Eitan, pratica urgente ma tempi imprevedibili: l’Italia in campo se lo chiedono i tutori

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Dopo il ricorso presentato dagli zii del piccolo Eitan Biran al Tribunale per le questioni familiari di Tel Aviv, esiste uno spazio per la diplomazia italiana per intervenire e sollecitare il ritorno del bambino in Italia? Ecco il parere degli esperti di Via Arenula. 

Pur non avendo fatto passi ufficiali con Israele, in altri casi in passato, il ministero della Giustizia italiano è stato informato della procedura in corso per poter seguire comunque la vicenda. Ovviamente il ruolo dell’Italia cambia se la stessa domanda viene rivolta anche al ministero della Giustizia.

Il reato contestato ai nonni dalla procura di Pavia – sequestro di persona aggravato – non giustifica comunque un intervento immediato delle autorità italiane? 

I provvedimenti che possono essere emessi nell’ambito dell’inchiesta penale aperta nei confronti degli indagati, in questo caso i nonni di Eitan, per il delitto di rapimento, sono di competenza del gip, il giudice per le indagini preliminari, e devono essere richiesti dalla procura, in questo caso quella di Pavia, eventualmente anche su sollecitazione di chi ha fatto la denuncia. 

Il rapimento viola la Convenzione dell’Aja sulla sottrazione internazionale di minori del 1980, firmata sia dall’Italia che da Israele. Cosa devono fare le autorità italiane per attivare la Convezione?

Senza una richiesta, in questo caso della zia di Eitan in quanto tutrice legale, i nostri ministeri della Giustizia e degli Esteri non possono attivarsi autonomamente. La Convenzione impone in via generale ai giudici dello Stato dove sono stati illecitamente condotti i minori contesi, fatte salve ipotesi eccezionali, di ordinarne il rientro immediato nel Paese di provenienza. Ma questo strumento non può essere attivato d’ufficio dalle autorità italiane. È necessario che il titolare della responsabilità genitoriale o l’affidatario presenti un’esplicita richiesta per far tornare in Italia il minore che è stato sottratto.

Ma questa non è una procedura che rischia di compromettere il destino del bambino anche allungando i tempi dell’eventuale rientro in Italia? Perché è per forza necessario che sia la tutrice legale di Eitan, la zia paterna Aya Biran, a chiedere la restituzione di Eitan?

L’articolo 3 della Convenzione dell’Aja si esprime in termini molto chiari: il trasferimento o il trattenimento all’estero di minori può considerarsi illecito, sul piano del diritto civile disciplinato dalla Convenzione stessa, “quando avviene in violazione dei diritti di custodia assegnati a una persona, istituzione o ente”. Costoro, secondo la Convenzione, possono chiederne il ritorno presentando una formale richiesta.

Di fronte alla decisione della zia di Eitan di rivolgersi direttamente alle autorità israeliane in concreto quali sono gli interventi che l’Italia può fare per facilitare la trattativa ?

L’Italia potrebbe comunque esercitare le proprie funzioni di assistenza, ma solo qualora il suo successivo intervento, che si può considerare di affiancamento con l’obiettivo di sostenere le ragioni di chi fa la richiesta di ritorno in Italia, fosse espressamente sollecitato o dalla zia di Eitan oppure dagli uffici israeliani.

Non è possibile un contatto diretto tra i giudici italiani, quelli di Pavia che stanno indagando, e i giudici israeliani, per risolvere giuridicamente la questione e decidere se Eitan può essere restituito alla sua tutrice legale? 

I pm della procura di Pavia, titolari delle indagini sul caso, potrebbero avvalersi degli strumenti di cooperazione giudiziaria penale previsti in eventuali accordi bilaterali o internazionali, se in passato questi sono stati stipulati tra Italia e Israele e se sono tuttora in vigore. 

Per evitare danni psicologici a Eitan i tempi dovranno essere rapidi. Quanto tempo potrà passare dal “rapimento” del nonno alla sua eventuale restituzione? 

I tempi di definizione della controversia, che devono essere estremamente ristretti secondo la stessa Convenzione dell’’Aja, dipendono solo dalle autorità Israeliane, tenute a pronunciarsi con la massima urgenza sulla domanda di rientro, a partire dal momento in cui essa è stata formalmente presentata. Ovviamente, i tempi della procedura dipendono anche dalla complessità del caso stesso e dalla necessità di assumere le prove sul fatto avvenuto. 

I 12 precedenti tra Italia e Israele che ci dicono? È possibile fare un raffronto tra questi casi e quello attuale? 

Dei 12 precedenti solo 8 si possono considerare simili al caso di Eitan perché riguardano minori residenti in Italia che illecitamente erano stati condotti in Israele. Di questi, per cui si è mosso lo Stato di Israele, solo 3 si sono conclusi con il rientro in Italia dei minori contesi: una delle altre 5 domande è stata respinta dai giudici Israeliani e le restanti 4 sono state abbandonate dai richiedenti. 

E quali sono stati i tempi per il ritorno in Italia? 

Le informazioni sono disponibili solo per un caso successivo al 2005, perché negli anni precedenti non venivano inserite notizie dettagliate nel sistema informatico di censimento dei fascicoli. La documentazione rivela che nel caso più documentato ci vollero tre mesi per giungere a una pronuncia giudiziaria dall’attivazione della pratica in Italia, e il ritorno del minore avvenne un mese dopo la decisione.

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