Green Pass, il mea culpa del Parlamento: “L’obbligo in aula dovevamo deciderlo prima”. Ma i no vax non ci stanno

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ROMA –  Uguali e scontenti. Nel cortile di Montecitorio, in un giovedì dal cielo incerto come le opinioni dei pochi che animano il Palazzo, il provvedimento del governo che “invita” il Parlamento ad adottare il Green pass non suscita grandi emozioni. Finirà, a breve, che Camera e Senato si adegueranno a una normativa che riguarda tutti i lavoratori ma gli eletti si dividono sostanzialmente in tre fazioni: chi dice semplicemente che è giusto così, senza salti di gioia, chi ritiene che bisognava pensarci prima senza farsi “commissariare” da Palazzo Chigi, chi non ama il passaporto sanitario e dunque poco tollera una sua estensione fin dentro le aule legislative. In ogni caso, il clima non è quello della soddisfazione sfrenata.
 

Squilla in continuazione il telefono di Gregorio Fontana, presidente del collegio dei questori dela Camera: “Cosa faremo? Applicheremo semplicemente le stesse norme che valgono per tutti gli italiani”. D’altronde, ricorda Fontana, “a Montecitorio il Green Pass viene già chiesto per entrare in mensa e in biblioteca. Si tratta di disporre ora i controlli agli ingressi del Palazzo”.

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16 Settembre 2021

La misura cautelativa arriva quasi a un anno dal boom di contagi alla Camera che fece esplodere il dibattito sull’opportunità del voto a distanza: “Siamo riusciti a non trasformare questo posto in un cluster, a non fermare mai i lavori e, se permettete, anche a impedire collegamenti video con deputati a casa in mutande e canottiera”, prorompe Fontana. Forse è così, ma per la medesima esigenza di sicurezza – e per dare l’esempio – non ci si poteva sottoporre prima, in autonomia, all’obbligo del Green Pass? “Sia benedetto questo invito del governo che sicuramente accoglieremo: ma abbiamo indubbiamente perso tempo”, dice il deputato segretario Francesco Scoma, di Italia Viva.

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16 Settembre 2021

Ed è una posizione trasversale, sposata da Fratelli d’Italia: “Noi siamo contro il Green Pass ma anche per il rispetto della legge: se il provvedimento vale per tutti, vale anche per i parlamentari – afferma il capogruppo Francesco Lollobrigida – Ma io avrei preferito una scelta autonoma, e in anticipo, da parte della Camera”. Ancora più esplicito il vicepresidente Fabio Rampelli: “Il governo è stato costretto a fare un intervento a gamba tesa, forzando anche le sue prerogative, perché i presidenti di Camera e Senato hanno temporeggiato”. Ed è un’idea, questa, che appartiene anche al Pd: “Da agosto chiedo il Green Pass in Parlamento – si affretta a sottolineare il senatore Andrea Marcucci – Meno male che il governo c’è: il tempo della melina è terminato”.

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Annalisa Cuzzocrea

16 Settembre 2021

D’altronde, non era facile imporre un provvedimento a una pletora di rappresentanti del popolo fra i quali gli scettici del Pass fanno la voce grossa in piazze, tv, persino convegni organizzati dentro il Palazzo. Il leghista Claudio Borghi è un fiume in piena: “Ma si rende conto? Siamo al punto che un governo “intima” un provvedimento al Quirinale e alla Consulta. Che bello, ora che l’obbligo sarà esteso al Parlamento, quindi anche a me, avrò l’occasione di potere fare un bel ricorso alla Corte costituzionale”.

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Valentina Conte

Giovanna Vitale

15 Settembre 2021

Il senatore Gianluigi Paragone lancia la sua sfida: “Ho sempre detto che il Green Pass è un atto da vigliacchi perché fa da paravento a chi non ha il coraggio dell’obbligo vaccinale. Un parlamentare che non è immunizzato dovrebbe fare un tampone prima di prendere un mezzo per raggiungere Roma, poi un altro se vuole completare la settimana di impegni in Parlamento. Non ci sto, io forzerò questa regola ed entrerò lo stesso in Senato: vediamo chi mi dirà che non posso svolgere il mio mandato.

In un Parlamento ci può essere una minoranza radicale che contesta il Green Pass? Vuoi ostacolare pure questa?”. Mattia Crucioli, ex 5S passato in “Alternativa c’è”, è sulla stessa frequenza: “Volete subordinare le mie prerogative parlamentari a un lasciapassare? Mi pare ci sia un problema costituzionale”. Poco più in là, ecco Roberta Ferrero, la senatrice leghista che ha organizzato a Palazzo Madama il discutissimo convegno sulle cure alternative per il Covid, fra cui la liquirizia e gli antiparassitari: “Io sono contraria all’estensione dell’obbligo del Green pass a tutti i lavoratori, e siccome considero lavoratori anche i parlamentari tiri lei le conclusioni… Poi, con i tamponi è un problema: almeno estendiamo il periodo di validità ai 5 giorni della settimana lavorativa”.

“Non vedo dove stia la difficoltà: i tamponi – replica il deputato questore Francesco D’Uva – alla Camera si possono fare gratuitamente ogni giorno. Se scade un Green pass, insomma, si rinnova”. Dichiarazioni che incorniciano una giornata di sentimenti tiepidi, che nessuno si azzarda a definire storica: così, fra le tensioni e con la “raccomandazione” del governo, il certificato verde entra in Parlamento.
 

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