberto Fico. Lanciando l’assist a Giuseppe Conte, che parla di “campagna vergognosa” e attacca: “Trovo vigliacco e folle che esponenti politici, per giunta con trattamenti economici privilegiati, chiedano di abrogare una misura di civiltà che tutti gli altri paesi hanno”, tuona l’ex premier giallorosso. Cancellarlo “sarebbe la rottura di un patto di lealtà e di una logica di sostegno e collaborazione”, avverte Conte, convinto che però Draghi non lo farà e dunque l’appoggio al governo non verrà meno.

Un’irritazione condivisa dal Pd, secondo cui Salvini un giorno dice una cosa, il giorno dopo un’altra. “Giorgetti” osservano al Nazareno “ha provato a conciliare l’inconciliabile, ossia mettere insieme le giravolte del suo leader con le parole di Draghi che ha detto ciò che il Pd afferma da mesi: il Reddito è uno strumento condivisibile che va migliorato”. Quindi “il ministro sostenga il Piano Gol, Garanzia Occupabilità Lavoratori, che Orlando sta portando avanti e che per la prima volta dopo decenni metterà a disposizione 5 miliardi per le politiche attive”, l’appello. L’occasione “per correggere un provvedimento che ha alleviato la sofferenza di tanti cittadini. La destra la smetta di fare la guerra ai poveri”. Ma Salvini non demorde: “Il Rdc ha portato solo lavoro nero e disoccupazione. In Parlamento proveremo a modificarlo o cancellarlo”. Due opzioni, stavolta, non più una sola. L’inizio della retromarcia.

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05 Settembre 2021

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