Roma, museo della Shoah: retromarcia del Campidoglio, Raggi blocca tutto dopo un altro no della Comunità ebraica

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Il primo “no”, piuttosto secco, non è bastato. Per convincere Virginia Raggi a cancellare la cerimonia per l’avvio dei lavori del Museo della Shoah ne è servito un secondo. Sì, perché dopo la Comunità ebraica di Roma anche l’Unione delle comunità ebraiche italiane si è sfilata dall’appuntamento per la posa della prima pietra del museo della Shoah.

L’evento originariamente previsto per martedì mattina a villa Torlonia è stato subito bollato come “uno spot elettorale” dai discendenti di chi ha vissuto l’Olocausto. Non a caso, la scorsa settimana, era stata la Cer guidata da Ruth Dureghello a rispedire al mittente l’invito senza troppi ringraziamenti.

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Ora il nuovo strappo. Nella nota diramata dal Campidoglio grillino ieri sera, a poche ore dall’evento, era prevista la partecipazione dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, che ovviamente ricomprende quella romana. Una presenza che Noemi Di Segni, la presidente dell’Ucei, ha subito smentito categoricamente: “Non è vero, non ci sarò. Deve essere un errore del Comune. Abbiamo chiesto al Campidoglio di spostare l’iniziativa per ragioni di opportunità”.

Una risposta che la sindaca Virginia Raggi poteva ampiamente pronosticare. Di Segni, infatti, era già stata contattata nelle ultime ore da palazzo Senatorio. Al telefono aveva ribadito la sua assenza, sempre per motivi di opportunità. Le urne sono troppo vicine per presentarsi alla passerella allestita dalla sindaca uscente.

Una posizione in linea con quella espressa dall’Unione delle comunità ebraiche italiane durante l’ultimo consiglio di amministrazione della Fondazione Museo della Shoah: “L’avvio dei lavori va rinviato a dopo le elezioni”.

E così sarà. Nella tarda serata di ieri è arrivato il dietrofront di Raggi. I lavori partiranno, ma senza alcun taglio del nastro. Ad annunciarlo ieri sera è stata la stessa sindaca sui social: “Come ho detto giorni fa, non voglio che questo tema diventi terreno di polemiche ingiustificate. Per questo ho deciso che non ci sarà una cerimonia pubblica per l’apertura del cantiere. La Comunità ebraica di Roma ha deciso di non essere presente. Rispetto la decisione, pur non condividendola. Come ho dimostrato in questi anni, non voglio alimentare contrapposizioni che farebbero male alla città e ai romani”.

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Soprattutto su un’opera attesa ormai da 24 anni. L’inizio dei cantieri per il museo è stato annunciato per la prima volta nel 1997. La seconda nel 2005, quando in Campidoglio c’era Walter Veltroni. I lavori avrebbero dovuto prendere 18 mesi. Previsioni più che ottimistiche.

Tornando alla cronistoria dell’opera, nel 2006 vengono almeno individuati gli spazi: il Comune acquista per 15 milioni un’area di villa Torlonia, a ridosso della residenza di Benito Mussolini. Da quel momento in poi, il progetto entra nel vortice dei bandi e dei ricorsi. Invecchia. Per il via libera degli uffici del Comune bisogna attendere il 2020. Quindi l’ultima bagarre. Gerusalemme, Washington, Berlino, Londra e Parigi hanno già un Museo della Shoah. Roma? Tra le polemiche, è ancora alla posa della prima pietra.

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