La nuova scultura raffigurante La spigolatrice di Sapri è stata realizzata “con maestria e impeccabile interpretazione dall’artista cilentano Emanuele Stifano”. Lo ha certificato Antonio Gentile, il sindaco del Comune in provincia di Salerno, che la settimana scorsa, alla presenza dell’ex premier Giuseppe Conte, ha inaugurato sul lungomare una statua che ha fatto clamore. E non per la qualità artistica. La scultura è stata infatti subito bollata da molte donne (tra cui le parlamentari Manuela Repetti, Laura Boldrini e Monica Cirinnà) per l’interpretazione sessista data dal marmista Emanuele Stifano alla figura della lavoratrice dei campi narrata da Luigi Mercantini per ricordare la tragica spedizione di Carlo Pisacane a Sapri. Ma la patente di qualità data dal primo cittadino, eletto con la lista civica Sapri al Centro, mette al sicuro il bronzo – voluto e plausibilmente pagato dalla Fondazione Grande Lucania, si parla di una spesa di più di 20mila euro – dalla rimozione dal piedistallo e dalla ricollocazione in un luogo meno esposto al pubblico e alle critiche.
Spigolatrice di Sapri, il senatore M5S Castiello: “Chi critica la statua non conosce il corpo delle donne meridionali”
di
Benedetta Perilli
27 Settembre 2021
A Stella Cervasio, su Repubblica, lo scultore Stifano ha ammesso placidamente di non aver partecipato a un bando per l’assegnazione di questa commissione. E di essere un autodidatta (ha cominciato a scolpire il marmo 15 anni fa) la cui passione è quella del nudo. “Anche se ritraggo anziani e bambini, preferisco farli nudi”, ha dichiarato. Stifano ha vestito la Spigolatrici con abiti bagnati e attillati, poco adatti a una povera contadina dell’Ottocento qual è il soggetto del suo bronzo, ma funzionali a disegnare il fondoschiena della modella mettendo in evidenza le forme dei glutei. E l’avrebbe fatto approfittando “della brezza marina che la investe (la modella, ndr) per dare movimento alla lunga gonna, e mettere così in evidenza il corpo. Questo per sottolineare un’anatomia che non doveva essere un’istantanea fedele di una contadina dell’800, bensì rappresentare un ideale di donna, evocarne la fierezza, il risveglio di una coscienza, il tutto in un attimo di grande pathos”.
Con alle spalle un’unica mostra nel lontano 2014 (peraltro una collettiva al Museo di storia naturale di Genova dedicata ai rinoceronti), Stifano non ha titoli nel mondo dell’arte contemporanea. Lui che scimmiotta lo stilema del panneggio bagnato inventato da Fidia nel Partenone, e mirabilmente reinterpretato da Skopas e Prassitele nell’arte ellenistica, è stato proiettato alla ribalta della cronaca allo stesso modo in cui l’anno scorso un’artista più strutturata e solida, Maggi Hambling, le cui opere sono presenti in numerose collezioni pubbliche britanniche, si è vista coprire con un panno dalle femministe il suo monumento a Mary Wollstonecraft, settecentesca autrice della Rivendicazione dei diritti delle donne, nel parco di Newington Green a Londra. Anche qui il problema era la nudità della figura.
Spigolatrice di Sapri, la statua sessista scatena le polemiche
di
Benedetta Perilli
26 Settembre 2021
Vestita come una Pomona e invocata quale “simbolo di bellezza e prosperità” è invece la statua-ritratto di Manuela Arcuri che, piazzata nel 2002 a Porto Cesareo, in Salento, è stata rimossa nel 2010 e ricollocata due anni dopo, con tanto di sei indagati, tra cui il sindaco, per mancanza di permessi urbanistici. E ci fermiamo qui, poiché l’elenco delle opere in spazi pubblici, affidate in Italia a scultori estranei al mondo dell’arte di ricerca, è sterminato.
L’inaugurazione nel 2002 con Manuela Arcuri davanti alla scultura a lei dedicata a Porto Cesareo, in Puglia
“La scultura, lingua morta” scriveva del resto negli anni Quaranta Arturo Martini, probabilmente il nostro più grande scultore del Novecento. E aggiungeva: “Niente giustifica la sopravvivenza della scultura nel mondo moderno. Però si ricorrerà a lei ugualmente nelle circostanze solenni e per gli usi commemorativi…”. Dopo che negli anni Venti del Novecento tutti i Comuni italiani si erano dotati di monumenti ai caduti della Grande Guerra, nella seconda metà del XX secolo la smania di statuaria pubblica ha registrato una battuta d’arresto. Rimane però una persistente richiesta di monumenti e momenti celebrativi. E per soddisfare questa brama autoreferenziale, le amministrazioni comunali si rivolgono spesso ad artigiani attivi nel campo della plastica cimiteriale o ad amatori e autodidatti. Il committente, insomma, non bussa, salvo casi rari, alla porta dell’atelier di artisti del panorama internazionale. Ma a mestieranti che non si interrogano certo sulle domande che si pose Maria Lai quando nella sua Ulassai le chiesero un monumento e lei organizzò invece, correva l’anno 1981, la performance collettiva “Legarsi alla montagna”, primo esempio internazionale di arte relazionale. O come Alberto Garutti, che invece della statua richiestagli, domandò ai cittadini di Fabbrica, in Lombardia, quale fosse il luogo che amavano di più del loro paese: il teatro chiuso, la risposta. E allora Garutti ha investito i soldi per il monumento in un restauro di quel teatrino. Il suo intervento è ricordato da una targa: “Questa opera è dedicata alle ragazze e ai ragazzi che in questo piccolo teatro si innamorarono. 18 luglio 1997”.
Il sindaco Sala inaugura il monumento in piazza Belgioioso a Milano
Garutti e Lai, due tra i maggiori artisti italiani nel panorama internazionale, hanno insomma trasformato la possibilità di occupare uno spazio urbano con il proprio segno, affidandosi invece a un gesto, a un’idea, pergiunta effimeri. Ma senza scomodare questi due maestri del Novecento, e senza assecondare le forme palestrate e scollacciate della Spigolatrice di Stifano, si può segnalare il bronzo inaugurato il 16 settembre a Milano, in piazza Belgioioso, per ricordare Cristina Trivulzio Belgioioso. Anche lei una patriota risorgimentale. E prima donna – escluse sante e Maria Vergine – a vedersi rappresentata nella grande città lombarda. La scultura è del bresciano Giuseppe Bergomi, un artista figurativo di ottima scuola e saldo curriculum, che ha cercato nell’espressione del volto e nello sviluppo dell’abito il senso del personaggio. Non nella rivisitazione scadente di quella parte del corpo che ha reso celebre la Venere Callipigia.