“Noi in prima linea per aiutare gli uomini che maltrattano le donne, ma la politica ci ha dimenticati”

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Sono pochi, isolati e trascurati. I centri dedicati agli uomini autori di violenza di genere restano ancora uno strumento scarsamente utilizzato nelle attività di contrasto alla violenza nelle relazioni intime. È persino difficile scoprire quali siano e dove siano: gli unici dati disponibili (elaborazioni Istat su dati CNR – IRPPS) sono fermi al 2017, quando erano attivi meno di settanta punti di accesso sul territorio nazionale, concentrati maggiormente nel Nord Italia (soprattutto Emilia-Romagna e Lombardia). Oggi non si sa.

Fatta eccezione per l’esperienza a Milano con i sex offenders nel carcere di Bollate, il primo servizio in Italia dedicato agli autori di comportamenti violenti nelle relazioni affettive è il C.A.M, Centro di ascolto uomini maltrattanti di Firenze, di cui Mario De Maglie è vicepresidente. Dal 2009, qui, sono passati circa un migliaio di uomini.

Uomini che uccidono le donne

di

Oriana Liso

09 Settembre 2021

De Maglie, perché i centri di aiuto agli uomini maltrattanti sono così importanti?

“Le esperienze degli ultimi anni dimostrano che l’attività con gli autori di violenza rappresenta un tassello importante del lavoro di prevenzione e messa in sicurezza delle donne. Di fronte alle ottanta donne vittime di femminicidio nel 2021, e a un numero non quantificabile di donne che quotidianamente subiscono violenza fisica, economica e psicologica, non basta migliorare la formazione nei tribunali; creare nuovi strumenti di protezione per le donne che denunciano; incrementare il sostegno offerto ai genitori e ai figli delle donne vittime di femminicidio che, come racconta magistralmente Stefania Prandi nell’inchiesta ‘Le conseguenze. I femminicidi e lo sguardo di chi resta’, sono spesso lasciati soli. Occorre fare di più. Se la società non aiuta gli uomini a individuare e disinnescare quei meccanismi che alimentano la violenza di genere allora ogni sforzo è destinato a fallire”.

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15 Settembre 2021

Eppure sembra che la politica non si stia occupando di questi centri: i finanziamenti scarseggiano.

“Come C.A.M. noi abbiamo una convenzione con l’Asl di Firenze, perciò non facciamo fatica. Ma molti dei centri dedicati agli uomini maltrattanti non ricevono sufficienti finanziamenti pubblici e vivono contando soltanto sulle energie dei volontari. Quello che manca maggiormente, comunque, non è il sostegno economico, ma proprio quello politico. Eppure l’istituzione e la diffusione di programmi di trattamento rivolti gli autori di violenza di genere era già previsto dall’articolo 16 della Convenzione di Istanbul, del 2011. E il piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020 prevedeva proprio l’attivazione di percorsi di rieducazione. Al momento si tratta di impegni disattesi”.

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Alessia Candito

13 Settembre 2021

Quali sono gli obiettivi dei vostri percorsi di cura?

“Direi che gli obiettivi sono tre: prima di tutto accompagnare l’uomo a raggiungere piena consapevolezza degli episodi che lo hanno condotto a porre in essere dei comportamenti violenti; poi, aiutarlo a riflettere sulle conseguenze materiali ed emotive che la violenza economica, fisica, sessuale e psicologica ha sulle vittime e sulle loro famiglie; ed infine prevenire nuovi o reiterati episodi”.

Come funziona la presa in carico?

“Il nostro staff è composto da psicologi, psicoterapeuti, psichiatri ed educatori, sia donne che uomini. Dopo quattro o cinque colloqui individuali, che si svolgono perlopiù al telefono, questi uomini iniziano un percorso di gruppo, in presenza, che dura minimo sei mesi ma che può raggiungere anche i due/tre anni. L’elevata variabilità dipende (anche) dal grado di motivazione con cui accedono allo sportello”.

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12 Settembre 2021

Chi vi contatta solitamente?

“Il 40% degli uomini, e non sono pochi, ci contatta spontaneamente, avvertendo la sensazione che qualcosa non va nei propri comportamenti. Talvolta ci chiamano anche persone preoccupate dall’uso della violenza fatta da una persona conosciuta. La maggior parte arriva a noi su indicazioni di un magistrato o di un ispettore di polizia. Da quando nel luglio del 2019 è entrato in vigore il Codice Rosso, che prevede che la partecipazione ai programmi possa essere un’alternativa alla pena o una sua riduzione, le richieste di aiuto sono aumentate del 25%”.

