Il centrodestra e l’effetto Cernobbio: dietro la pace Salvini-Meloni c’è il patto per il voto anticipato

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ROMA – Chiamatelo, se volete, effetto Cernobbio. Perché è vero che per celebrare i matrimoni serve il Green Pass, ma Matteo Salvini e Giorgia Meloni hanno ribadito in Aula – proprio sul no al certificato verde – l’unione politica auto-paparazzata domenica in riva al lago di Como. Non è casuale, neppure un po’, la posizione della Lega alla Camera, quella crepa aperta nella maggioranza per trovarsi sulla stessa barricata di Fratelli d’Italia. Il segretario del Carroccio continua a ondeggiare fra la dimensione della lotta e quella del governo, però stavolta non segna in Aula una cesura con gli amici-nemici di destra, proprio in nome di un nuovo patto che – almeno negli intenti – dovrebbe sotterrare liti e incomprensioni.

Salvini-Giorgetti-Meloni: vertice fuori programma a Cernobbio

dalla nostra inviata

Annalisa Cuzzocrea

05 Settembre 2021

Perché questo c’è, dietro il selfie di Salvini e Meloni sorridenti nei luoghi dei Promessi Sposi: un accordo per serrare le fila in vista di elezioni politiche che i due leader vedono vicine. Dopo il voto per il Quirinale. Lo dice, senza mezzi termini, Ignazio La Russa, cofondatore di Fratelli d’Italia che domenica è stato al fianco di Meloni prima e dopo l’intervento della presidente a Cernobbio: “Si è parlato di elezioni e della prospettiva che queste siano anticipate, come sia noi che Salvini crediamo e auspichiamo. Quella foto, insomma, non è un fatto episodico: è l’inizio di un cammino”.

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Il patto è quello di tentare di sostenere Mario Draghi nella corsa al Colle, per poi giungere a una chiusura anzitempo della legislatura. Molto, ovviamente, dipenderà dalle intenzioni ancora non manifestate da parte del premier, ma molti – nei quartieri alti di Lega e Fdi – sono convinti che l’ex capo della Bce potrebbe sciogliere la riserva più facilmente se constatasse che attorno al suo nome fosse pronta a formarsi una maggioranza ampia e solida. “Ci piacerebbe se Draghi fosse il primo Capo di Stato dopo Ciampi eletto non da una parte politica definita”, ancora La Russa che si spinge oltre quanto sinora affermato dalla stessa Meloni. Ecco una strategia su più livelli, da parte delle due forze della Destra. Primo: rimuovere i contrasti fra i big che ne hanno caratterizzato la storia recente.

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07 Settembre 2021

Secondo: ritrovarsi attorno ad alcuni temi non divisivi come la lotta all’immigrazione clandestina e il no alle restrizioni figlie della guerra al Covid. Terzo: cercare nelle altre forze politiche le sponde necessarie per provare a portare Draghi al Quirinale. Missione sulla carta facile, vista la stima di cui gode il premier, ma terribilmente complicata per la presenza di un partito trasversale che vuole Draghi a Chigi fino alla conclusione della legislatura o che comunque acconsentirebbe alla sua ascesa al Colle solo se ciò non precludesse il traguardo del 2023. E sia Meloni sia Salvini sanno bene che un problema l’hanno in casa: si chiama Forza Italia, i cui esponenti di governo tifano per la lunga durata dell’esecutivo. Anche perché, nel frattempo, nessuno in casa azzurra si sente di infrangere il sogno quirinalizio di Silvio Berlusconi.

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di

Annalisa Cuzzocrea

06 Settembre 2021

In ogni caso, la ritrovata intesa fra Lega e Fdi si tradurrà a breve in una riunione che dovrebbe partorire un coordinamento parlamentare dell’intero centrodestra, con l’obiettivo di giungere senza più strappi d’aula alle elezioni. Ieri, per la prima volta dopo sei mesi, Giorgia Meloni ha applaudito a una mossa parlamentare della Lega: “Sono contenta che quella parte del centrodestra che ha deciso di sostenere Draghi non si pieghi alla volontà della sinistra”, ha detto in coincidenza con l’astensione dei salviniani alla Camera sulla norma soppressiva del Green pass. Parole e toni ben diversi da quelli che la presidente di Fdi usava, fino a qualche tempo fa, contro Salvini “ostaggio di Speranza”. Nessuno è pronto a giurare che le divergenze si dissolveranno: ma l’intento è quello di tenere al riparo dalle polemiche le amministrative d’ottobre ed accantonare il dibattito sulla leadership, da affidare successivamente alle urne. “In tutte le famiglie fratelli e sorelle litigano – chiosa La Russa – ma alla fine, a Natale, si siedono sempre allo stesso tavolo”.
 

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