Un Parlamento con piú donne che uomini, il primo in Europa. Il nuovo Althingi, il Parlamento unicamerale islandese, avrà 33 legislatrici su 63 seggi, unico paese del vecchio continente dove appunto le donne saranno sopra il 50 per cento. Cosí con le elezioni politiche l’Islanda si conferma paese all’avanguardia mondiale nella gender equality e nel ruolo pubblico delle donne, come Onu e ong la classificano da ben 12 anni.
Molto dopo lo sciopero del 1975 per la parità salariale tra gender, la piccola vitale democrazia si era data l’anno scorso una severissima legge che impone a ogni datore di lavoro pubblico o privato di fornire i dati retributivi dei dipendenti per controllare e nel caso punire discriminazioni contro le donne. E nel 1980, con Vigdis Finnbogadóttir, la democrazia del ghiaccio dei vulcani e dei Geyser ebbe la prima presidente della Repubblica.
Islanda oggi al voto, rischio ingovernabilità: è scontro su ambiente ed economia
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Andrea Tarquini
25 Settembre 2021
Risultato a sorpresa, maggioranza di larghe intese numericamente confermata e rafforzata nel numero di seggi, ma anche destra piú forte, secondo i primi risultati. La coalizione tra i verdi di sinistra della giovane premier Katrin Jakobsdóttir e i conservatori del navigato e carismatico vicepremier (ed ex premier) Bjarni Benediktsson, oltre ad altri partiti minori, esce rafforzata mentre tutti si aspettavano il contrario. La maggioranza conta ora su 38 dei 63 seggi dell’Althingi. Ma i verdi di sinistra di Katrin perdono 3 seggi e scendono a 8, col 13%, il partito dell’Indipendenza di Bjarni guadagna e arriva a 16 seggi con il 24%, prima forza politica del paese. Sale infine l’opposizione di destra, il partito del Progresso guidato da Sigurdur Ingi Johansson, che ottiene 5 seggi in più (arriva a 13) nonostante il coinvolgimento del partito nello scandalo Panama Papers.
Le donne islandesi sono abituate da tempo a sfondare il tetto di cristallo e a stare attente che rimanga aperto e non si richiuda sulle loro teste. Finora il record in Europa nel numero di donne parlamentari era stato detenuto dalla Svezia col 47 per cento. I migliori risultati nel senso positivo per la gender equality nel mondo fuori d’Europa sono in Ruanda, Cuba e Nicaragua.
Non c’è stato l’atteso crollo politico e personale della premier Jakobsdóttir, ma quasi. “Bene per la causa delle donne, ma non nascondiamocelo, noi verdi di sinistra siamo andati male, abbiamo perso seggi”, ha commentato la premier. Verdi di sinistra e partito dell’Indipendenza hanno ripetuto prima del voto che avrebbero avviato profondi e se necessario anche lunghi negoziati sulla prosecuzione della coalizione. Ma a questo punto non è piú sicuro che Jakobsdóttir resti premier. Se sarà confermata, sarà indebolita. E Benediktsson teoricamente ha le mani libere e potrebbe pensare a proporre coalizioni alternative con chi vuole, qualsiasi partito minore o la destra. Con 13 seggi la destra del Partito del progresso può a sua volta proporsi come partito-guida di una coalizione alternativa che cacci la sinistra dalle stanze del potere.
Regna una grande, pesante incertezza, in un delicatissimo momento internazionale con la nuova guerra fredda particolarmente intensa nel Grande Nord, su chi governerà in futuro allo Stjornarradid, il grazioso, minuto e semplice palazzo del governo della capitale Rejkyavik, ancor piú piccolo del Parlamento.
Lavoro, la ricetta islandese. Un’ora in meno al giorno e la produzione aumenta
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Ettore Livini
08 Luglio 2021
La coalizione di larghe intese aveva governato per una legislatura intera, raro secondo esempio del genere dopo che la crisi bancaria e finanziaria del 2008 aveva messo in ginocchio l’Islanda. Con riforme e sacrifici dolorosissimi e spietati processi ai bancari speculatori, e nuove leggi e tasse, l’Islanda si era rimessa in piedi, tornando grazie al turismo e ai settori tradizionali (pesca, armatori) alla crescita. Ha anche affrontato benissimo la sfida del Covid-19, la quale peró ha ovviamente fatto crollare anche a Rejkyavík le entrate del comparto turistico, locomotiva dell’economia: prima della pandemia i 370 mila islandesi ospitavano oltre 2 milioni di turisti l’anno, il numero ora è crollato come ovunque con pesanti conseguenze economiche e sociali.
Anche l’emergenza clima nel nord e nell’Artico ha pesato sugli umori, molti hanno accusato la coalizione uscente di non fare abbastanza per salvare clima fauna e ambiente artici. Sulla scena geopolitica internazionale, una difficile governabilità nell’Islanda che non è nella Ue ma è membro piccolo ma decisivo della Nato, avvantaggerebbe solo la Russia e la Cina e ogni altra forza antioccidentale.
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Gianluca Di Feo
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Ettore Livini
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Luca Pagni
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Andrea Tarquini
09 Giugno 2021