Quando vi telefonano sono già consapevoli di essere uomini maltrattanti?

“L’utenza ad ‘invio obbligato’ può essere diversa dall’utenza volontaria. I volontari minimizzano, difficilmente negano. Gli ‘obbligati’ negano, difficilmente minimizzano. I volontari raramente sanno quale sia il problema. Anzi, se lo identificano, spesso lo attribuiscono alle proprie mogli, compagne, amiche o comunque alle donne. Alcuni hanno così interiorizzato un modello devastante che tendono a riprodurlo senza che sia, per loro, problematico, se non nelle conseguenze materiali che ne possono derivare”.

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Viola Giannoli

22 Novembre 2020

Può farci un esempio?

“Matteo si è presentato da noi dicendo che ha problemi con la moglie, perché lei vuole separarsi. Lui, che è in età da pensione, non ne capisce il motivo e ripete, durante molti incontri, che lui ‘non ha fatto nulla per meritarsi questa decisione’ (cito le sue parole). Dopo una serie di colloqui emerge che Matteo è stato per tutta la vita un uomo poco empatico, irascibile, possessivo, manesco. Ma c’è voluto molto tempo prima che Matteo riconoscesse di essere stato un uomo violento”.

Succede che qualcuno vada via e poi ritorni?

“È successo con Paolo, un uomo che ha iniziato e interrotto la terapia diverse volte. All’inizio si è presentato al C.A.M. ammettendo di essere stato violento con la ex moglie. Poi, dopo aver trovato una nuova compagna, ha smesso di frequentare gli incontri di gruppo. Successivamente è tornato, perché anche con questa donna si ripeteva lo stesso copione: scenate, liti furibonde, violenza fisica, psicologica, pedinamenti. Paolo è rimasto convinto di non essere un uomo ‘così tanto violento’ (anche in questo caso le parole sono le sue), fino a quando non lo abbiamo inserito in un gruppo molto tosto, in cui c’erano anche autori di gesti più gravi. Nell’ascoltare le loro parole ha visto per la prima volta quanto potessero essere lesivi alcuni gesti e comportamenti che era solito attuare anche lui. Questo confronto gli ha permesso di rispecchiarsi, e di riconoscere il suo problema”.

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Giovanna Casadio

17 Settembre 2021

Il lavoro di gruppo quindi è fondamentale…

“Certamente l’autoconsapevolezza maschile può nascere in solitaria ma al C.A.M., ogni giorno, noi verifichiamo l’importanza del gruppo. E’ proprio all’interno di questi contesti di condivisione, di solidarietà, di non giudizio che gli uomini riescono a parlare delle loro debolezze senza provare imbarazzo”.

Per contrastare la violenza di genere sarebbe sufficiente che gli uomini parlassero di più?

“La parola è senza dubbio la prima cura che offriamo. Ma non mi sognerei mai di dire che basta parlarne. Il problema è enorme”.

Cosa occorrerebbe fare?

“Purtroppo quando si affronta il tema della violenza si aspira talvolta a spiegazioni uniche, totalizzanti e totalitarie. Ma questa è una strada sbagliata oltre che miope, come quando si è sotto un forte temporale e non si vedono le nuvole che lo hanno originato. Io credo che le radici della violenza andrebbero cercate nel modo in cui la società, la cultura, la storia, l’economia modellano e strutturano i rapporti tra uomini e donne. E’ da lì che occorre cominciare. Credo sia fondamentale superare l’accezione di violenza domestica come questione privata, legata al singolo, a favore di una definizione che la inquadri come problema di ordine pubblico, sociale. Per questo sono ancora più convinto che non sia sufficiente limitarsi a sostenere l’empowerment femminile e insegnare alle donne che non sono costrette a stare con un uomo che le maltratta. Il lavoro con gli uomini è essenziale. Come ripete spesso la giudice Paola Di Nicola Travaglini, la violenza di genere è come la mafia: a nessuno verrebbe mai in mente di debellarla senza riconoscerne le manifestazioni e comprenderne le dinamiche”.

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