Caso Morisi, ora Salvini teme l’effetto sul voto delle comunali. Aria di congresso nella Lega

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ROMA – “Non vedo dove sia lo scandalo”. La parola d’ordine, per Matteo Salvini, adesso è ridimensionare. Cercare disperatamente di tenere fuori il caso Morisi dall’ultimo scorcio di campagna elettorale. Ribaltare il tavolo, lasciando intendere – senza dirlo apertamente – che c’è una manovra contro di lui, che c’è un disegno dietro “gli attacchi a reti unificate”. “È chiaro che per qualcuno la Lega è un ostacolo, a qualcuno dà fastidio, però non mi sentirete mai parlare di complotto. Io rispetto tutti – afferma il segretario del Carroccio – poi faccio i miei ragionamenti”. La linea è sempre la stessa: “Luca Morisi? Non commento le sue vicende personali”. Il tutto condito da una frecciatina agli avversari: “Non ho mai parlato del figlio di Grillo o del babbo di Renzi…”, sussurra Salvini. Ma una corsa già in salita, contro il pronostico che vede il centrodestra in ritardo nelle principali città coinvolte dal voto, è diventata d’un tratto la scalata di una parete ripidissima. Lo dicono anche gli analisti: la Lega, dice a Tagadà la direttrice di Euroresearch Alessandra Ghisleri, “è destinata a pagare a livello elettorale” la notizia dell’indagine per droga che coinvolge l’ex responsabile della comunicazione di Salvini. L’effetto boomerang è probabile, assicura l’analista davanti alle telecamere di La7: “Il caso che ha coinvolto il guru della Bestia mette sotto la lente un tema caro a Salvini (lo spaccio, ndr). Basta pensare alla famosa telefonata del Pilastro di Bologna“.

Esclusivo / Luca Morisi, parla il ragazzo escort del festino: “Quella notte mi ha distrutto la vita, la droga dello stupro l’ho avuta da lui”

dai nostri inviati

Giuliano Foschini e Fabio Tonacci

29 Settembre 2021

Con queste premesse, nelle ultime 48 ore di campagna elettorale il numero uno di via Bellerio non può che triplicare gli sforzi. Oggi, a Milano, una conferenza stampa con gli altri leader del centrodestra, Meloni e Tajani. E domani un finale a perdifiato: di nuovo con i colleghi di Fdi e Fi a Spinaceto, periferia di Roma, poi in volo a Milano e nel tardo pomeriggio mille chilometri più a Sud, fra Catanzaro e Reggio Calabria. “Saremo la sorpresa di queste elezioni”, garantisce Salvini a Torino. Il senatore milanese è costretto, allo stesso tempo, ad abbassare l’asticella del pronostico: “Il calcolo, alla fine, si farà sui sindaci guadagnati o persi rispetto agli uscenti”. E sembra l’ammissione che nelle partite più difficili (quella nei cinque principali capoluoghi interessati) la coalizione non ha molte chance. “E in ogni caso in gioco non c’è la Lega”, precisa facendo riferimento alle bufere di questi giorni.

Chi è Morisi, cosa gli è successo e perché è un caso politico per la Lega

di

Emanuele Lauria

29 Settembre 2021

Con Giancarlo Giorgetti, che in un’intervista alla Stampa aveva stroncato i candidati del centrodestra a Roma e Milano, è calato il gelo, malgrado qualche colonnello stia tentando un riavvicinamento. D’altronde, Salvini e il ministro vanno verso mete sempre più diverse: Giorgetti non manca di esprimere fiducia a Draghi, mentre il Capitano continua ad attaccarlo sul fisco e sull’eccessiva prudenza per le riaperture. Una divergenza netta, anche se tutti, ufficialmente, continuano a negare che ci siano due Leghe. Le Amministrative come redde rationem, prima di un chiarimento necessario. Anche sulla linea politica. Di certo, se nel Carroccio c’è chi critica Salvini per la sua ambiguità e per alcuni cattivi consiglieri (mettendo ovviamente Morisi in cima alla lista), una robusta rappresentanza del partito punta l’indice proprio su Giorgetti. Le acque sono torbide come non mai: l’accusa al ministro, fra i salviniani, è quella di lavorare per un tornaconto personale, ovvero per giungere a Palazzo Chigi con l’aiuto di Draghi che Giorgetti vuole infatti mandare al Colle. Il capodelegazione, nei rumors leghisti, sarebbe pronto a fare il premier anche senza passare dalle elezioni ma con una manovra di Palazzo lontana dal Dna del Carroccio: Giorgetti avrebbe insomma l’obiettivo di guidare l’attuale coalizione fino al termine della legislatura. Ad aiutarlo le sue posizioni marcatamente europeiste. E così si spiegherebbero, da un lato, la convinta propensione per il Ppe e, dall’altro, quello che nello staff di Salvini chiamano “l’appiattimento sul Pd”. Ma i gruppi leghisti, a quel punto, appoggerebbero questa operazione? L’unica certezza, per ora, è il silenzio dei protagonisti su questi temi. A far da contrasto alle ultime urla di un campagna elettorale avvelenata.

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