Germania, l’ultradestra di Afd in crisi nei sondaggi tra gaffe e divisioni

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BERLINO – C’è stato persino un momento di involontaria comicità nella campagna elettorale dell’ultradestra di Afd. L’emittente pubblica Zdf ha organizzato interviste di “reporter bambini” ai leader politici. Quando è toccato a Tino Chrupalla, il leader dell’Afd ha chiesto che “a scuola si imparino più poesie tedesche”. Il giovane cronista Alexander ha avuto la prontezza di ribattere: “E qual è la sua poesia preferita?”. Tra i due è piombato un imbarazzato silenzio. Non che ci si aspettasse che Chrupalla recitasse a memoria lo sterminato Apprendista stregone di Goethe o La Pantera di Rilke – repertorio obbligato di molte scuole tedesche. Ma al povero leader dell’estrema destra non è venuto in mente neanche un titolo.

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Tonia Mastrobuoni

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La gaffe di Chrupalla è stato un raro momento di leggerezza in una campagna elettorale inquietante. Ieri le agenzie di stampa hanno battuto la notizia che Mario N., il fanatico No Vax che ha sparato in Renania-Palatinato a un benzinaio soltanto perché gli aveva chiesto di indossare la mascherina, era un sostenitore dell’Afd. La forza politica guidata da Chrupalla e Alice Weidel cavalca da tempo lo scetticismo dei No Mask per arare voti a destra, continua a chiedere che la Germania esca dalla Ue e i migranti vengano respinti alle frontiere – se necessario con le armi.

L’analisi

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Tonia Mastrobuoni

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La notizia è che il partito è inchiodato all’11%. Anche il 12,7% dell’esordio al Bundestag nel 2017 sembra un miraggio. Ma, come ha detto Chrupalla di recente, “siamo qui per restare”. Ormai è difficile considerarli un fenomeno passeggero. E l’11% dei voti non è poco. Soprattutto se si considera che in alcuni Land dell’Est l’Afd può contare ormai sul 20-25% dei voti. In Turingia, Sassonia, Brandeburgo, Sassonia-Anhalt è a tutti gli effetti una Volkspartei, un partito di massa presente in tutti gli strati sociali.

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Alle ultime elezioni l’Afd era volata dopo aver cavalcato la paura dei profughi. Stavolta le è mancato un argomento forte per la campagna elettorale. Ed è lacerata da lotte intestine tra la “faccia presentabile” del duo ai vertici Chrupalla-Weidel, e l’ala oltranzista del “Flügel“, capitanato dall’estremista Björn Höcke, che aspetta solo il momento propizio per il colpo di mano. Un cattivo risultato nelle urne potrebbe essere l’appiglio giusto per la corrente estremista per chiedere la testa della “strana coppia” che si divide attualmente la presidenza, per cacciare il muratore smemorato dell’Est e la leader dichiaratamente lesbica che ha lasciato Goldman Sachs per buttarsi in politica. Peraltro il “Flügel” è stato bollato ufficialmente come un pericolo per la democrazia dal Verfassungsschutz, i servizi segreti interni. Ufficialmente si è sciolto, ma segretamente i suoi leader continuano a fare adepti.

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Tonia Mastrobuoni

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In molti si chiedono anche quanto potrà durare la “dottrina Merkel”, l’imperativo che vieta alleanze con l’Afd. Precipitata in una grave crisi d’identità, la Cdu sta segnalando da mesi la volontà di spostarsi a destra, dopo la “socialdemocratizzazione” degli anni di Merkel. I maggiorenti come Friedrich Merz o Paul Ziemiak tuonano già contro la “Unione dei debiti” e “l’Europa sommersa da soldi tedeschi” che una Germania guidata da Olaf Scholz (Spd) “infliggerebbe” ai tedeschi. Ma la deriva a destra si nota anche in alcuni candidati discutibili come Hans-Georg Maassen, l’ex capo dei servizi che negò ci fossero state delle cacce allo straniero nei giorni delle scorribande neonazi a Chemnitz, nel 2018. E per la leader della Spd Saskia Esken è chiaro che il silenzio di Armin Laschet su Maassen significa che “la sponda a destra della Cdu resta dolorosamente aperta”.

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